Disse il Signor Michelin: “Non si dà valore a ciò che si ottiene senza pagare”

Rubrica: La tetralogia della povertà. Svalutazione – Parte 1

Titolo o argomento: Come si diventa poveri oggi e soprattutto… perché

“Non si dà valore a ciò che si ottiene senza pagare”

Frase attribuita ad uno dei fratelli Michelin (quelli dei pneumatici e delle guide enogastronomiche tanto per intenderci), Edouard o André, in seguito ad un semplice, ma assolutamente non banale, episodio che ne ha illuminato la ragione.

Un giorno, durante una visita in incognito presso un’officina al fine di eseguire la sostituzione dei pneumatici della propria auto e testare il servizio della sua rete di vendita, il Signor Michelin si accorse che le sue preziose guide enogastronomiche, fino ad allora distribuite gratuitamente, si trovavano buttate accatastate in un angolo dell’officina a prender polvere. Rimase turbato nell’osservare come i suoi sforzi non venissero apprezzati dal titolare dell’officina il quale, tra l’altro, impediva così che potessero essere apprezzati anche dalla clientela. Da quel momento comprese che non si dà valore a ciò che si ottiene senza pagare. Cominciò allora a fornire le rinomate guide solo alle officine che intendevano pagare per averle, ovvero a quelle officine che mostravano un vivo interesse verso il prodotto dei suoi sforzi riconoscendone di conseguenza il valore, l’utilità ed il pregio.

Per quanto possa sembrar semplice capire un simile concetto, in realtà non lo è finché non lo si vive realmente sulla propria pelle, finché non si vedono i propri sforzi snobbati dalla superficialità di chi non li capisce. Io stesso sto scrivendo a tal proposito solo dopo aver vissuto negli ultimi dieci anni anche più di un’esperienza simile a quella del Signor Michelin (essendo stato probabilmente più duro di comprendonio). Questo mi ha portato a voler approfondire tutti gli aspetti del fenomeno per poi osservarli da più e più angolazioni per comprenderne non solo le apparenze o le immediatezze ma anche gli sviluppi più reconditi. Così come il biologo può far poco se non osserva da un microscopio, il cittadino consumatore padre madre di famiglia può far poco se non osserva nelle minuzie, invisibili all’occhio nudo, complessi meccanismi che si svolgono su un’altra scala percettiva.

Pensa al lavoro che fai o anche ad un’attività che segui e curi con passione e vivo interesse e pensa a cosa proveresti se qualcuno ti dicesse, o assumesse un comportamento di pari effetto, che priverà di valore il tuo sforzo. Sì, è già successo… in ufficio, nel tuo negozio, nella tua ditta, nella tua bottega, nel tuo locale, nel tuo laboratorio, nel tuo studio, dal tuo cliente. Ma un conto è vedere ogni giorno il sole che sorge e che tramonta (certo lo hai già visto tante volte), ben altro conto è sapere perché sorge, tramonta, irradia, irraggia, scalda, emette, brucia, fonde, attrae, respinge e addentrarsi nell’affascinante sentiero dell’astronomia.

La distruzione del valore è il primo passo per modificare illecitamente l’economia. La distruzione del valore fa perno sulla nostra evidente avidità per impoverirci con meccanismi di gran lunga meno evidenti e meno intuitivi. Più avanti ti porgerò il mio modesto pensiero portando tra l’altro alla tua attenzione anche l’analisi di numerosi esempi. Posso anticiparti, senza metter troppo in disordine la sequenza logica, che se riattribuisci il giusto valore ai mestieri delle persone che ti circondano, e se lo fanno tutti, ognuno a cominciare dalle persone che ha intorno, il meccanismo può essere invertito, ribaltato. L’economia centralizzata e predatoria, nascosta dal bagliore dei luccicanti strass di cui veste la rete digitale prima di accalappiarci e venderci al trancio, può esser messa in seria difficoltà restituendo le terre delle professioni n.0 ai moderni contadini digitali che le lavorano duramente. Un po’ come quando il feudalesimo (oggi probabilmente risvegliato in una nuova forma apparentemente amorfa) fu assopito dalle rivolte e dalla sete di giustizia tra il 1700 ed il 1800 con la fine dell’economia curtense in tutta Europa.

Rivolte e sete che anche noi possiamo proporre oggi in una nuova forma, priva di violenza, soprusi, distruzione dato che anche i metodi, per affrontare simili situazioni, si sono evoluti e non dipendono più dagli altri bensì solo da noi stessi attraverso uno strumento diabolico che si chiama “consumo”. Il consumatore saggio, avveduto, che ha voglia di imparare, ascoltare, crescere, può metter il piede fuori casa e decidere per il suo e l’altrui bene attraverso lecite scelte di consumo.

Trattasi però di “sete” che oggi non può esserci facilmente perché il cittadino, consumatore, padre madre di famiglia è talmente distratto e confuso da altro che non sa nemmeno di avere realmente sete e, quando l’avverte, in preda alla fretta dell’ultimo minuto è costretto a bere quella sbagliata accontentandosi di quel che ha intorno in quel preciso momento (nei prossimi capitoli questo concetto sarà di colpo semplice e intuitivo).

Continua…

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Come si diventa poveri oggi e soprattutto… perché

Prima raccolta: Svalutazione

Disse il Signor Michelin: “Non si dà valore a ciò che si ottiene senza pagare”
La distruzione del valore
Comprendere il valore
I pensieri autopulenti di chi distrugge il valore – Il pensiero zero (sul conto)
I pensieri autopulenti di chi distrugge il valore – Il pensiero uno  (sul prodotto)
I pensieri autopulenti di chi distrugge il valore – Il pensiero due  (sul professionista)
Il piccolo imprenditore indipendente è espressione di libertà anche per il consumatore
Il professionista della prima maniera
Il tuo futuro è già noto?
Cap 8 – In revisione
Cap 9 – In revisione
Cap 10 – In revisione
Cap 11 – In revisione

Seconda raccolta – Prossimamente (su versione cartacea)

Terza raccolta – Prossimamente (su versione cartacea)

Quarta raccolta – Prossimamente (su versione cartacea)

Prima estensione – Prossimamente (su versione cartacea)

Seconda estensione – Prossimamente (su versione cartacea)

Sempre di più: Viaggio dentro le proprie progressioni

Rubrica: Qualità della vita, Narrativa

Titolo o argomento: Viaggio dentro le proprie progressioni

Il concetto di limite è una questione personale

Sono sicuro che potrei fermarmi qua. Ho raggiunto una molteplicità di risultati che potrei considerare già abbastanza, specie per la mia giovane età. Sono stato precoce, a volte per abilità, altre volte per necessità, persino per disperazione. Ho fatto di tutto, molto più di quanto avrei potuto anche lontanamente immaginare in principio. Se i confronti fatti con la massa avessero ragion d’esistere potrei fermarmi qui. Ma si tratterebbe solo di una rude banalizzazione, una scorciatoia di comodo. Non funziona così, le misure le prendi con te stesso, con la responsabilità di quel che sai di poter fare realmente, non con un confronto con un campione che torna conveniente, che mi dice quel che potrebbe piacermi sentir dire.

Mi sono tolto delle soddisfazioni interessanti, ho risolto problemi complicati, ho studiato molto più di qualunque ordinario piano di studi universitario (praticamente nulla rispetto al sapere esposto nelle vetrine dell’Universo e oltre…), ho provato teorie che sostenevo, ho avuto ragione su chi mi ha messo da parte come un divano dalle molle rotte e una seduta scomoda, su chi mi ha svalutato senza nemmeno ascoltare, argomentare. Ho messo a frutto una moltitudine di errori da cui ho imparato inaspettatamente le cose più importanti. Ho fatto anche delle piccole scoperte. Eppure è insito nella natura umana desiderare sempre di più o, perché no, variante più rara, sempre lo stesso ma in modo più complesso.

Crescenti desideri umani

Alcuni lo fanno con le donne, non possono smettere di desiderare quante più donne possibili, talvolta persino impossibili, sempre diverse, come tori il cui olfatto non si può ingannare. Altri lo fanno col denaro, ne ammucchiano ammucchiano, nemmeno lo usano, non gli occorre, ma  non è mai abbastanza, non riescono a bilanciare l’impulso frenetico della progressione. Altri ancora lo fanno con il potere, la rivincita su traumi infantili da sottomissione o esclusione dal branco di cui non sono nemmeno consci, o il desiderio intrinseco di dominio; tentano la loro presunta strada verso il superpotere in direzione di quasi divinità terrena con l’afflizione, superbamente umana, di ambir all’esser adorati da altri uomini insicuri.

Grandi progetti

Io lo faccio con i progetti. Ne ho sempre una caterba in mente, vorrei realizzarli tutti ma la razionalità mi dice che non posso, la follia mi dice di intrecciarne diversi ed accontentarmi di una rara quanto inconsueta risultante (ciò che oggi chiamano “competenze trasversali”). Cerco di farne il più possibile ma ci sono sempre dei freni, degli attriti quotidiani che mi limitano, che mi ostacolano, che mi deviano, che mi portano a scoprire cose che non mi aspettavo di scoprire attraverso modi che non mi aspettavo di poter mai adottare.

Il caso non esiste

Il caos esiste, il suo anagramma, il caso, no. Il caso non esiste. Sono certo ci sia un motivo dietro ogni cosa, ci sia un disegno dietro ogni cosa, ci sia una logica dietro ogni cosa, ci sia una lezione importante dietro ogni cosa, ci sia un obiettivo importante dietro ogni cosa, ci sia un insegnamento fondamentale attraverso tutto.

Il Destino esiste, il Destino non esiste

Dicono però che il destino non esiste, personalmente penso che non sia vero che esiste, così come non sia vero che non esiste. Ci sono, forse, una gamma discreta e definita di scelte che possiamo operare e, all’interno di essa, possiamo optare, generando una moltitudine di combinazioni, dirigerci lungo il percorso che più, con la massima onestà, sentiamo come ideale per noi in quel dato momento, ma non possiamo scegliere tutto, così come non possiamo privarci della responsabilità della scelta.

Ci muoviamo all’interno di una gamma di scelte e, forse, qualunque dei percorsi concessi che scegliamo, ci porta al medesimo punto di arrivo. Ma in diverse condizioni. E’ la strada che cambia, probabilmente non l’arrivo. E’ questo, forse, che porta ad un livello quantistico la definizione di destino, due risultati opposti coesistono e, forse, l’apertura di porte che garantiscono più opzioni portano inevitabilmente, e antiintuitivamente, ad una minore possibilità che una nostra scelta passi dall’altra parte. Più porte si aprono, più diventa difficile scegliere, decidersi.

Non diventeremo Astronauti se siamo destinati ad essere Medici, non diventeremo Piloti da corsa se siamo destinati a grandi Progetti e non diventeremo Architetti ordinari se l’architettura cui fa riferimento il nostro destino è, ad esempio, su un’altra “scala”.

Friedrich August Kekulé, architetto… delle molecole

Vi porto un esempio reale così che le idee possano schiarirsi. Friedrich August Kekulé (nato il 7 Settembre 1829 a Darmstadt) frequentò l’Università di Glessen, Architettura, tuttavia qualcosa non gli tornava esattamente chiaro circa la sua vocazione. Prese parte alle lezioni di chimica del Professor Justus von Liebig e decise di cambiare strada e dedicare la sua vita a questa nobile Scienza. Ben presto si sarebbe occupato della tetravalenza del carbonio, dei legami delle molecole organiche semplici, della struttura del benzene fino a diventare “l’Architetto” della Teoria della Struttura Molecolare. Diventò quindi un Architetto ma non di strutture macroscopiche, bensì di strutture microscopiche.

Curioso, no? Aveva scelto in principio studi di Architettuta, sentiva una sorta di attrazione per le geometrie e le strutture, ma c’era qualcosa di più. Gli eventi e il suo impegno l’hanno portato sulla strada giusta, la strada che gli ha permesso di dare il suo fondamentale contributo e, cosa non da poco, di tramandarlo. Tre dei primi cinque premi Nobel per la chimica, infatti, furono vinti da suoi studenti. Tra le sue opere principali il “Manuale di Chimica Organica” (la Chimica dei composti che contengono il carbonio, la vita sulla Terra si basa su tali composti) del 1859 e “La chimica dei derivati del benzene o delle sostanze aromatiche”.

Le distrazioni di massa spengono la mente, le perturbazioni la allenano

L’Universo è uno splendido mistero, mi chiedo come sia possibile non desiderare di più ogni giorno, come si possa anche solo per un istante pensare di arrendersi a routine, vizi, agiatezze, consumismo, mercati globalizzati, rassegnazione apatica, giornate scontate, ripetitivi cliché sociali. Le distrazioni di massa spengono la mente.

Mi è impossibile non tentare le mie follie ogni giorno, mi è impossibile non tentare di inseguire i miei sogni ogni giorno, mi disturbano le perturbazioni inutili, le perdite di tempo, le armi di distrazione di massa, le idiozie, i fastidi burocratici e tutto ciò che “stupidamente” è appositamente realizzato, con abile “ingegno”, per evitare che le menti dotate di appetito possano sfamarsi e produrre. O, forse, semplicemente per un’utile selezione che permette solo ai più caparbi, ai più energetici di abbattare barriere invisibili per lasciare il loro orbitale.

Ma allo stesso tempo le perturbazioni mi occorrono, perché sono allenamento. Sono certo che senza problemi si appassisce, si cade nell’ottusa convinzione di essere sempre nel giusto, si perde elasticità mentale, capacità di problem-solving. La massa è energia, i problemi sono massa.

Se sei in gamba hai bisogno di gente in gamba intorno a te

Inseguiamo le nostre più nobili progressioni! Ne ricaveremo una realtà migliore. Il tuo talento fa bene anche a me così come il talento di ognuno fa bene anche a tutti gli altri che costituiscono una collettività. Sebbene una sana competizione non guasti mai, perché ci sprona a migliorare le nostre prestazioni, la collaborazione di una moltitudine di persone, che si applicano ben al di sopra del livello standard di menefreghismo, produce effetti che si traducono in una migliore qualità della vita generale.

Se sai che puoi fare di più in termini di onestà, professionalità, affidabilità, esperienza, parola, se sei in grado di mantenere una promessa, se la tua stretta di mano ha ancora un valore, non pensare che sia inutile. L’impegno maggiore di ognuno di noi, o anche solo di molti di noi, si riflette su una società migliore con un ritorno che si diffonde per tutti, anche per te. Se sei in gamba hai bisogno di gente in gamba intorno a te o i tuoi progetti non funzioneranno.

Le persone giuste

Sono ogni giorno sempre più convinto che chi ci sta accanto abbia una grossa, grossissima influenza su di noi ed è coautore-coautrice di un viaggio bellissimo o terribile a seconda che si abbia avuto il coraggio di attendere, trovare, abbracciare… la scelta giusta, o meno.

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Il più bel sorpasso di tutti i (miei) tempi

Rubrica: Letture leggere durante la guerra SARS-COV-2, Narrativa

Titolo o argomento: Istinto da corsa… puro

Intro

Sono sempre stato sfegatato per i motori, facevo follie, lavoravo gratis nelle prime scuderie della mia modesta carriera pur di stare vicino a quei bolidi terra aria, pur di respirare quegli odori puramente racing, pur di ascoltare quei rombi sornioni ai bassi che si trasformavano in un’orchestra di stalloni agli alti regimi di rotazione, quei cambi di marcia borbottanti scoppiettanti, quelle staccate possibili solo con le slick, quel crescendo di accelerazioni decise che ti attraversavano echeggiando nel petto fino a rizzarti i capelli…

Adoravo i test che i proprietari ci facevano condurre la sera (quando il noleggio dell’intero autodromo era più abbordabile) perché durante le staccate si vedevano le scie degli stop arancioni abbinate alle suggestive fiamme degli scarichi… e quei veicoli, quei veicoli speciali, erano per me ancor più speciali perché li assemblavo io all’inizio della settimana che sarebbe sfociata nel weekend di gara.

Pur di stare vicino a quei bolidi lavoravo come tecnico per piloti contro i quali invece avrei preferito correre. Avevo l’istinto da corsa puro, la capacità di imparare rapidamente, nella bagarre operavo chirurgicamente le scelte giuste, seguivo quello che i tecnici esperti mi consigliavano, nei kartdromi facevo un record dietro l’altro, vincevo sfide puramente divertendomi, nemmeno sentivo la pressione (bé sì, al via sì), volevo solo che quel kart scorresse quasi come se ogni curva fosse solo un rettilineo un po’ diverso.

Eppure la mia strada era un’altra, studiai per imparare sul serio, non a memoria, studiai per ricercare, per costruire, per cambiare tante cose della mia vita e della vita dei miei cari. Feci cose interessanti di Matematica e di Fisica, di Ingegneria e di Impresa, tutto un altro settore, tutto l’opposto di quanto si è soliti osservare con i piloti che, spesso, non si prendono più di tanto nemmeno con l’Italiano, eppure…

Il sorpasso più bello di tutti i (miei) tempi

2004, Kartdromo internazionale di Corridonia, gara universitaria di endurance da 2 ore, 48 avvoltoi in pista, gara riservata solamente ai non tesserati (aci-csai). In qualifica non avevo ottenuto granché, partivo da metà schieramento, questa pista, però, la adoravo…

Scatta il semaforo, prima curva in pieno nonostante lo gomme fredde, seconda curva in pieno, sto sbagliando, terza curva… testacoda e tutto il gruppo mi sfila avanti. Riparto ultimo e sarà un crescendo di sorpassi da pelle d’oca, con l’elettricità che scocca lungo il corpo. Sorpasso dopo sorpasso raggiungo il terzo e il secondo, voglio proiettarmi all’inseguimento del primo ma la situazione è complicata, sto perdendo molto tempo, i kart sono alla pari, la differenza la fa solo la resa della guida, il pubblico inizia ad appassionarsi alla mia rimonta e comincia a scattarmi delle foto.

Dopo alcuni giri dietro al secondo e terzo decido di improvvisare. Ultime curve prima di chiudere l’ennesimo giro, voglio andar via, lo so che posso prendere il primo se non accumulo troppo ritardo… poi una scintilla, un’idea, l’istinto, vedo il cordolo e… decido di usarlo come trampolino per mettere il kart su due ruote e riuscire a passare in uno spazio ristretto, l’impresa funziona e, alla staccata che dà sul rettilineo prima di quello del traguardo, entro in pieno senza frenare, contando solo sull’aderenza di due gomme. Il kart si solleva molto, il pubblico va in delirio, mi scattano una foto ma perdono quell’attimo e colgono la fase di atterraggio. Passati! Il secondo e il terzo sono passati! Rettilineo breve, rettilineo principale… ora ho via libera. Inarco una serie di giri veloci segnando il record della pista ma… nulla da fare, ormai il primo era troppo lontano. Si scoprirà poi che il primo era tesserato aci-csai e il suo primo posto non era valido.

Ma la questione del primo posto passò in secondo piano, fu la gara più emozionante della mia vita, con tanto di pubblico felice, sorpassi al cardiopalma e record della pista… non potevo chiedere di più : )

Continua…

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Non ho idea di cosa abbia elaborato la mia mente nel momento antecedente questo scatto. solo pochi centesimi di secondo prima mi trovavo fortemente inclinato con il mio casco che sembrava puntare il pilota accanto a me. come facevo a sapere che non mi sarei ribaltato? non lo so. come fa un calciatore a trovarsi al momento giusto sulla palla? non lo so, ma forse le spiegazioni sono simili. sapevo solo che ce l’avrei fatta…

Un bambino ieri sera

Rubrica: Letture leggere durante la guerra SARS-COV-2, Narrativa

Titolo o argomento: Un attento osservatore

Quello che segue fa parte della mia raccolta di racconti che contengono, a mio modesto giudizio, utili spunti tratti da osservazioni ed esperienze quotidiane che mi incuriosiscono. Lo pubblico qui come una lettura piacevole nella speranza che sia davvero piacevole per il lettore passarci qualche minuto sopra. Ci tengo a precisare che il racconto inizia con “ieri sera” ma si intende in realtà il 20 Agosto 2018.

Raffaele Berardi

Ieri sera sono uscito in moto per andare a prendere un gelato. Finito torno alla moto e trovo un bambino di 3 o 4 anni che se la guardava, probabilmente attratto dal colore e dalla struttura per lui imponente. Salgo in moto, me lo guardo, ha un’aria simpatica, biondo come ero io da piccolo, attento osservatore come ero io da piccolo, con un fare mite, educato e fortemente curioso.

Mi strappa un sorriso di tenerezza, era effettivamente bellissimo. Quando vede che gli sorrido prende il Là e mi fa: “Scusa ma questa è la moto tua?” e io sorridendo “Sì!”. Volevo chiedergli “Ti piace?” ma poi ho pensato che avrei messo in risalto il fatto che lui non ne avesse una, così gli ho chiesto: “Tu ce l’hai la bici?” e lui mi risponde tanto pronto quanto tenero “Sì!”, poi attende un attimo e segue “E tu ce l’hai la bici?”…

Non me l’avesse mai chiesto, ahahah, gli rispondo altrettanto prontamente “Certo! Adoro le bici, lo sai che per guidare bene la moto devi imparare tanto dalla guida della bici?” e lui mi fa un cenno con la testa per dirmi che non lo sapeva. Educato e pure sincero!

Così proseguo “Se impari a guidare bene la bici adesso, vedrai che da grande prenderai una moto che ti piace tanto e la guiderai benissimo!”. Lui, felice e incoraggiato mi guarda le gambe, fissa le ginocchiere da enduro che sono solito portare (visti i capitomboli -se così li vogliamo chiamare dato che in questo racconto si parla di un bambino- che ho fatto in vita mia) e mi dice: “E questi cosa sono?”, ed io: “Sono delle protezioni che mi servono nel caso che cado, perché altrimenti se cado senza mi sbuccio la pelle che batte sull’asfalto, te ti sei mai fatto una sbucciatura in bici, sei mai caduto?” e lui con aria ancora più curiosa di chi riconosce che si sta dicendo qualcosa di importante ma non riesce a cogliere esattamente cosa: “No…”.

Poi, fantastico, top del top, continua a fissarmi le ginocchiere e mi fa, mimando anche le mosse: “Quindi se tu cadi dalla moto e sotto c’è l’asfalto e ci sbatti con le ginocchia così, non ti fai male!” e io estasiato e sorpreso: “Eh esatto, servono proprio a quello!!”. Lui mi guarda con aria di chi ha capito che dovrà fare altre considerazioni in seguito sull’argomento ma ha già intuito molto.

Sembrava soddisfatto della conversazione e continuava a mantenersi gentile, educato e curioso. Semplicemente straordinario… il figlio che chiunque sia fatto come me può sognare…

Poi lo saluto dicendogli che ora devo andare e mi congedo facendogli sentire il rombo del motore che lui ascolta con lo sguardo estasiato e impressionato dalle vibrazioni e da quel rumore grosso, borbottante, tipico del monocilindrico di grossa cilindrata che però, lui non sa, è lento quanto un veicolo industriale al traino.

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Quel rosso che seduce sul ruvido muro pastello

Rubrica: Letture leggere durante la guerra SARS-COV-2, Narrativa

Titolo o argomento: Un affascinante tesoro recuperato gratuitamente da una cantina

La trovai abbandonata in una cantina, priva di cure con le gomme a terra, la polvere che nascondeva il colore e una leggera patina di ossido sulle superifici lucide. La meccanica era in attesa di esser messa in movimento… ebbi la possibilità di prenderla e di portarla a casa.

Emerse un rosso brillante più vivo che mai, il telaio non presentava saldature ma solamente incollaggi mediante adesivi strutturali impiegati per l’aeronautica, la patina di ossido venne via facilmente con un panno leggermente abrasivo, la meccanica si risvegliò non appena disossidata e ingrassata, le gomme si ripresero con un poco d’aria…

Era bella, bellissima, come poteva esser rimasta in una cantina così abbandonata? Ma certo, ci sono i modelli nuovi! I modelli nuovi soppiantano sempre quelli vecchi. Sempre? Qualcuno ha mai dimostrato che il nuovo è sempre migliore del vecchio?

La portai nel centro storico di un paesino a me caro dove avevo visto un muro e una pavimentazione che, nella mia immaginazione, le si addicevano molto. Era l’estate del 2012. Attesi diverso tempo affinché la luce del sole si spostasse nella posizione che immaginavo per lei. Le scattai alcune foto ma nessuna di queste riuscì a descrivere il suo reale fascino…

Le sue grandi ruote lucide, il suo telaio vivo brillante, la sua linea filante, il suono morbido della sua meccanica solida… ogni pedalata decine e decine di metri ascoltando solo la lingua del vento. Superleggera, costruita in una lega d’acciaio altoresistenziale a sezioni sottilissime, resiste persino alle buche della mia città e la sera, quando torno, con il suo carisma arreda la mia camera come nessun altro complemento d’arredo potrebbe.

Semplicemente fantastica e, ancor di più, perché trovata abbandonata in una cantina. Stavano per buttare un tesoro, non capiscono nulla.

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Velocità: dilatazione infinitesimale di ogni istante percepito

Rubrica: Fisicamente, Narrativa

Titolo o argomento: Percezione della velocità

Velocità… potrebbe farti provare il contrario del credo comune.
A bordo succede tutto più lentamente,
secondo la fisica solo di pochi miliardesimi di miliardesimi di secondo,
secondo i miei sensi: un’altra percezione.

Da fuori ti dicono che sei una saetta,
a bordo, invece, tutto accade lentamente.
Il tempo si dilata,
ti permette di inserire ogni passo della tua danza in un piccolo segmento.

Ogni movimento viene eseguito con calma, a tempo,
ma chi guarda è pronto a giurare che ti stai scatenando.
In realtà ogni misura, ogni azione, il minimo gesto, arrivano al momento giusto,
disegnati in anticipo, visti e rivisti fin dai sogni la notte..

Velocità, cambiamento continuo, innovazione di sé, potersi adeguare,
aderire alla realtà del mondo, cambiare al suo stesso ritmo, rivoluzionarsi ogni giorno
affinché il presente non sia una costante ma diventi un futuro variegato, più ricco, più denso.

Velocità, impegni, tantissimi, recuperare il tempo perso quando si è stati stupidi
o privi delle compagnie giuste, della coscienza e della libertà necessarie
per trasformare piccoli grandi progetti, in un crescendo di sogni da realizzare insieme.

Velocità, si ha l’impressione di aver vissuto molto più a lungo ed esser rimasti giovani…
ma ecco che un imprevisto può farti ruzzolare
e render conto di quanto stavi andando forte.

Così la velocità entra indissolubilmente in simbiosi con l’equilibrio, affini,
necessari l’un l’altra per vivere di intensità, di gusto e metter le firme su innumerevoli disegni
affinché oggi sia la struttura che sostenga il nostro domani.

Raffaele

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Avrei potuto inserire una mia foto durante la prova di una moto ad elevate prestazioni, in realtà nulla si addice di più alle parole espresse in questo articolo di un frangente a bordo di un nostro prototipo elettrico. Perché? Prima o poi ve lo mostreremo…

L’Italiano, la Matematica e la Comunicazione visiva

Rubrica: Il fantastico mondo della comunicazione, Narrativa

Titolo o argomento: Il legame tra la lingua italiana, la matematica e la comunicazione visiva

L’Italiano e la Matematica si coniugano trionfalmente nelle espressioni logiche. Il primo ha bisogno della seconda per la formulazione di frasi che abbiano un senso, per l’appunto, logico.
Al contempo la matematica ha bisogno dell’italiano per esprimere i suoi fondamenti, i suoi assunti, le sue ipotesi, le sue dimostrazioni…
I numeri nutrono le espressioni logiche e le lettere le raccontano.
La comunicazione visiva, infine, tramite le arti grafiche, può esprimere queste miscele universali facendo uso delle figure retoriche.
Nuovamente il segno grafico ha bisogno delle lettere e le lettere hanno bisogno di un segno grafico ed entrambi hanno bisogno dei numeri per avere un senso che si esprime attraverso i tre.
Ed ogni cosa è avvolta dentro un codice che fa capo al Creatore dell’Universo… e del codice.

Raffaele Berardi

Di seguito il medesimo elaborato che ho scritto però coniugando testo, logica, grafica e un piccolo tributo all’Identità di Eulero. Appare evidente come la resa sia più piacevole o, quantomeno, di maggiore effetto. A mio avviso la presenza di colori e la fluenza delle linee rende il testo più armonioso, in grado di dislocare il lettore dal monitor ed accompagnarlo in un percorso itinerante da una dimensione di partenza (il luogo fisico ove ha avuto accesso a questo articolo) ad un’altra di sviluppo (dove sta elaborando i pensieri suscitati non solo dal testo ma anche dall’accostamento dei colori, delle ombre, dello sfondo, delle linee arzigogolate, della sua personale fantasia reattiva).

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Dall’atomo di idrogeno all’Universo osservabile viaggiando con un foglio di carta

Rubrica: Cenni di Scienze

Titolo o argomento: Intravedere le proporzioni attraverso un oggetto comune

Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande attraverso un semplice foglio di carta, è possibile. Potete prendere un comune foglio della vostra stampante (formato A4) e compiere una “curiosa astrattezza” che può portarvi in due distinte direzioni, una microscopica, l’altra macroscopica.

L’astrattezza si compone di due azioni (ovviamente quasi puramente mentali, se si esclude un primo avvio totalmente pratico che lascia sorpresi dopo pochi passaggi), una per ogni direzione: la prima, tagliare, per iniziare il percorso microscopico; la seconda, raddoppiare il foglio di carta, per intraprendere il percorso macroscopico. Vedremo poi una variante della prima direzione, piegare anziché tagliare, che contiene curiosità che lasciano di stucco le menti spugnose.

Tagliare

Se decidete di tagliare il foglio di carta (formato A4) a metà, ripetendo l’azione per 30 volte, raggiungerete le dimensioni di un atomo di idrogeno. Il “leggerissimo” problema è che già intorno al decimo taglio incontrerete crescenti difficoltà per cui, più precisamente, al nono taglio una normale forbice potrebbe non essere più adatta. Al decimo taglio inizierete a fare fatica anche con una forbicina per le unghie. All’undicesimo taglio persino con un bisturi per il vinile l’operazione risulterà laboriosa. Tentare oltre con un sistema laser brucerà la carta, con degli abrasivi miscelati in un liquido avrete tutt’altri problemi ma, molto probabilmente, affidandovi alle nanotecnologie avrete modo di trasformare una curiosa astrattezza in un reale prodigio, estremamente laborioso ma possibile, ad esempio attraverso i nanoplotter o la microscopia a scansione.

Raddoppiare

Se invece decidete di raddoppiare il foglio di carta, addizionandolo quindi ad ogni passaggio con un altro uguale a quello appena ottenuto (quindi due fogli A4 vi saranno utili solamente al primo passaggio), vi basterà ripetere l’operazione solo 90 volte per raggiungere le dimensioni dell’Universo osservabile, ovvero le dimensioni di quella porzione di Universo che è indagabile dall’uomo (se si considera la Terra al centro di una sfera l’Universo osservabile ha lo sviluppo del vostro foglio di carta raddoppiato per 90 volte, ma ci si può spingere oltre traslando nello spazio questa sfera di un vettore che ha origine nella Terra e vertice nel luogo raggiungibile dalla sonda che diviene il nuovo centro e spinge oltre l’osservazione).

Il lato più lungo di un foglio A4 misura 29,7 centimetri ovvero 0,297 metri.
Per ottenre 90 raddoppi si eleva il 2 all’esponente 90 (avete bisogno di una calcolatrice scientifica, o di un enorme foglio di carta e una grave forma di autismo) e lo si moltiplica per il lato lungo del foglio A4.

0,297m * (2^90) = 367668191667757941645039894,528 m

Passando dai metri ai chilometri ottengo:
367.668.191.667.757.941.645.039,894528 km
che corrisponde all’ordine di grandezza del foglio A4 raddoppiato 90 volte

Considerando ora che:
1 anno luce vale 9.460.730.472.581 km
L’Universo osservabile misura circa 42 miliardi anni luce

Allora l’Universo osservabile ha una dimensione pari a:
397.350.679.848.402.000.000.000 km
che è dello stesso ordine di grandezza del foglio raddoppiato 90 volte, ovvero:
367.668.191.667.757.941.645.039 km

Piegare

Infine, anche se da un punto di vista prettamente tecnico, un foglio di carta è piegabile solo 7 volte (fate la prova), accadono cose interessanti se ci si propone di nuovo di stuzzicare la mente con la pura teoria non appena raggiunto il limite pratico al settimo passaggio.

Ad ogni piega otterrete un numero di strati di carta doppio rispetto al precedente. Alla piega 0 avete 1 strato di carta (il foglio allo stato iniziale privo di modifiche), alla piega 1 avrete 2 strati di carta, alla piega 2 avrete 4 strati, alla piega 3 avrete 8 strati e così via fino a raggiungere una situazione paradossale enunciata nel finale.  Questo andamento matematico si chiama Progressione Geometrica ed è caratterizzata dal fatto che il “rapporto” (o ragione) tra un numero e il suo precedente è sempre il medesimo.

Tenuto conto di uno spessore di 0,1 millimetri per il foglio di carta preso in analisi, al settimo passaggio avremo ben 128 strati di carta ed uno spessore di 12,8 millimetri. Oltre si va sul teorico e si può quindi avanzare quanto si desidera sino a sconfinare nel paradosso. Sole 42 pieghe di un foglio da 0,1 millimetri di spessore portano a valori pazzeschi, si ottengono infatti 4.000.000.000.000 di strati di carta da 0,1 mm utili a coprire una distanza di poco maggiore rispetto a quella Terra-Luna (che è di circa 380.000 km).
Esercizio per stuzzicare la mente: nonostante il paradosso, se mettessimo in fila le singole molecole di cellulosa che compongono un solo foglio di carta A4 dello spessore di 0,1 millimetri, raggiungeremmo una distanza maggiore o minore? : )

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Il nesso inaspettato tra il consumismo, le passioni e una società debole – Zygmunt Bauman: Amore liquido

Rubrica: Fisica sociale
Titolo o argomento: Recensione del libro “Amore liquido” di Zygumnt Bauman

“Amore liquido” è il titolo di un bellissimo libro del sociologo, filosofo e accademico polacco Zygmunt Bauman. Un libro che può a tratti, solo inizialmente, lasciare interdetti perché è in grado di spiegare la connessione logica tra il mondo del consumismo, delle apparenze, dell’avere senza sforzi… e il mondo dell’Amore vero, del sentimento profondo oltre le emozioni che brillano solo per qualche tempo.

La lettura appare inizialmente difficile (almeno così è stato per me) ma dando fiducia all’autore e proseguendo qualche pagina si riesce a capire che invece è densa di contenuti di gran spessore. Un libro da leggere e rileggere più volte, con calma. Va bene anche solo una pagina al giorno tanti e tali sono i contenuti ricchi di qualità, di unione di temi apparentemente distanti tra loro (come il consumismo e l’Amore) ma in realtà così vicini ed in grado di influenzarsi anche negativamente a vicenda se ci si abbandona all’illusione di una vita facile, quindi povera di passione e di lotte che fanno crescere.

E’ naturale non condividere proprio tutto quanto espresso dall’autore, è naturale leggerlo con senso critico (mai fidarsi di un libro solo perché è tale) ed è naturale farsi una bella passeggiata e pensarci su perché… sebbene sia scritto in modo “complesso” e inizialmente poco intuitivo, si avvicina notevolmente alla realtà e la sgrida e la beffeggia con le armi di una cultura ampia, tonica, osservabile da ogni angolazione.

Di seguito un passo:

“E così è infatti, in una cultura consumistica come la nostra che predilige prodotti pronti per l’uso, soluzioni rapide, soddisfazione immediata, risultati senza troppa fatica, ricette infallibili, assicurazione contro tutti i rischi e garanzie del tipo «soddisfatto o rimborsato». Quella di imparare l’arte di amare è la promessa (falsa ingannevole, ma che si spera ardentemente essere vera) di rendere l’«esperienza dell’amore» simile ad altre merci, che attira e seduce sbandierando tutte queste qualità e promettendo soddisfazioni immediate e risultati senza sforzi.”

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