La continua lotta contro il sistema Italia: La qualità della vita

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli

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Stress in aumento, disordini alimentari, problemi cardiovascolari, scarsa possibilità di dedicarsi ai rapporti umani, aumento dei divorzi, minori nascite, figli più trasandati, la memoria storica collettiva breve… Poche ore da dedicare a sé stessi, persone sotto sforzo come muli da traino, non c’è mai un attimo per riflettere, per fermarci e renderci conto di come sta volando il tempo senza che realmente abbiamo apportato qualcosa di bello a noi stessi. La felicità è fittizia sui social network dove un gelato preso con gli amici viene risaltato da appositi filtri fotografici per farlo sembrare un film.

Poi quegli amici parlano di un disagio, magari gli rispondiamo solo “Eh succede, che ci vuoi fare?” e dopo pochi secondi torniamo tutti a dire cretinate per non pensare a quel che ci fa male o che temiamo. Abituati, istruiti che esternare qualcosa di triste (certo non 24 ore su 24, mi riferisco ad un possibile e comprensibile periodo no) può allontanare le persone da noi. Bisogna essere felici, sempre, anche quando non lo siamo, la società, sostengono gli “esperti” della comunicazione, vuole così. Sorridenti, attrattivi, carismatici, guai a voler lavorare sul nostro intimo profondo, guai ad evolverci, guai ad innovare e lasciare gli ormeggi del “faccio anche io quello che fanno tutti intorno a me”, guai a desiderare qualcosa di realmente importante nella nostra vita. Vuoi mettere parlare del nuovo telefono o del suv o della vacanza low cost alle falde del chi l’ha già mangiato?

E’ un po’ questo il quadro generale che ho intorno, non vedo quasi nessuno realmente felice. Negli ultimi anni, di circa 10 amici che si sono sposati ben 7 si sono separati o hanno divorziato in un intervallo compreso tra i 2 ed i 5 anni dopo il matrimonio (non di rado stanno meglio quelli che convivono perché semplicemente si impegnano di più sentendosi prede di un più facile abbandono). Ovviamente quasi tutti con bimbi piccoli che stanno patendo le pene dell’inferno. Dei rimanenti solo 1 o 2 danno l’idea di avere un rapporto veramente solido. La differenza tra i due gruppi sta tutta prevalentemente in una sola cosa, la comprensione, pochi hanno la fortuna di riceverne. Facile a dirsi osservando dall’esterno, più difficile a farsi, ne convengo con chi lo sta già pensando.

Tutti rapiti dal lavoro, dagli straordinari, occasioni di arrotondamenti, slanci di carriera, tutti con pochi momenti da dedicare realmente a sé stessi (sono stato così anche io), quei pochi momenti che, se per qualche circostanza sfavorevole vanno male, fanno già pensare che il rapporto sia logoro e immeritevole di cure e attenzioni (basta così poco?). Ma, soprattutto, tutti assillati da un mostro terribile chiamato “mutuo”. Ci si arriva ad annullare pur di riuscire in uno schema classico che è diventato:

Titolo di studio,
matrimonio entro 27-30 anni,
mutuo,
aiutino per inserirci dentro il SUV,
sacrifici spasmodici per riuscire anche se la corrente va in un’altra direzione,
annullamento di sé stessi,
scarsa volontà di capirsi,
egocentrismo,
fine rapporto (con la seguente convinzione: se non fai quello che rientra nei miei obiettivi allora non mi ami).

E perché invece non potrebbe essere come segue?

Passione per uno o più temi sviluppati crescendo grazie a genitori che trovavano il tempo di giocare qualche pomeriggio/sera con noi con una bella scatola di LEGO;
virtù della pazienza, saper rischiare, aspettare di trovare la persona ideale pur con tutti i suoi difetti a bilanciare le sue singolari qualità;
l’unione fa la forza per l’acquisto di una mezza casetta e l’altra metà… mutuo leggero;
auto vecchia (perché no… magari d’epoca) con una bella riverniciatura fiammante (atteggiamento ribelle, rock, provocatorio);
una pista da ballo, un viaggio in bici per il mondo;
desiderio di conoscere e capire chi ci sta vicino;
dedizione;
vivere la vita…

Sono sicuro che quanto ho scritto ora può apparire persino assurdo ma… ho le prove che esiste 🙂 Qualcosa ci sta abituando che i rapporti umani si gestiscano dall’equivalente di un pannello di controllo con qualche click settando solo le impostazioni che noi vogliamo imperativamente. Tutti pronti a dire che non è vero, sicuro, ma alla fin fine quanti hanno la fortuna di esser meno stressati o riescono comunque ad esser più disponibili e desiderosi di dedicarsi al rapporto umano che sia nella coppia, nelle vere amicizie, nel lavoro, con i figli? La verità è che corriamo troppo dietro ad altro e questo altro ci prende tutto il tempo e, spesso, quando ce ne rendiamo conto… è troppo tardi.

Che si tratti di una relazione sentimentale o dei propri figli, non si può pretendere un insieme di funzioni dal partner al fine di realizzare un quadretto omologato o esigere figli in gamba lasciandoli giornate intere davanti alla console di gioco purché non ci disturbino mentre siamo intenti a rincorrere qualcosa che forse nemmeno c’è.

Una semplice proposta

Quindi che fare? Il mio modesto pensiero, che non vuole essere assolutamente una massima ma solo e realmente un modesto pensiero, è: “Rinuncia a qualcosa”. Ho come la sensazione che rinunciando a qualcosa di noi stessi (qualcosa, non tutto, non mi riferisco all’annullarsi, più ad una ricerca di equilibrio e parità) possiamo fare molto di più di quanto crediamo e toglierci soddisfazioni inaspettate.

Conclusione

Il fatto è che chi doveva distruggere l’economia c’è riuscito, chi doveva operare in modo opportunistico ha avuto successo, anche con una certa facilità, gestendo la Leva del potere (vedi in basso i Link correlati: La leva del potere). Dobbiamo ormai riconoscerlo anche se, certo, è nobile la caperbietà che contraddistingue gli italiani. In realtà l’apprezzo molto ed è motivante. Ma mi chiedo quale sia il vero limite che non dovremmo superare, quand’è che non vale più la pena combattere contro un mostro silente e invisibile che percepiamo ma non riusciamo ad afferrare? Dov’è il punto di equilibrio in cui, sì, facciamo del nostro meglio ma non lasciamo alla deriva le persone a noi care? A cosa possiamo rinunciare e a cosa non dovremmo mai rinunciare? Cosa tramanderemo nel futuro (vedi in basso i Link correlati: Problemi intergenerazionali di comunicazione) se non abbiamo mai tempo di comunicare perché intenti a correre dietro a schemi preimpostati? Rinunciare a qualcosa può esser utile affinché non ci proiettiamo in un futuro di stupidi gestiti come marionette dagli stessi opportunisti che hanno fatto crollare il valore del nostro lavoro, della nostra casa, della nostra vita, oppure l’hanno reso troppo costoso al momento sbagliato?

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Giocare con i figli

Si lasciano troppo spesso con i nonni, con una babysitter, o davanti una console di gioco… poi la società cambia e non capiamo perché. Basta dedicargli del tempo per cambiare il mondo, sono le figure di domani, i professionisti, i medici, gli ingegneri, i tecnici, gli artisti, gli atleti, i “gestori del potere”… in un modo o nell’altro avranno la loro influenza sul futuro.
Image’s copyright: familytimes.biz

Le aspettative dei giovani

Da ragazzi a pesci il percorso è breve

Avete presente quelle immagini nei documentari dove si vedono una molteplicità di pesci muoversi insieme in una direzione e poi, al primo pericolo, cambiare direzione tutti insieme?

Ecco noi giovani siamo più o meno così. Da un pò di anni vi è il fenomeno dell’università di massa. Se i compagni di classe decidono di andare all’università, in molti casi anche a noi sorge il dubbio e ci buttiamo a seguire gli amici. Il bello è che magari, di quello che andiamo a studiare, non ce ne importa nulla. Oltretutto si fa pure parecchia fatica. L’obiettivo è quello di un pezzo di carta per non essere da meno degli altri e, cosa peggiore, la credenza che così si faranno un mucchio di soldi*. Fino a circa 10 anni fa il fenomeno era esattamente inverso. Si vedevamo più spesso i nostri compagni di classe** lasciare gli studi alle superiori per andare a “fare il mestiere”. L’idea stimolava anche altri che aspettavano lo spunto giusto da seguire o che nutrivano incertezze o che pensavano che il mestiere rendesse loro di più.

In sostanza seguiamo poco quello che ci piace realmente fare e seguiamo molto quello che sceglie di fare la collettività. Quasi fosse una garanzia. Come a dire che se lo fanno gli altri…

Ma cosa ne sa la massa delle vostre necessità? Credete veramente che con tutta la gente che ad esempio si iscrive ad ingegneria, gli stipendi poi saranno di chissà quanto? Un ingegnere che non ha particolari competenze, capacità, conoscenze, non guadagna molto di più di una persona che fa un normale mestiere senza alcun titolo di studio… anzi  in molti casi  guadagna anche meno (o non trova proprio lavoro).

Le persone con più “carattere” sono, come in tutte le specialità, una minoranza. Sono quelli che vanno a fare il falegname dopo aver frequentato l’istituto tecnico perchè amano stare davanti ad una fresatrice, un tornio, un materiale da lavorare. Sono quelli che, nonostante la classe sia dedita all’abbandonare gli studi quanto prima, si iscrivono anche da soli ad una facolta che realmente li appassiona.

Non è classificabile come scelta corretta l’andare all’Università dopo il 5° superiore o la scelta del mestiere subito. E’ classificabile come scelta corretta quella che regala a voi il maggior piacere personale (possibilità permettendo ovviamente).

Mi fa davvero una brutta impressione vedere interi gruppi di persone studiare all’università contro voglia cose che letteralmente non gli interessano pensando che con quel pezzo di carta poi…

Dopo quel “poi” invece cosa c’è? Spesso delusione e ramarrico per non aver preso altre strade al momento giusto. Ma vai a saperlo prima. E’ difficile prendere decisioni in particolar modo da giovani; ecco perchè una nazione come l’Italia dovrebbe utilizzare di più il suo tempo per seguire e sostenere i giovani piuttosto che perdersi in una moltitudine di idiozie oggi capeggiate dal gossip e tutte le  intramontabili sciocchezze ad esso legate e per le quali letteralmente si “sprecano” enormi energie.

Io ho scoperto interessanti spunti sulle cose che mi appassionano di più relativamente tardi e, cosa più assurda, non grazie alla scuola e nemmeno all’università; le ho scoperte grazie ad amici stretti ma anche ad amici che in principio ritenevo addirittura antipatici ed insopportabili. Eppure mi davano gli input giusti. Ma mi chiedo: “E se non avessi avuto una simile occasione?” Siate forti delle vostre scelte, dovete contare solo su voi stessi e su chi vi sta vicino.

*Testimonianze reali raccolte durante i miei studi presso l’Università.

**Testimonianze reali raccolte durante gli studi all’Istituto tecnico.

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Sondaggio condotto da “Trendence” sugli studenti

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