Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile: tra Università e incubatori. Parte 2 – Problema endemico

Rubrica: Spunti

Titolo o argomento: Perchè complicarsi la vita quando basta fare le domande giuste?
Questo articolo segue da:
Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile… Parte 1 – Innovazione

Quindi, afferrato come sia facile fraintendere in ambito tecnologico puro* il concetto di innovazione con il concetto di variante di una tecnologia matura (magari nata in seguito alla saturazione di un mercato), il lettore potrebbe a questo punto chiedersi: “Cosa hanno a che fare con tutto questo i questionari sull’imprenditoria giovanile citati nel titolo di questa serie di articoli?”.

Potenziale sprecato

In sostanza io trovo disastroso il fatto che per ogni idea valida, che qualunque studente desideroso di applicarsi abbia durante il suo percorso di studi, non sia possibile fornire il minimo supporto realmente utile come ad esempio: l’uso di laboratori e attrezzature, l’avvalersi di competenze, cicli formativi supplementari e complementari, visite guidate presso aziende del settore e quant’altro al fine di agevolare l’azione innovativa di una mente brillante come quella di uno studente.

L’evoluzione dei percorsi di studio

Solo negli ultimi anni si è iniziato a parlare di “spinoff universitari” ma sempre e solo in caso si sia già completato il percorso di studi; durante proprio non se ne vuol sapere di comprendere quanto sia importante il completamento di esami di volta in volta seguito anche da esperienze pratiche formative, stage e qualunque audace proposta venga in mente ad uno studente. Certo non mi riferisco al fatto di aprire una start up mentre si stanno sostenendo gli esami (potrebbe considerarsi ciò persino folle), piuttosto alla possibilità di effettuare una sorta di “simulazione” graduale che “addestri” uno studente a mettere in “pratica concretamente” le sue idee applicando “direttamente” ciò che ha studiato a ciò che gli brulica nella mente avendo così modo anche di capire meglio e prima come “funziona” sia quello che ha studiato (e sta studiando) sia il mondo là fuori. Mi riferisco quindi alla possibilità, per uno studente, di chiedere egli stesso ciò di cui necessita invece di trovare eventuali pacchetti di proposte pronte oppure il nulla.

Raccoglitori inerti di dati e percorsi vincolati

Mi chiedo pertanto a cosa serva l’ennesimo questionario sull’imprenditoria giovanile. Esso può raccogliere una serie di informazioni che nascono da domande spesso troppo vincolate e poco aperte ad ascoltare proposte, oppure può pubblicizzare un’attività di startapper. Ma perchè instradare “schematicamente” lo studente invece di dargli semplicemente ciò che chiede gradualmente durante i suoi studi affinché ne esca con un risultato personalizzato e nuovo? Perchè uno studente non può “allenarsi” durante gli studi mantenendo riservata una sua preziosa idea per poi realizzarla quando sarà sufficientemente ferrato? La mia esperienza con questo tipo di approccio si è rivelata sempre scarsamente utile se non potenzialmente dannosa (ne parlerò nel prossimo articolo di questa serie). I ragazzi veramente in gamba conoscono già le linee guida di base di certi percorsi imprenditoriali dato che se ne interessano costantemente, fanno domande, approfondiscono e vanno ad esplorare da soli. Ad esempio, a suo tempo, il corso “Impara ad Intraprendere” a cui partecipai presso l’Istituto Tecnico Industriale si rivelò una vera manna dal cielo. I ragazzi meno avveduti, invece, si affidano totalmente ad estranei e, diciamocelo, nessuno può averli veramente a cuore, specie dopo 15 minuti di parole, parole, parole, in cui si cerca di farli abbonare a qualcosa (il che può rappresentare un grave errore nel lungo periodo con sorprese che avranno modo di scoprire da soli).

Non sarà l’ennesimo questionario sui giovani e l’impresa ad aiutare realmente i primi in un passo determinante ed a migliorare il processo evolutivo della seconda. Incontri, questionari, parole non servono a nulla se durante il superamento di 30 esami di routine non si sono condotte attività extra sulla base delle esigenze espresse direttamente dai più volenterosi. Le domande di simili questionari, a mio modesto parere, dovrebbero essere pertanto più aperte e non vincolate ad una scelta tra risposte multiple; dovrebbero permettere ai giovani studenti, che ne sentono la necessità, di fare chiare richieste all’Università circa attività personalizzate su misura da integrare ai propri studi sfruttando ciò di cui l’Università stessa già dispone e quindi senza ulteriori costi se non, al limite, un’assicurazione in caso di infortuni in laboratorio.

Un semplice esempio (vissuto)

Come a dire, in poche e semplici parole, che se l’Università non mi ha dato supporto ad esempio quella volta che ho richiesto di usare la saldatrice TIG per un telaio (costringendomi così a pagare un corso esterno, a comprare una mia saldatrice, ad andare a fare lavori temporanei per permettermi il tutto, a saltare degli esami, ad andare fuoricorso e via discorrendo…) a poco servirà che io compili l’ennesimo questionario che concede all’incubatore di contattarmi per tentare di conoscere i miei progetti e spiegarmi quali ipotetici vantaggi dovrei trarre “pagando” (ancora?) una quota mensile alla sua società. Società la quale, tra le altre cose, mi fornirà (forse) 1/10 delle attrezzature e dei servizi di cui già dispongo dato che, come spiegato, me li sono dovuti procurare da solo. Credo sia chiaro l’enorme dislivello metodico.

Un semplice esempio (metodico)

E’ come se doveste muovervi da quota 0 metri ai piedi di un versante di una montagna per raggiungere semplicemente quota 20 metri dell’altro versante della stessa montagna e, invece di utilizzare una galleria oppure girare intorno, foste obbligati a scalare l’intera montagna, salire magari di 2000 metri per poi riscenderne 1980. Sicuramente c’è un grosso lato positivo, sicuramente farete esperienze che altri non faranno, sicuramente imparerete tantissime cose che vi saranno utilissime nella vostra carriera (a meno che non siate studenti che trascinano il loro fardello tanto per fare) ma altrettanto sicuramente vi ritroverete ad aver sostenuto sforzi abnormi, moderati i quali vi ritrovereste più avanti e prima nel vostro percorso professionale con tutta una serie di altri solidi vantaggi che comunque non sono da snobbare. Come in ogni cosa credo che ci voglia sempre un equilibrio, sicuramente essere dei broccoli che non si sanno muovere, perchè hanno avuto tutto facile, non aiuta… ma nemmeno fare sforzi eccessivi pur di vedere un risultato in cui avete sempre creduto. Del resto persino troppa frutta e verdura fa molto male alla salute, o no?

Un ordine logico errato

Il problema è che si tende ad usare un metodo con un percorso logico inefficace, c’è sempre qualcuno che rivolge le sue domande ed in seguito agli esiti organizza iniziative per altri senza che vi siano state relazioni biunivoche, senza che gli studenti possano dire chiaramente, semplicemente, direttamente, cosa occorre loro per saziare il loro desiderio di studiare e fare. Non penso abbia poi molta utilità generare situazioni che dovrebbero offrir l’opportunità di fare, innovare, competere sì ma in modo vincolante ed al di fuori del quale non è possibile praticamente far nulla. In realtà questo non è esattamente sbagliato ma, a mio avviso, incompleto. Più che altro andrebbe cambiato/aggiornato l’ordine dei fattori.

Invece di:

Università propone → Incubatori coadiuvano → Organizzatori generano l’evento → Vediamo quanti studenti aderiscono → Studenti ascoltano.

Potrebbe essere:

Università ascolta → Studenti propongono → Incubatori coadiuvano quando richiesto → Organizzatori generano evento (l’adesione è poi diretta conseguenza).

Conclusioni

Sarebbe opportuno che gli studenti più “particolari” venissero ascoltati ed invitati ad esprimere interamente i loro punti di vista cosicché le proposte partano espressamente dal basso del ciclo d’istruzione ed in modo completamente orientato e dedicato su espresse esigenze. Quindi perchè porre delle precise domande agli studenti quando invece si potrebbe lasciar loro carta bianca per chiedere chiaramente ciò di cui sentono bisogno per finalizzare, concretizzare le loro particolari idee? Il più delle volte gli studenti ingegnosi hanno già tutto chiaro nelle loro menti e, altrettante volte, ciò che occorre loro non rappresenta alcun costo aggiuntivo per l’Università. Si tratta infatti di utilizzare in primis il materiale di cui l’Università stessa già dispone o di cui può disporre agevolmente. Perchè mai continuare a impostare un format quando la maggior parte dei format imprenditoriali di quest’ultimo decennio si sono rivelati completamente inefficienti all’interno del maremoto denominato crisi economica globale?

Continua…
Link correlati
Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile… Parte 1 – Innovazione
Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile… Parte 2 – Problema endemico
Ancora questionari sull’imprenditoria… Parte 3 – La mia esperienza con gli incubatori
Ancora questionari sull’imprenditoria… Parte 4 – Le domande del questionario
Sì ti finanzio ma preferirei che tu…
I vincoli e i paletti dei finanziamenti alle giovani imprese: il Prestito d’Onore
*Se lo desideri puoi leggere a tal proposito l’articolo: La percezione della tecnologia

Proiezione termica - Eutalloy

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Attrezzarmi per non rinunciare ai miei progetti ed essere così autonomo ed efficiente mi è costato
in molti sensi, il rovescio della medaglia è che ricevo numerose proposte da parte di aziende che
desiderano avvalersi della mia esperienza e della mia creatività… questo è gratificante e ripaga
piacevolmente della impressionante e snervante mole di sforzi che si è chiamati ad affrontare.

4 risposte a “Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile: tra Università e incubatori. Parte 2 – Problema endemico”

  1. Come non quotarti Ralph,
    quest’ anno ho seguito il primo anno di ing. Meccatronica (avevo già commentato in un articolo sul percorso per il settore automotive) e che dire… Probabilmente mi aspettavo troppo, ma non ti nego che è stata una delusione totale!
    Corsi spiegati in fretta e furia, compressi per mancanza di tempo, non c’è l’ombra di un laboratorio (quando i miei compagni che frequentavano l’ITIS saldavano e programmavano dal mattino alla sera, sempre supportati dal Lab).
    Insomma la sensazione è quella di perdere tempo, dare x esami in y tempo. Dove y è il più breve possibile. Riguardo l’esperienze che ingegneria propone c’è solo il F. Student, almeno lì si impara qualcosa di pratico?

  2. Buongiorno Francesco,
    posso capire la tua delusione però cerca di guardare anche il lato positivo: da un punto di vista teorico le Università italiane non sono poi male anche se, come evidenzi, ora si tende a fare le cose di corsa. L’infarinatura di base che ti offre Ingegneria in Italia è molto buona e sopra la media mondiale. Il problema (ma potrebbe essere un’opportunità) è che sei costretto ad esempio a chiedere ai professori di darti materiale di studio in più (extra programma) se desideri approfondire un tema e, altro esempio, potresti essere costretto a realizzare un tuo laboratorio personale dove mettere in pratica ciò che studi e cercare più concretezza. Le strategie con cui potresti operare potrebbero renderti diverso dalla massa e offrirti dei vantaggi lavorativi un domani. Certo non è detto che sia necessariamente così ed è sempre bene stare con i piedi per terra. Io per esempio sostengo carichi e sforzi talvolta molto ardui e non sempre portano i risultati sperati. Anzi, non ti nascondo che imparo moltissime cose soprattutto dagli errori e dalle cose che non vanno.
    La formula student è a mio avviso una splendida occasione per fare esperienza, non è detto che si impari per forza qualcosa di tecnico (dipende dalla bontà del gruppo) ma sicuramente qualcosa su come si lavora in gruppo (ed i comportamenti da evitare) per ottenere risultati validi. Vedi ad esempio, se lo desideri, l’articolo:
    http://ralph-dte.eu/2014/02/21/quando-si-ostenta-la-leadership-parte-prima-vi-racconto-una-storia/

  3. Permetti una domanda che non c’entra niente? Che lavorazione è illustrata nelle foto? E’ una saldatura su un pezzo montato sul tornio? Fatta in movimento?

  4. Ciao Daniele, si tratta di una proiezione termica di rivestimento. In sostanza il riporto di materiale a spruzzo nella fiamma. Non è una saldatura. Il pezzo è montato sul mandrino del tornio per far sì che possa ruotare e sia il calore che il rivestimento vengano distribuiti in modo quanto più omogeneo possibile.
    Quando verrà aperta la pagina ENGINEERING saranno disponibili ulteriori descrizioni di processi tecnologici come questo.

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