Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma – Parte 5e: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Assale

Rubrica: Meccanica Off Limits

Titolo o argomento: La mia follia di utilizzo tra l’estremo conservativo dell’endurance e quello agonistico della prestazione pura, breve, intensa…

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Spesso si pensa ad un organo monolitico, quale è un mozzo, come ad un organo che supporta semplicemente il carico statico. Si pensa cioè allo sforzo che è chiamato a sostenere solo quando il veicolo è fermo. In realtà, quando il veicolo è sottoposto ad accelerazioni più o meno intense, e quindi a trasferimenti di carico, partenze, arresti, urti… gli sforzi che esso va a sostenere corrispondono a diverse tonnellate, ben più del carico statico (se avete una bilancia pesapersone analogica, attraverso un piccolo balzo sulla pedana, potete notarlo in piccolo). Inoltre le sollecitazioni e le conseguenti deformazioni vengono trasmesse reciprocamente tra il mozzo e gli organi complementari, e viceversa. Pertanto se anche uno solo di loro risulta fallace le conseguenze si ripercuotono lungo l’intera catena. Tolleranze non rispettate, serraggi errati, lubrificazioni inadeguate, geometrie alterate, materiali non adatti, portano conseguenze spiacevoli nei casi migliori, altre che preferisco non definire in quelli peggiori.

La rottura per torsione del semiasse, come abbiamo già visto, con il proseguimento della marcia ha prodotto una polvere di smeriglio e indotto temperature tali da danneggiare gravemente uno dei due cuscinetti, la sua relativa sede (track), la superficie interna del mozzo, il fusello… generando una serie di rotture in cascata. La ruota è rimasta al suo posto ma fuori campanatura e (abbiamo tangibili testimonianze dai nostri colleghi impegnati nelle competizioni off-road con questi ed altri particolari mezzi) poteva verificarsi una rottura più importante. Fortunatamente il primo segno di cedimento concreto si è presentato a poche centinaia di metri dalla mia abitazione dopo la mia follia tecnica che sconsiglio vivamente e seriamente a chiunque di replicare: al manifestarsi del guasto arrestarsi immediatamente e attendere il veicolo di soccorso per il trasporto in officina.

Pensare di effettuare una curva, o affrontare un imprevisto, con un gruppo mozzo che non è assemblato, registrato a misura e controllato nel minimo dettaglio, ad esser sincero, non mi lascia esattamente a mio agio. Immaginate di perdere improvvisamente un angolo caratteristico (campanatura o convergenza ad esempio) o, persino, un vincolo durante una curva o un’azione impegnativa. Le conseguenze sarebbero poco piacevoli in pista, non oso pensare su strada. Quando percorrevo quella curva, di cui vi parlavo nei primi articoli di questa rubrica, il cedimento del solo semiasse destro ha prodotto un allargamento della traiettoria per mancanza improvvisa di coppia motrice che ho compensato con le conoscenze tecniche maturate per anni e anni in pista. Tutto il comparto sospensioni era in perfetto ordine, il gruppo del mozzo non era ancora danneggiato (visto che lo smeriglio non si era ancora prodotto) e la ruota era ben salda. Eppure l’allargamento di traiettoria è stato tanto marcato quanto inaspettato, specie perché è arrivato in un momento in cui chiedevo alla trazione integrale di aggrapparsi al suolo in proiezione uscita di curva. Il cedimento di un organo portante avrebbe avuto senza ombra di dubbio una influenza maggiore.

Per queste ragioni considero ora un veicolo strutturato in modo così importante non più il veicolo spartano, rustico e abbondante che inizialmente volevo vedere (come tanti appassionati come me lo vedono del resto), bensì un veicolo che per taluni aspetti richiede persino più cure e attenzioni dei veicoli da pista ai quali sono abituato. E onestamente non pensavo ma son lieto di aver fatto questa conoscenza : )

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Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma

Parte 1: Intro
Parte 2: Analisi delle cause del guasto
Parte 3: Smontaggio dell’assieme
Parte 4: Smontaggio speciale delle parti danneggiate
Parte 5a: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Distinta materiali
Parte 5b: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Boccia di sterzo
Parte 5c: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Fusello
Parte 5d: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Mozzo e cuscinetti
Parte 5e: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Assale
Parte 6: Analisi della componentistica al banco
Parte 7: Conclusioni
Parte 8: Curiosità
Parte 9: Sicurezza

 

Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma – Parte 5d: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Mozzo e cuscinetti

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Vorrei poter dire che ora arriva la parte delicata, in realtà, ripercorrendo con il pensiero ogni passo, non osservo una sola fase, dalla rottura del semiasse, allo studio delle cause del guasto, all’esecuzione delle lavorazioni per asportazione di truciolo, alla stesura della distinta base, alla realizzazione di attrezzi specifici, al controllo e riassemblaggio di ogni sezione, che non sia oggettivamente delicata. E non c’è una fase che non sia “particolarmente” delicata, questo perché la riuscita di ogni singola operazione dipende da innumerevoli fattori. Quindi, scherzando, questa fase è la più delicata… come tutte le altre : )

Ad esempio se non si adottano gli utensili specifici della casa per l’inserimento ed il corretto posizionamento di paraoli, cuscinetti, relativi track, ecc e se non si dispone di specifici attrezzi per raggiungere le viti di difficile accesso (vedi ad esempio le viti poligonali con la testa da 14mm impiegate per assicurare la boccia di sterzo all’assale anteriore e le medesime viti, con testa da 13 mm, utilizzate per fissare la pinza freno) diventa molto facile causare dei danni, errare serraggi, rigare delle superfici, indurre dei grippaggi, mal posizionare delle parti, rendere inefficaci le tenute causando così trafilaggi di olio/grasso dannosi o persino provocare conseguenze di cui, raramente, si prende consapevolezza in un secondo momento. Solitamente si tende ad addossare la colpa di un ennesimo guasto al veicolo poiché non ci si rende conto che il precedente intervento di manutenzione è stato fatto senza osservare i dovuti accorgimenti tecnici. Non si vede cioè ciò che non si conosce.

Altro esempio tipico di fattori determinanti per la buona riuscita di un intervento tecnico è quello delle misure. Molti prendono pezzi e “buttano su”. Una buona abitudine che si coltiva lavorando per anni nel Motorsport è quella invece di non riporre totale fiducia nel ricambio ed operare opportune verifiche di quel che si va a montare e di come e dove lo si va a montare. Non sono rari persino gli errori nei manuali e, a quest’ultimi, solitamente si può porre rimedio solo con l’esperienza. Personalmente eviterei di metter le mani, come prima esperienza, su un veicolo così complesso senza una buona infarinatura meccanica e, non c’è nulla di cui vergognarsi, senza aver “scassato” veicoli più semplici con errori variegati che formano quella cosa preziosa che prende il nome di “Esperienza”.

Si potrebbe però obiettare che gli attrezzi specifici della casa hanno costi molto elevati. E’ vero. E che una persona esperta può ottenere la stessa qualità di assemblaggio utilizzandone di diversi. E’ vero. Ma bisogna essere esperti, realmente esperti, saper usare un buon tornio, egregiamente, conoscere i materiali che si vanno ad impiegare ed il perché di una determinata geometria e relativo dimensionamento di ogni dettaglio di uno strumento.

Gli attrezzi specifici della casa hanno costi elevati a causa della piccola produzione, hanno costi elevati per i materiali impiegati che permettono una ripetibilità elevata e senza usura delle operazioni su numerosissimi veicoli (ideale per le officine autorizzate ad esempio) e per la velocità di intervento che permettono senza troppe beghe (sempre ideale per le officine autorizzate che lavorano con un numero elevato di veicoli e che, come appena detto, devono concentrarsi su altro dando per scontato l’efficacia dello strumento utilizzato).

Personalmente ho fatto uso sia di alcuni attrezzi ufficiali della casa, sia di altri forniti da costruttori specializzati, sia di altri ancora costruiti ad hoc da noi con le macchine utensili riproducendo quelli specifici (giusto per contenere costi altrimenti irragionevoli per un solo uso personale nonché mantenere un certo allenamento nel risolvere problemi), sia di oggetti “d’officina” che, vuoi per il fattore “c”, vuoi perché me li sono andati a pescare di proposito, sono dimensionati esattamente come necessario. Inoltre c’è il gusto e l’utilità di trovare metodi alternativi (ma validabili) di effettuare complicate riparazioni anche in viaggio con quel che si ha a disposizione e, soprattutto, in situazioni difficili.

Non penserete infatti di riparare un Defender realmente con il kit di attrezzi posto sotto al sedile di guida? La chiave per svitare le ruote si piega, non si spezza, ma nemmeno svita la ruota che lì resterà (avoglia a girare la chiave!), tanto per fare un esempio : )
Allenamento puro. La necessità aguzza l’ingegno e così, giusto per svago personale durante un complesso lavoro, con il pistone di uno splendido motore V6 che conservo a scopo didattico, sono riuscito tranquillamente ad inserire i track dei cuscinetti. Ma vi chiedo retoricamente, con l’intenzione di provocare, è corretto usare l’alluminio? Non vi nascondo che alla fin fine ho realizzato comunque l’attrezzo specifico gemello di quello della casa che è finito nel set di attrezzi da viaggio.

Nelle immagini che seguono, prima di vedere l’ultimo articolo sull’assemblaggio dell’assieme, sono posti in risalto momenti in cui sono andato a provare l’impacchettamento dei cuscinetti del mozzo prima dell’effettivo montaggio di tutto il gruppo sull’assale. Le superfici sono state rispettate, gli accoppiamenti per interferenza sono stati eseguiti senza sottoporre le parti a particolari stress, le posizioni finali sono state raggiunte e verificate e, per ultime ma assolutamente non meno importanti, le misure sono state effettuate con estrema attenzione ed ogni singola scelta è stata arricchita da uno o più “perché”.

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Parte 4: Smontaggio speciale delle parti danneggiate
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Parte 5b: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Boccia di sterzo
Parte 5c: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Fusello
Parte 5d: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Mozzo e cuscinetti
Parte 5e: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Assale
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Il fusello, che i miei colleghi inglesi chiamano Stub-Axle, come avviene per la boccia di sterzo, sembra un organo alquanto banale e invece… Ricopre numerose funzioni sia lungo la sua superficie interna, sia lungo la sua superficie esterna, sia tramite i suoi attacchi, posteriormente mediante viti, anteriormente mediante maschio filettato.

Internamente incorpora un paraolio e un cuscinetto a rullini. Il paraolio impedisce passaggio di fluidi dalla scatola della boccia di sterzo al vano dei rasamenti chiuso all’altra estremità dalla flangia di trasmissione. Il cuscinetto a rullini sostiene parte del carico verticale del lungo semiasse (estremità esterna).

La sua superficie esterna sostiene l’intenso carico del veicolo, le relative accelerazioni trasmesse dai trasferimenti di carico e dalle asperità del manto stradale, nonché le azioni della ruota stessa in quanto massa non sospesa. Il tutto viene trasferito alla scatola della boccia che, tramite la boccia che ingloba, lo trasferisce infine all’assale anteriore. Questo sostegno è mediato dai generosi cuscinetti a rulli conici posti in coppia l’uno di fronte all’altro i quali, tramite i relativi track, si accollano il carico del mozzo. Ma non solo, la loro registrazione ottimale permette una “comunicazione” perfetta e controllata tra fusello e mozzo e mantiene il gioco dell’assieme entro una tolleranza accettabile.

Quindi passaggio interno del semiasse, passaggio esterno dei cuscinetti, sostegno di tutti i carichi concentrati, trasferimento di quest’ultimi all’assale, enormi sollecitazioni di taglio e, infine, estremità filettata per accogliere il dado da 52mm e la relativa rondella che “impacchettano” l’assieme (perfettamente visibile nel prossimo articolo dedicato nello specifico al mozzo).

A guardarlo sembra un organo tanto semplice sul quale non investire più di tanto e invece rappresenta una sorta di nucleo resistente che non può e non deve fallire il suo scopo specie se, come me, caricate e trainate su ogni tipo di strada, le vostre particolari attrezzature e le merci per un totale di 900kg a bordo e di 3500kg trainabili. Un atleta da resistenza, un bestione prestante, agile, mai goffo, voluminoso ma muscolare, se fosse un cane sarebbe un Bull-Mastiff inglese.

Nel campo agonistico il ruolo varia e se le sollecitazioni legate ai carichi diventano quasi nulle, quelle legate alle forti accelerazioni sono talmente intense che le forze in gioco posso essere del tutto comparabili tra i due impieghi (sempre per il secondo principio della dinamica F=m*a, ovvero Forza uguale Massa per Accelerazione, ove al crescere della massa o delle accelerazioni abbiamo in ogni caso una crescita di forza di cui tener strettamente conto). Nei Defender da corsa, al verificarsi di un cedimento dei cuscinetti, il fusello deve resistere all’enorme sollecitazione di taglio e non permettere a “tutto ciò che si appoggia sul fusello stesso” di tagliarlo evitando quindi ulteriori danni che potrebbero interessare il semiasse inglobato.

Il fusello pertanto, oltre a necessitare di un’ottima lega e relativi trattamenti termici, deve rispettare precise tolleranze geometriche e dimensionali ed essere assemblato con estrema cura alla articolata componentistica che lo circonda: guarnizione fusello-scatola boccia, anello reggispinta del semiasse (quello dorato), paraolio-grasso e cuscinetto a rullini interni, disco parapolvere esterno, viteria dedicata con apposito frenafiletti per la giunzione alla scatola della boccia, cuscinetti a rulli conici e spaziatore che sostengono il mozzo, dado e rondella di impacchettamento dell’assieme.

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Nella cascata di componenti che vanno da ogni singolo giunto sull’assale anteriore, riversando fino alla relativa ruota, il primo organo che troviamo è la boccia di sterzo. Sostiene il gravoso carico di tutto il gruppo mozzo-ruota, permette la rotazione della ruota stessa attorno all’asse (quasi) verticale e si lascia attraversare internamente dal semiasse affinché venga trasmesso il moto. Trattasi di un organo all’apparenza molto semplice (che pare richiamare un calice) ma che è in realtà assai elaborato e la cui importanza è da non sottovalutare assolutamente.

Una guarnizione in carta si interpone tra la boccia e l’assale per impedire all’olio del differenziale anteriore (che bagna anche i semiassi) di fuoriuscire dal sistema giunto. Due pin (come sono solito chiamarli), uno superiore e uno inferiore, assicurano il vincolo di rotazione della boccia nella scatola mediato da due specifici cuscinetti a rulli conici. Opportuni spessori (regolabili) permettono la registrazione della stretta dei pin sulla boccia evitando così che sia troppo cedevole o troppo tenace (si verificherà poi ad assemblaggio parziale con un dinamometro). Un opportuno grasso a bassa densità (che sostituisce l’olio, impiegato nelle versioni di un tempo, che trafilava facilmente) offre molteplici funzioni e permette una più efficace lubrificazione del giunto omocinetico del semiasse che naturalmente attraversa la boccia internamente, la lubrificazione dei cuscinetti a rulli conici e la lubrificazione della stessa boccia di sterzo lungo la sua corsa a contatto con il generoso paraolio posteriore impegnato nella tenuta interna del lubrificante e in quella esterna di polvere e detriti.

Nell’ultima foto è possibile notare la presenza del piccolo paraolio, sul retro della boccia di sterzo, il quale avviluppa il passaggio del semiasse ed assicura che l’olio del differenziale non entri in contatto con il grasso della boccia stessa. Questo elemento, per quanto possa sembrare trascurabile, riveste un ruolo prioritario per evitare miscugli deleteri.

Un’orchestra di componenti che, per la miglior performance, ricevono un primo incipit dal maestro che regola e assembla ogni elemento in virtù della funzione e del risultato atteso, e poi vengono accompagnati da un utilizzatore che beneficerà di una qualità tanto maggiore quanto più il maestro sarà stato accurato e l’utilizzatore stesso consapevole ed equilibrato.

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Ora l’assale anteriore è libero, opportunamente protetto e messo in sicurezza (tra i vari obiettivi c’era anche quello di simulare le difficoltà di effettuare una simile operazione all’aperto, ad esempio durante un viaggio, ma rivedremo meglio questi dettagli nella parte 9 di questa serie di articoli). E’ pertanto pronto ad ospitare un nuovo assieme finale di trasmissione che va dal differenziale anteriore alla relativa ruota destra.

Delle precedenti parti si salvano solo la boccia di sterzo, la relativa scatola che la ospita, la componentistica che permette l’assemblaggio della boccia di sterzo, la pinza freno e la ruota completa (oltre a mezzo semiasse, lato differenziale, che però finirà esposto in una teca tecnica assieme alla sua metà, lato ruota,  devastata e alle altre parti di interesse che abbracciano diversi stati di usura meritevoli di attenzioni; rivedremo meglio il tutto nella parte 6 di questa serie di articoli). Lo smeriglio non ha raggiunto il sistema di sterzo e così, in questa sede, è stato sufficiente (si fa per dire) pulire le parti e sostituire quelle soggette a normale usura. Oltre, naturalmente, a parti quali guarnizioni, paraoli e materiale di consumo specializzato come ad esempio i vari tipi di grasso (con caratteristiche tecniche dedicate destinati alla boccia di sterzo, ai cuscinetti della boccia, ai paraoli), lubrificanti e frenafiletti (nei gradi di bloccaggio indicati dalla casa).

Nelle foto che seguono possiamo osservare l’affascinante distinta di base dei materiali necessari a dare il via all’assemblaggio in più fasi che ha richiesto notevole cura di innumerevoli dettagli. Le parti sono tutte rigorosamente originali per una terna non trascurabile di motivi: per esser coperti della garanzia prevista dal costruttore, per non alterare il grado di affidabilità del veicolo (specie nel nostro caso in cui lo mettiamo sotto stress quotidianamente per lavoro e con circa 45.000-50.000 km percorsi ogni anno abbiamo bisogno di ampi intervalli utili tra una sosta per manutenzione e l’altra) ed avere di conseguenza un comportamento più che mai omogeneo ed aderente a quello che conosciamo da anni e per godere di una qualità costruttiva maggiore delle parti (geometrie simili non significano stessi materiali, parti che si assomigliano possono avere comportamenti molto differenti specie durante le sollecitazioni più intense).

La concatenazione di problemi che possono emergere da un minimo dettaglio è ormai limpida nell’esposizione dei fenomeni illustrati nei primi quattro articoli di questa serie. Un componente che fallisce il suo funzionamento può comportare una serie di conseguenze rilevanti che possono influenzare pesantemente un lavoro (in questa serie di articoli si fa riferimento ad un veicolo che viene impiegato costantemente per lavoro). Risparmiare poche decine, centinaia di euro può voler dire problemi, perfettamente evitabili, per migliaia e migliaia d’euro (specie se l’imprevisto si verifica durante una situazione d’emergenza in cui i tempi di consegna dei ricambi si allungano o addirittura si verificano delle indisponibilità prolungate anche solo di piccole parti).

Troviamo così in laboratorio un nuovo semiasse completo (costruito da un marchio partner di Land Rover e montato di primo impianto sui Defender td4, i Puma), un nuovo portamozzo (l’originale resiste a sollecitazioni molto maggiori di quelli after market; abbiamo raccolto dati su veicoli impiegati nelle competizioni osservando diversi tipi di rotture nell’impiego agonistico), nuova componentistica al contorno del portamozzo come l’anello reggispinta (parte color oro, facilmente riconoscibile, che regge la spinta del semiasse), l’anello che protegge da polvere e detriti la boccia di sterzo e la relativa scatola, le viti specifiche, il cuscinetto a rullini, le guarnizioni ed i paraoli. Arrivando infine al nuovo mozzo completo dei relativi cuscinetti (anch’essi costruiti da un partner di Land Rover) e track da riportare in sede per interferenza, il freno a disco ventilato dalle generose dimensioni (quasi un prodotto da competizione, le pinze dispongono addirittura di 4 pistoncini ognuna ricordando moltissimo la seconda legge della dinamica e numerose considerazioni che vedremo nella parte 8 di questa serie di articoli), per finire l’opera con una nuova flangia di trasmissione, ovvero quell’organo tenace e compatto che trasmette il moto (la corposa coppia motrice) dal semiasse alla ruota.

Un lavoro tanto affascinante (per chi ama le costruzioni meccaniche) quanto impegnativo, un lavoro dove ogni singolo passo ha un suo preciso motivo e viene operato tanto meglio quanto maggiore è la propria esperienza in ambito meccanico, un lavoro per appasionati virali : )

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Ora viene il bello. L’unità che trasmette il moto alla ruota anteriore destra è finalmente separata dal ponte anteriore e si trova sul banco pronta per un’attenta analisi e una possibilità di intervento molto più articolata. Se si osserva attentamente la prima foto (in basso) si evince che il portamozzo non ha più sezione circolare bensì ovale. Sotto l’azione intensa del calore estremo, che ha sviluppato temperature da fonderia, e della sollecitazione meccanica, il portamozzo ha subito una deformazione non trascurabile. Trattandosi di un pezzo da sostituire il problema non si porrebbe se non fosse che lo smontaggio del mozzo passa per un dado che, ovviamente, non può essere svitato lungo una sezione ellittica.

Dado e rondella

Con punte in acciaio super rapido (hss), quelle al cobalto per intenderci, ho rudemente praticato tre fori su tre vertici del dado così da indurre un importante indebolimento dello stesso. In tal modo esso ha ceduto aprendosi sotto una ridotta azione meccanica, come si può notare nella seconda foto (in basso). Se il dado, piuttosto “tenero” (appositamente siffatto per garantire un’ottima tenuta al serraggio controllato) non ha opposto particolare resistenza all’estrazione, la stessa cosa non può dirsi della rondella, decisamente più tenace e nettamente più dura da penetrare. Forarla in modo corretto è stato possibile solo con punte di alta qualità e, anche quando l’ho suddivisa in due semilune, le difficoltà non sono mancate. La semiluna inferiore era infatti bloccata a causa della deformazione del portamozzo (terza foto in basso nella quale si vede in posizione superiore perché il gruppo del mozzo è ribaltato sul banco), inoltre i fori operati avevano generato delle bave posteriormente che ingranavano leggermente sul cuscinetto. Per non parlare dello smeriglio (aspirato e campionato, sarà visibile nelle foto del seguito di questa rubrica) finito praticamente in ogni interstizio possibile immaginabile che rendeva oltremodo difficoltosa ogni operazione che coinvolgeva la separazione per scorrimento di due parti.

Cuscinetto esterno

Mi riferisco in particolar modo agli anelli interni dei due cuscinetti e, ancor di più, all’anello interno del cuscinetto esterno, ovvero quello dei due gravemente sollecitato e completamente distrutto. Questo era invaso di smeriglio (inteso nella forma gergale come polvere di metallo prodotta dall’abrasione marcata di un organo meccanico, non come corindone, il minerale impiegato nelle officine di rettifica ad esempio per il ripristino delle sedi valvole) proveniente dal semiasse spezzato in prossimità della flangia di trasmissione. L’infiltrazione di questa polvere metallica era tale nel cuscinetto che ho dovuto ricorrere ad un estrattore per la sua rimozione anche se, in questo tipo di mozzo, in una ordinaria manutenzione, i cuscinetti si possono tranquillamente inserire e rimuovere a mano.

Fusione e completa rottura

Sono a mio avviso fantastiche le tre foto finali (in basso) che mostrano alcune particolari curiosità. La gabbia a rulli è completamente devastata e fuorisede. Poco male, era immaginabile, ma i rulli praticamente fusi in un sol pezzo destano una certa impressione. Ma non solo, se si pensa che l’anello esterno del cuscinetto va inserito nella sua sede all’interno del mozzo con un apposito utensile preformato e spinto sotto l’azione del martello, vederlo libero di ruotare e abraso (così come è abrasa la relativa sede nel mozzo, vedi il secondo articolo di questa rubrica, link correlati in basso), lascia intendere che razza di sollecitazione estrema si sia generata quando lo smeriglio ha distrutto il cuscinetto, inchiodando i rulli, fondendoli, saldandoli all’anello esterno e costringendo quest’ultimo ad iniziare a muoversi ruotando all’interno del mozzo… Un disastro. Più probabilmente la ragione per cui sul manuale d’uso e manutenzione è segnalato di arrestare immediatamente il mezzo non appena si verifica un guasto importante. E pensare che dopo 50 km riuscivo ancora a camminare (naturalmente ad una velocità che rasenta il passo d’uomo) portando a destinazione le persone a bordo ed il carico. Super : )

Analisi

Andiamo ora a vedere da vicino tutte le parti prese singolarmente cercando di catturare più dettagli possibili (e di ricordarmi che mai più compirò una prodezza simile pur conservando la consapevolezza che, se dovesse presentarsi una questione d’emergenza inderogabile, potrei anche osare un pelino, magari non così tanto).

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Trattandosi di una rottura “particolare”, conseguente ad una sollecitazione estrema, ho preferito non adottare la sequenza di smontaggio suggerita dalla casa madre, ovvero quella che passa per la rimozione del dado centrale da 52mm che fissa il mozzo per proseguire poi con tutta la successione di parti che arrivano fino al ponte (semiasse, cuscinetti, mozzo, disco freno, scatola boccia, boccia di sterzo…). Se l’avessi fatto avrei rischiato di perdere la possibilità di osservare numerosi dettagli. Così ho cercato un metodo atipico per rimuovere l’intero assieme al fine di portarlo sul banco per l’analisi approfondita di ogni passaggio, di ogni componente, di ogni indizio. Trattasi di un metodo errato di smontaggio che personalmente non riutilizzerei una seconda volta ma che è stato necessario per questo studio (e per vagliare le possibili soluzioni adottabili in casi estremi in giro per il mondo). In sostanza ho rimosso in un’unica soluzione l’intero assieme che si interpone tra il ponte anteriore e la ruota anteriore destra (vedi foto in basso). Anche la generosa pinza freno a 4 pistoncini ho provveduto a rimuoverla senza scollegarla dall’impianto adottando un semplice ma tortuoso stratagemma. Insomma nulla è stato condotto in modo ordinario… tipico mio : )

Una procedura di smontaggio atipica ma necessaria

Al di là delle mie scelte, anche volendo adottare la procedura standard di smontaggio, non avrei potuto. Come è possibile osservare dalle foto del precedente articolo di questa rubrica (vedi “link correlati” in basso) la fusione del semiasse spezzato ha prodotto una scenografica colata “lavica” sul portamozzo; quando questa si è raffreddata ne è conseguita una saldatura del semiasse sul portamozzo. Ne deriva che era a dir poco impossibile rimuovere il semiasse dalla sua sede e, di conseguenza, anche il mozzo con il disco. Ma non solo. Anche il cuscinetto esterno, investito dalla nube di smeriglio ad alta temperatura, era letteralmente saldato, con le gabbie a rulli distrutte, i rulli deformati (alcuni dei quali fusi tra loro, come vedremo nei prossimi articoli di questa rubrica, vedi i “link correlati” in basso) e l’anello esterno abraso.

L’inizio di un lavoro ostile

Una volta ottenuto sul banco l’assieme che costituisce il finale della catena cinematica della trasmissione è stato possibile osservare con maggior dettaglio numerosi elementi. La sezione circolare del corpo del portamozzo era divenuta ovale e non permetteva lo svitamento del dado. Il portamozzo non permetteva quindi né lo svitamento del dado, né l’estrazione del semiasse, bloccando di conseguenza l’intero lavoro di ripristino. Scopriremo poi che anche la rondella posta dietro il dado non poteva essere rimossa normalmente. Quindi il problema esterno coinvolgeva il bloccaggio del semiasse, del dado, della rondella, con l’impossibilità di smontare correttamente l’assieme.

Continua…

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Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma

Parte 1: Intro
Parte 2: Analisi delle cause del guasto
Parte 3: Smontaggio dell’assieme
Parte 4: Smontaggio speciale delle parti danneggiate
Parte 5a: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Distinta materiali
Parte 5b: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Boccia di sterzo
Parte 5c: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Fusello
Parte 5d: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Mozzo e cuscinetti
Parte 5e: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Assale
Parte 6: Analisi della componentistica al banco
Parte 7: Conclusioni
Parte 8: Curiosità
Parte 9: Sicurezza

Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma – Parte 2: Analisi delle cause del guasto

Rubrica: Meccanica Off Limits

Titolo o argomento: La mia follia di utilizzo tra l’estremo conservativo dell’endurance e quello agonistico della prestazione pura, breve, intensa…

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Percorro tanti, tantissimi chilometri all’anno, ultimamente circa 45.000. Li percorro a modo mio, in un modo che è figlio non solo delle esigenze lavorative bensì anche della passione per il Motorsport, dello studio teorico approfondito, di numerose analisi tecniche e casi di studio effettuati nei miei laboratori in oltre 20 anni con ogni tipo di veicolo e motore.

Quando affermo “con ogni tipo di veicolo e motore” intendo con auto, moto, motori 2 tempi, 4 tempi, benzina, diesel, aspirati, sovralimentati, motori in linea, motori a V, trazioni anteriori, posteriori, integrali, veicoli con 10.000 km, con 100.000 km, 300.000 km, 500.000 km e oltre, veicoli acquistati nuovi, usati… Ma anche nelle più svariate condizioni, situazioni, tipologie di percorso, ovvero condizioni di freddo consistente o di caldo torrido, strada, sterrato e pista, veicolo perfettamente funzionante, veicolo con danni conseguenti a rotture per il normale utilizzo o per utilizzo intensivo controllato (tipo endurance), per difettosità di un organo o per impiego severo in condizioni a rapida usura (tipo racing), condizioni quindi che si verificano sporadicamente e che sono brevi ma intense.

Quasi 50.000 km a bordo di un Defender Old Style…
…in poco più di un anno

Con il Land Rover Defender 110 td4 2.4 Puma ho percorso la bellezza di 45.000 chilometri in poco più di un anno. Ho voluto fare una follia per passione, per gusto, per divertimento, per provare, per vedere cosa succede, per analizzare la meccanica se vogliamo e per raccogliere dati che non trovo altrove. Insomma per vivere in prima persona il “veicolo delle costruzioni in scala 1:1 per eterni giovani cresciuti”. Ho risolto l’unico fattore che costituiva per me un problema, quello della rumorosità, con un metodo matematico sottrattivo: anziché silenziare l’abitacolo del veicolo, opera perlopiù impossibile, mi sono procurato dei tappi per le orecchie professionali che tagliano nettamente solo il range di frequenze che mi danno fastidio, ovvero quelle della trasmissione e del rotolamento delle gomme tassellate specifiche per i percorsi sterrati che affronto per raggiungere i miei clienti.

Il livello di comfort che stimola

Sono talmente abituato a guidare un Defender che mi è impossibile scendere e non trovo gusto nel guidare veicoli ordinari, ad eccezione di quelli per la pista che rappresentano la mia prima natura. Con questo non voglio sostenere che il Defender old style sia un veicolo comodo. Assolutamente. Ma non è nemmeno scomodo. Trattasi secondo me di un veicolo particolare fatto appositamente per chi ritiene che un eccesso di comodità intorpidisca la mente, il fisico e le abitudini dell’Uomo. Io vivo “scomodo” da una vita intera, da quando son nato. E’ anche il fatto di non avere nelle mie abitudini un agio considerevole che mi ha portato a sviluppare capacità specializzate utili a realizzare i miei sogni. Non sento la fatica, non mi lamento, vado avanti, salto i pasti, studio continuamente, abbino sforzi fisici a impegno mentale. Non so come, non so perché, il Defender sembra progettato, costruito, aggiornato nei suoi 70 anni di storia esattamente come io avrei voluto il mio veicolo personale dei sogni: un grande gioco delle costruzioni di vera meccanica pura che richiede un impegno nella sua cura paragonabile ad esercizi di allenamento per quanto si è studiato.

Momenti racing intensi

Così a centinaia o migliaia di chilometri in tranquillità (relativamente alla mia persona) mi capita sovente di alternare momenti sportivi, brevi ma agonistici, che stressano il mezzo a dovere. Nel mio caso l’Amore per la tecnica di guida mi porta a cercare delle esasperazioni che mettono sotto stress in particolar modo la trasmissione. Immaginate che ogni tanto io possa dimenticarmi di stare a bordo di un fuoristrada specializzato nel fuoristrada, nel carico e nel traino (definito dagli appassionati “La Regina”) e che adotti quella trazione integrale come si dovrebbe fare invece su un’Alfa Romeo 155 V6 TI DTM. I più appassionati avranno già inteso. La frenata, l’ingresso curva, il trasferimento di carico, l’anticipo di apertura del gas rispetto ad una trazione posteriore e poi giù a fondo per aumentare la presa a terra, grazie alla trazione integrale, con il telaio che va correttamente impostato per prevenire il sottosterzo.

Non si usa così un Defender, è vero. E infatti il 98% della strada lo percorro a velocità da ciclista che gira rotondo, con un carico sul gas esiguo, gustandomi il viaggio, la sua prestanza fisica ed i lavori che mi aiuta a completare tranquillamente, con forza notevole e affidabilità, ovunque vada, come un collega fidato. Ma il richiamo della pista, sapete, ogni tanto…

Un colpo secco

Questa volta mi trovavo a percorrere una curva in discesa verso sinistra mentre, dopo aver fatto scorrere il telaio, stavo aprendo il gas con moderato anticipo, e azione vigorosa, in fase di precoppia ma… proprio nell’istante in cui il carico si era trasferito sull’anteriore destra, un colpo secco, un rumore metallico netto senza rintocchi ed il telaio allarga la traiettoria come in un marcato improvviso, inaspettato, sottosterzo che ti porta ad alzare il piede e correggere. Si era letteralmente spezzato il semiasse anteriore destro (dove e come lo vedremo nel seguito di questa rubrica).

La cosa migliore da fare in questi casi, passata l’adrenalina del momento, è accostare qualche decina di metri dopo e chiamare un carro attrezzi (caricando non trainando, assolutamente). Si dice che chi ha il pane non ha i denti. Io ho un amico che poteva venirmi a prendere con il camion a costo zero e invece ho ascoltato la mia impertinente curiosità ed ho proseguito, come nulla fosse, il mio percorso con il giro di tutti i clienti: circa 50 chilometri o poco più.

Fusione del semiasse

Quando sono tornato ai miei laboratori ho constatato quanto è possibile evincere anche dalle foto sotto: il semiasse destro si è spezzato per torsione in prossimità della flangia che trasmette il moto al mozzo ruota (alcuni diranno che si possa spezzare solo per torsione e, invece, vedremo in seguito come si possa spezzare anche per sollecitazione di taglio). Nulla di più sarebbe accaduto se mi fossi fermato e fatto trasportare in sede (sottolineo nuovamente, non per traino ovviamente). Il proseguimento della marcia, invece, ha indotto le due parti di semiasse separate dalla rottura a generare un attrito reciproco talmente elevato da portare l’organo stesso alla temperatura di fusione, ben oltre i 1.000 gradi centigradi. Rilasciando tra l’altro una colata di metallo fuso spettacolare (spettacolare per gli amanti della Meccanica). L’elevato chilometraggio percorso con questo danno non ha risparmiato di esporre in vetrina tutti i fenomeni della Fisica coinvolti.

Il cedimento del cuscinetto ruota esterno

Si può pensare che una volta spezzato il semiasse, anche se portato a fusione, null’altro possa ormai accadere. La ruota parrebbe libera di girare come una comune ruota libera di una trazione unicamente anteriore o posteriore non motrice. Ma non è così. Una serie di conseguenze fisiche, meccaniche, si susseguono inesorabilmente. Non si è generata solo la fusione delle parti per via dell’enorme attrito che ha indotto temperature da fonderia; si è generata anche una “nuvola” di smeriglio (polvere di metallo) che ha invaso l’intera cavità che si interpone tra il mozzo ed il portamozzo. In questa cavità, ahimé, risiedono i due cuscinetti ruota (che vedremo meglio nelle parti 3, 4, 5 e 6 di questa rubrica) il primo dei quali, quello esterno, ha fatto da scudo al secondo sorbendosi tutta la nuvola di smeriglio. Questo vuol dire che i rulli si sono inchiodati ma la cassa del cuscinetto voleva comunque girare sottoposta al carico della ruota ed al mio proseguire la marcia. La gabbia a rulli è collassata, lo smeriglio fuso ha surriscaldato i rulli che si sono deformati più facilmente sotto il carico (alcuni si sono persino fusi tra loro), il cuscinetto ha ceduto appoggiandosi come meglio poteva sul portamozzo, la ruota anteriore destra si è trovata senza vincolo di sostegno ed è andata fuori campanatura portando il disco freno a strusciare in modo anomalo contro la pinza.

Inizio di un’analisi più approfondita

Il resoconto è impressionante, dell’assieme del finale della trasmissione sulla ruota anteriore destra, si salvano solo la scatola porta boccia (impiegata per sterzare la ruota sotto il comando della relativa asta), la boccia (del sistema di sterzo) e poche altre minuterie. Flangia, mozzo, disco, portamozzo, un cuscinetto ed il semiasse sono a dir poco provati. I paraoli, le viti, le sicurezze hanno tenuto magistralmente (con riferimento a soli organi e parti rigorosamente originali). Il veicolo è stato in grado, sotto sollecitazioni mastodontiche, di portarmi a destinazione. Che bestia… Impressionante.

Continua…

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Parte 1: Intro
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Parte 5d: Assemblaggio del nuovo assieme a regola d’arte – Mozzo e cuscinetti
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Parte 7: Conclusioni
Parte 8: Curiosità
Parte 9: Sicurezza

Meccanica Off Limits – Riparazione del finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma – Parte 1: Intro

Rubrica: Meccanica Off Limits

Titolo o argomento: La mia follia di utilizzo tra l’estremo conservativo dell’endurance e quello agonistico della prestazione pura, breve, intensa…

Negli ultimi giorni ho lavorato così tanto sulla trasmissione del mio personale Defender 110 td4 che alla fine uno dei miei guanti ha accusato un crampo ed è rimasto bloccato : )
Ironia a parte, mi rivolgo ai profani, seppur notevolmente appassionati: Immaginereste mai che solamente sulla parte finale della catena cinematica, che nella trazione integrale si occupa di trasmettere il moto dal motore alle quattro ruote, vi siano decine, centinaia di componenti e un’infinità di nozioni specializzate di cui tener conto per l’esecuzione ottima di un lavoro di riparazione o di manutenzione?

Il solo sistema mozzo, portamozzo, semiasse, giunto, e relativa scatola, che collega una singola ruota al ponte (nella fattispecie quello anteriore) è un assieme costituito da decine di parti ognuna delle quali necessita non solo di attrezzature speciali ma, ancor prima, di decine di nozioni di meccanica avanzata per esser: smontate, assemblate, controllate, regolate, riparate e, persino, analizzate a ritroso per comprendere le cause di una rottura. Quest’ultima può avvenire per utilizzo severo in condizioni gravose o per utilizzo errato, per errata manutenzione, per errato assemblaggio, per impiego di parti scadenti…

Trattasi del “gioco” di costruzioni per noi maschietti più vero, concreto, utilizzabile in prima persona, realmente funzionante, in scala 1:1, nonché tra i più sfiziosi che si possano immaginare. Meccanica pura. Meccanica intensa. Meccanica ovunque. Artigianato, Arti meccaniche, Materiali, Suoni, Odori caratteristici, Senso di solidità, Applicazioni pratiche, trasformazione di una varietà di affascinanti parti meccaniche specializzate in un assieme funzionante, dalle prestazioni strabilianti, da utilizzare in prima persona per lavoro, per passione, o perché no, per entrambi.

Nella serie di articoli che seguiranno tratterò in maniera approfondita, e corredata di numerose foto specialistiche (inedite) scattate nei nostri laboratori, un immenso lavoro di riparazione della parte finale della catena cinematica della trasmissione del Land Rover Defender 110 2.4 td4 Puma. Nello specifico tutto ciò che si incontra dal differenziale anteriore, a partire dal semiasse destro, fino a raggiungere la ruota anteriore destra. Tutto fino all’ultima vite, rondella, paraolio, boccola, cuscinetto, sede, registro, spessore, anello di arresto, flangia, dado, guarnizione, giunto, snodo, testina, coperchio, protezione, mozzo, portamozzo, coppa, piastra, scatola…

Verranno trattate in particolar modo le tematiche inerenti la causa della rottura, le conseguenze della rottura, la mia follia di utilizzo volta a calibrarmi tra l’estremo conservativo dell’endurance e quello agonistico sollecitato della competizione breve ma intensa; come si sono logorate le parti, come sono state rimosse le parti, nonché una breve intro sulla ricostruzione ove i segreti, naturalmente, resteranno segreti.

Continua…

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