Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile: tra Università e incubatori. Parte 3 – La mia esperienza con gli incubatori

Rubrica: Spunti

Titolo o argomento: L’esperienza è il segno…

Questo articolo segue da:
Ancora questionari sull’imprenditoria giovanile… Parte 2 – Problema endemico

Introdotta la differenza tra innovazione e variante di una tecnologia matura, introdotta la rilevanza di una relazione biunivoca tra studenti e Università al fine di personalizzare i percorsi di studi, desidero andare ancora più sul pratico riportando tre inclassificabili esempi concreti di esperienze poco ortodosse che ho vissuto negli ultimi anni. Ci tengo a precisare che se io ho vissuto delle esperienze negative con gli incubatori non vuol dire che tutti siano così, non si può fare di tutta l’erba un fascio o passare sempre da un estremo all’altro (l’equilibrio rimane sempre e comunque la soluzione ideale in assenza di stabilità), tuttavia ci si dovrebbe semplicemente limitare a sfruttare queste testimonianze per essere più preparati nel caso si incontrino persone poco affidabili.

Abbonati ai nostri servizi, avrai di meno…

Una società di incubatori alimentava un nutrito interesse nei miei confronti o, meglio, nei confronti delle mie idee. Sostenevano di potermi aiutare a metterle in pratica con disarmante facilità presentandomi tutta una serie di aziende che non avrebbero esitato ad acquistarle o ad usufruirne in qualche modo. Io dovevo semplicemente fornire le mie idee e pagare un abbonamento mensile in cambio di una serie di promesse e servizi, successivamente si sarebbero presi ulteriori accordi economici sulle occasioni di collaborazione professionale eventualmente intraprese. Sarei poi stato chiamato, come passo successivo in caso di esito positivo di eventuali accordi di collaborazione, a richiedere un finanziamento ipotecando la casa come garanzia (deviando quindi da tutta una serie di premesse iniziali che invece vaneggiavano circa fondi perduti, prestiti basati sull’onore e aiuti vari per i giovani imprenditori senza necessità di garanzie).

Promesse

A fronte di tutto quello che sto per raccontarvi vi erano in cambio delle promesse che avrebbero dovuto conquistare la mia fiducia, promesse nelle quali, quando si è alle prime armi, si crede (o forse, più che altro, si spera) tantissimo ma che, quando ne avete viste di tutti i colori non vi fanno assolutamente né caldo né freddo. Le sciocchezze si commettono sovente in seguito a scatti di euforia privi di controllo, moderazione, maturità, esperienza, ragione e pacatezza, quando si crede nel “colpaccio” insomma. Premesso ciò con estrema freddezza (mi rendo conto, del resto quando vi lanciate da un aereo non desiderate che il vostro paracadute vi racconti favole o barzellette, desiderate semplicemente che si apra e faccia il suo dovere), l’analisi delle promesse è piuttosto semplice ed intuitiva:

Tanto per cominciare vi era ovviamente la promessa di realizzare le idee ed i progetti che avrei esposto, di fornire contatti validi per poter commercializzare prodotti e/o servizi nel breve periodo, di accedere a vari finanziamenti dotati, ognuno nel suo genere, di variegati vantaggi.
Se si hanno davanti dei ragazzi ingenui facili prede prima di tutto dei loro stessi sogni, non è poi così difficile iniziare un discorso proponendo loro tutto ciò che li fa enfatizzare e poi, una volta raggiunto l’orgasmo di onnipotenza, inserire tra le righe cavilli di una pericolosità immane come l’ipoteca sulla casa. Ma non eravamo partiti dai prestiti basati sull’onore? Ma no dai in fondo cosa importa, tanto questo progetto è praticamente fatto! No, affatto. Niente è fatto finché non è veramente concluso, terminato, completato. Acquistate mai qualcosa su internet? Avete visto come funziona? Voi pagate anticipatamente la merce e, solo a pagamento eseguito, si procede al passo successivo: la spedizione. Dubito che troverete qualcuno che consideri la vendita conclusa sulla base di parole.

Si propinava una possibilità di “crescita” annua anche del 200 – 300%.
E’ facile incrementare i guadagni del 200% – 300% nei primi anni specie nei primi due anni in cui il tuo obiettivo è di chiudere i conti in pari o con perdite minime previste. Se ad esempio il primo anno il tuo bilancio è in positivo di soli 1000 Euro (ed in tal caso potresti ritenerti un giovane imprenditore estremamente fortunato) perchè ad esempio hai acquistato due macchinari, hai pagato affitto e bollette, hai arredato almeno in parte il locale, hai pagato la professionalità di collaboratori, tasse, spese extra e quant’altro, ebbene in un simile caso (ripeto considerabile assolutamente positivo) il guadagno anche di soli 3000 Euro netti l’anno successivo rappresenterebbe una crescita del 200%. Ma queste crescite non contano nulla perchè altro non si tratta che di una fase di avvio prima che l’azienda vada a regime (ad esempio 30.000 Euro di utili all’anno). La crescita fino ad arrivare al valore di regime non è considerabile come crescita bensì come avvio o come accelerazione dell’azienda. Se poi invece, una volta raggiunto l’utile che si ipotizza sia quello specifico del settore, siete in grado di andare oltre per la specialità di un vostro prodotto o servizio o per un particolare valore aggiunto, allora potrete affermare di stare crescendo. Questo significa che ci vorranno anni prima di capire il vostro vero potenziale o se invece si tratta di un fuoco di paglia.

Si ostentava la stipulazione di contratti per la fornitura di un numero elevato dei miei prodotti alle aziende X, Y e Z. Si sosteneva che esse avrebbero accettato termini e accordi che le impegnavano ad acquistare un numero minimo (piuttosto alto) di prodotti con cadenza temporale costante per un tot di anni.
In casi come questo è estremamente consigliata la presenza di un vostro legale, affidabile, preciso, pignolo, preparato ed in rapporti di amicizia con voi e la vostra famiglia da diverso tempo (meglio se si tratta di una di quelle persone che ci tengono a far vedere come sono brave e dotate di talento). Come è spiegato più avanti al paragrafo “Come è andata a finire” se io mi fossi buttato a capofitto in una simile attività si sarebbe navigato in acque decisamente pericolose dato che nessuno aveva la benché minima intenzione di mantenere quanto promesso, dato che è sempre bene impostare delle penali per chi si tira indietro, dato che è opportuno tener conto di quale tipo di società abbia costituito il vostro cliente e molto altro…

Servizi

Una delle prime cose che non mi torna è la questione dell’abbonamento mensile. Se realmente riesci a piazzare alcune mie idee e se riesci ad aiutarmi a farle fruttare prendendo così una percentuale su quanto realizzato, per quale ragione ti assicuri un’entrata tramite un abbonamento mensile? Passerà molto tempo prima che si concluda realmente qualcosa? Non verrà mai concluso qualcosa? Vi è necessità di credito immediato fornito da tutti gli aderenti sulla base della matematica delle scommesse? Ovvero si considera sin dal principio che poche saranno le idee realmente piazzabili sulle quali investire e tutti gli altri avranno funzione di piccoli creditori che mantengono attiva l’attività? Onestamente non ne ho idea. In ogni caso l’abbonamento mensile mi avrebbe dato diritto a:

L’utilizzo di una sala conferenze di circa 14 mq con pagamento ad ore in aggiunta all’abbonamento mensile.
Io personalmente dispongo di una sala conferenze riservata di 70 mq, libera 24h su 24, qualsiasi giorno e largamente attrezzata. Perchè dovrei abbonarmi per avere di meno?

La possibilità di utilizzare una piccola stampante 3d di tipo consumer ancora non disponibile presso il laboratorio dello stabile.
Per passione ho acquisito le conoscenze tecniche per costruire autonomamente stampanti 3d sia di piccole che di medie dimensioni a prezzi tutto sommato interessanti. Perchè dovrei abbonarmi per avere di meno?

Colazione omaggio tutte le mattine a base di schifezze confezionate.
Preferisco preparare una colazione sana da consumare a casa con i miei cari mentre chiacchieriamo e ci raccontiamo le nostre giornate, invece di danneggiare l’organismo a pagamento extra.

Una postazione computer con connessione ad internet.
Dispongo di circa 7 postazioni computer (salvo imprevisti), 4 connessioni ad internet, 2 linee telefoniche. Perchè dovrei abbonarmi per avere di meno?

Aria condizionata all’interno dei locali.
Chi non ha oggi in un particolare laboratorio attrezzato l’aria condizionata o, persino, le pompe di calore o impianti fotovoltaici per rinfrescare a pieno regime specie quando c’è il sole forte? Immaginate un tecnico che studia queste cose, ci fa delle ricerche sopra e poi non le ha a disposizione? Ed in ogni caso l’aria condizionata è oramai ovunque, non mi sembra una peculiarità per cui aderire ad un’iniziativa imprenditoriale. Pensate che intere combriccole di adolescenti si incontrano nei centri commerciali d’estate (magari prima di andare al mare) perchè c’è il wi-fi gratuito, l’aria condizionata gratuita ed il parcheggio gratuito… e  senza vincoli contrattuali 🙂

La presenza di alcune hostess assolutamente estranee a qualsiasi tema tecnologico.
Non dispongo di hostess e se ne avessi la necessità, per provocazione, chiamerei tutte signore ultrasettantenni arzille, simpatiche e spiritose. Lo troverei umoristico e virale.

Posto auto (non riservato).
Io non ho un’automobile (la mia forte passione per i motori è tutta per i veicoli da pista, quelli stradali mi interessano marginalmente), uso quella di famiglia per i miei viaggi altrimenti in città mi muovo a bordo dei miei prototipi elettrici o della moto. A cosa mi serve quindi il posto auto? Ma soprattutto… a cosa mi serve spostarmi dal luogo dove faccio le mie ricerche, che raggiungo senza bisogno di automobili (e quindi senza consumi di carburante, bolli, assicurazioni, ecc.), avendo nel tempo ottimizzato quanto più possibile tutto ciò che faccio per poter proseguire il mio percorso formativo/professionale? Perchè quindi dovrei abbonarmi per avere di meno ed aggiungere una serie di spese che ora non ho?

Sì però non vale!

Così potreste obiettare “Sì ma non tutti i giovani studenti dispongono di attrezzature, servizi, luoghi, ecc.!”. E’ vero, da un lato non posso darvi torto, il ragionamento fila ed è corretto, ma se tu incubatore insegui un ragazzo che ha delle idee molto particolari, ha connessioni molto vaste e fa delle cose molto particolari, non puoi pensare che non si sia attrezzato nel tempo in cui le ha maturate. Per fare un esempio pratico prendiamo il caso Blackshape Aircraft. Se due giovani ingegneri talentuosi sono stati in grado di progettare e, una volta ottenuti i finanziamenti, costruire aerei superleggeri monoscocca in carbonio classificati tra i migliori al mondo, tu che fai… per farli entrare nel tuo team gli proponi una connessione ad internet, qualche merendina ed un posto auto? Non sarà più logico pensare che sono già avanti sul loro percorso e che necessitano di ben altro? Quindi, nel massimo rispetto per tutti gli studenti, questa proposta non ha senso (nel mio caso potrei dire che non ha strettamente senso).

Un test improvvisato

Così come non ha senso propormi di fare a pagamento ed in versione light ciò che già faccio da tempo in modo più approfondito ed ottimizzato, non ha senso anche l’esito di un breve test che ho fatto all’incubatore in questione. Costui aveva necessità di alcune stampanti 3d non professionali per l’acquisto delle quali aveva preventivato un limite di spesa. Io personalmente gli ho proposto la costruzione da parte mia di tali stampanti che gli avrei venduto ad una cifra minore di quella da lui preventivata. L’incubatore ha rifiutato la proposta nell’incertezza dimostrando così che non è assolutamente vero che crede in me, che non sa riconoscere un accordo vantaggioso da una bufala, che non è preparato sul tema ed ha timore di commettere errori. Infine ha dimostrato che non sa cogliere vantaggi economici (non è quindi idoneo per proporre a terzi una mia idea o un mio prodotto). Non ho mai visto qualcuno tanto sicuro di sé nel momento in cui ci sono da elargire inglesismi, percentuali e grossi nomi, diventare così tanto insicuro non appena gli si propone di iniziare ad essere concreti.

Come è andata a finire

Abbandonata totalmente ogni ipotesi di collaborare con l’incubatore protagonista di questa esperienza, mi sono interessato di seguire da lontano, mediante i miei canali, gli sviluppi dei passi effettuati dalle aziende da lui citate. Quelle che avrebbero dovuto acquistare le mie idee o i miei prodotti per intenderci. Una di queste, di grandi dimensioni, è praticamente in perenne rischio di collasso finanziario e dubito fortemente che sia attualmente in grado di pagare i suoi fornitori. Inoltre si tratta di un’azienda dotata di ingegneri validi e fin troppo bravi che a mio avviso avrebbe acquistato un mio prodotto per un periodo limitato al fine di smontarlo, studiarlo, fare delle valutazioni e rifarlo autonomamente evitando i costi che comporta il dar vita ad un progetto da zero. L’altra azienda, dalle dimensioni molto più contenute, ha attualmente debiti per oltre 100.000,00 Euro a causa di errate strategie sviluppate proprio con metodi analoghi a quelli proposti dal tale incubatore. Ciò significa che non avrebbe potuto onorare alcun accordo né saldare i pagamenti pattuiti. Inoltre, dato che veniva chiesto inizialmente di sostenere delle spese consistenti al fine di iniziare subito con una grossa produzione*, implicando quindi dei finanziamenti iniziali e la messa in gioco di importanti garanzie, con l’inadempienza di questi partner tecnicamente era possibile perdere la casa.

*Potrei discutere per ore su quanto non sono d’accordo con questo metodo.

Raccontaci le tue idee, qui sono al sicuro…

Altro esempio di opportunismo che vedeva delle note iniziali molto simili a quelle del caso precedente, sulle quali ovviamente non mi ripeto, aggiungeva la possibilità di inserirmi in un gruppo di giovani al fine di effettuare uno scambio di idee giustamente considerato prolifico. Presentata così la cosa sembra assai ragionevole, utile, intelligente e fertile tuttavia la questione è diventata torbida quando è emerso che alcuni di questi giovani sono figli di imprenditori che pur disponendo di aziende dotate di costosi macchinari, deficitano per quanto concerne le doti di innovazione. Si è ipotizzato che questi ragazzi fossero lì con l’intenzione fittizia di aprire una startup; la realtà, probabilmente, è che volevano portare qualche idea gratis a casa da mettere in pratica rapidamente. In effetti è molto difficile dimostrare che qualcuno ha preso una tua idea, e l’ha messa a frutto, per il semplice motivo che è realmente plausibile che due persone possano avere avuto la medesima idea anche se in luoghi o tempi diversi nonostante non siano entrate in contatto. Il consiglio è di tutelarsi proteggendo le proprie idee legalmente e richiedendo la possibilità di stipulare accordi di segretezza (in presenza di vostri testimoni e di vostri legali) prima di dire anche solo A. Inoltre evitate di offrire input (caratteristiche, logiche, metodi, funzionalità, ecc.), durante le ore di laboratorio, su quanto da voi protetto e prendete nota di tutti coloro che prendono parte alle ore di laboratorio con voi per poterne dimostrare la presenza qualora si scoprano un domani fatti simili a quelli appena esposti.

Certo che ti finanziamo!

Questo caso è un tipico caso in stile italiano. I fondi che mi avrebbe concesso lo stato o la comunità europea per i miei progetti non si sarebbero potuti destinare all’acquisto di macchinari perchè la responsabile del finanziamento e dell’incubazione per la mia startup insisteva che io li investissi nel pagamento dell’affitto di un capannone. Ella non voleva che eventuali collaboratori fossero chiamati a raggiungere il mio laboratorio personale anziché un luogo neutrale in quanto, perseverava, non era giusto che si dovessero alzare la mattina per raggiungere un luogo dove io già mi trovavo. ???. Ci voleva quindi un luogo neutro dove mi sarei dovuto recare anche io. Mah… io sono decisamente sconcertato da simili affermazioni. Si scoprì poi, a detta della stessa responsabile in seguito alla richiesta di ulteriori chiarimenti da parte mia, che i capannoni che voleva propormi, con tanta insistenza, erano di proprietà della società (o di soci connessi a quest’ultima) che mi faceva da tramite per ricevere i fondi per le mie idee. Pertanto, alla fin fine, il denaro destinato ai giovani imprenditori, sotto forma di affitto, raggiungeva come destinazione ultima le loro casse. In sostanza mi sarei ritrovato senza macchinari, senza produttività, con un’ipoteca e con un volume di debiti tutto da definire per non esser altro che un vettore per il trasferimento del denaro da una cassa all’altra. Ha senso? Se alla fine devo comunque acquistare io i macchinari e le strumentazioni, tanto vale farlo autonomamente a favore del mio laboratorio, senza ulteriori spese e ipoteche e limando via passaggi, sprechi e rischi inutili. Voi non fareste altrettanto? Si rasenta con quest’ultimo caso il limite dell’assurdo.

Continua…
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Incubare, avviare, startappare… spammare, forzare, ostentare e guastare – Parte 3

Rubrica: Spunti

Titolo o argomento: Osservazioni su metodiche insane

Manie di grandezza

A mio avviso il primo grande errore che si tende a commettere, nel seguire chi avvia una nuova impresa, è quello di trattare una nuova azienda, piccola e affamata di gloria ma non più consistente di una piantina appena coltivata, come una grande azienda presente sul mercato da decenni con un bagaglio di esperienza notevole e grandi giri d’affari. Sono numerosi i “consiglieri” che tentano in tutti i modi di farti “tirare a freddo” senza considerare minimamente quanto sia facile rompere il velo d’olio e grippare. Oltretutto il mito delle grandi aziende è, secondo il mio modesto parere, una sciocchezza. Non c’è bisogno per forza di essere enormi, mastodontici, profondamente articolati e complessi da gestire per essere grandi. Cercate la grandezza nella semplicità. Semplicità significa un’organizzazione snella, efficiente, logica con minime possibilità di errore (specie sulle leggi che vanno ad “interpretazione”) ed una “manegevolezza innata” nel momento dei cambi di direzione operati seguendo l’evoluzione dei mercati e della domanda collettiva.

Quindi, tradotto in termini meno retorici, giusto per fare un esempio, se qualche folle inizia a dirvi che dovete inserire nella vostra azienda l’ufficio del Customer care, l’ufficio Marketing, l’ufficio delle Relazioni con Tizio e Caio, l’ufficio del Project Management, e così via, e se siete dei “rookie” neolaureati, recatevi presso la prima buona falegnameria che trovate, acquistate due cavalletti di buon legno, appoggiatevi sopra il vostro buon piano, prendete in mano la vostra matita, il vostro mouse, il vostro strumento, il vostro telefono o quello che sia, osservate bene quello che state progettando e parlate direttamente con i vostri potenziali clienti. Ascoltateli, capiteli e formulate in maniera diretta le vostre idee. Il tutto sempre consci che i vostri interlocutori non stanno nella vostra testa e non potete dare nulla per scontato (a buon intenditor poche parole).

Ma l’esempio potrebbe essere rivolto ad altre aree della vostra attività, ad esempio la produzione. Potreste incontrare chi vi spinge subito verso grandi produzioni, oppure chi vuole occuparsi per voi dell’aspetto manageriale operando secondo la regola del massimo profitto e forzando la vendita verso distributori che inizialmente potrebbero assecondarvi e, successivamente, bloccare le richieste provenienti dalla vostra azienda e rivolte a continui acquisti massivi insostenibili. Un po’ come accade nel circuito delle concessionarie che sono costrette ad acquistare dalla casa madre un tot numero di veicoli al mese e, in un modo o nell’altro, devono riuscire a venderli per scongiurare il possibile fallimento. Il sistema sta in piedi come un castello di carte, basta un alito di vento nella direzione sbagliata e tutto salta.

Anche lo stato persevera nell’errore di non considerare le nuove imprese come un caso a sé, un caso differente. Esso infatti non contempla minimamente l’idea di una pressione fiscale ed una semplificazione incisiva per i primi anni di attività di nuovi imprenditori, giovani o meno che siano (le agevolazioni attuali infatti non sono sufficienti e piuttosto facilmente si dissolvono in qualcosa di utile solo relativamente). Un’attività realmente nuova non può essere considerata al pari di una avviata la quale, sebbene non abbia comunque vita facile, vanta una sicura maggiore esperienza e un consolidamento sul mercato ben differente. Le nuove giovani imprese, vanno considerate piccole, acerbe, fragili, inconsapevoli e vanno trattate, cresciute, seguite e assistite come tali in visione del futuro e della prospettiva di nuova ricchezza che rappresentano. Trattarle con le stesse metodiche delle grandi imprese equivale a creare un potenziale canale di accesso per ulteriori sottrazioni e la conseguente diffusione di un impoverimento generale.

Continua…

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Incubare, avviare, startappare… spammare, forzare, ostentare e guastare

Rubrica: Spunti

Titolo o argomento: Osservazioni su metodiche insane

Esistono tanti modi di avviare (o aiutare ad avviare) un’impresa, così come esistono tanti consulenti, tutor e professionisti che operano con lo scopo di incubare, avviare, startappare. Al di là di ciò che verrà osservato nell’articolo che segue, e nei successivi di questa rubrica, è sempre bene precisare che non si può fare di tutta l’erba un fascio. Come per ogni settore esistono i veri professionisti ed esistono anche quelli che hanno le idee poco chiare, o comunque una preparazione non adeguata, gli opportunisti poi… non mancano mai. Quanto racconterò in questa rubrica che sarà composta da ben 12 articoli è frutto delle esperienze che ho maturato in diversi anni, una serie di impressioni e riflessioni che, come al solito, fungono da spunto per chi si avvicina a questo mondo e da provocazione per chi desidera migliorare questo mondo. Ciò pertanto non rappresenta una definizione assoluta (e ci mancherebbe…) ma una tendenza diffusa. Le eccezioni ci sono sempre, e solitamente sono lì per confermare la regola, i veri professionisti cui affidarsi anche. E’ sufficiente cercare bene ed andare sempre oltre le apparenze e le suggestioni.

Coltivando la piantina

Una pianta si coltiva seguendo un ciclo naturale. Si sceglie la regione più indicata al tipo di pianta, si valuta una buona posizione, si sceglie un buon terreno, lo si prepara, lo si lavora, si innestano i semi, si aggiunge il concime e si alimenta il tutto con luce, acqua e la cura dell’ambiente (ad esempio favorendo lo sviluppo di insetti che si nutrono di dannosi parassiti, sfruttando serre climatizzate laddove necessario, riciclando e producendo compost, ecc.) in attesa che la natura faccia il suo corso. Per l’uomo moderno una simile procedura è pura follia. Egli desidera produttività immediata, cure ridotte al minimo o bypassate attraverso soluzioni artificiose, massima resa ottenuta con archibugi chimici anche in condizioni sfavorevoli, sviluppo soprannaturale spinto da ormoni della crescita e risultati sempre e costantemente migliori, costi quel che costi (alla qualità…). In linea generale non si contempla la possibilità di alti e bassi, la possibilità di passi graduali volti a studiare al dettaglio le dinamiche che si stanno evolvendo, volti a dare risposte razionali su ciò che accade ed i relativi perchè, la possibilità di osservare ciò che muta e perchè. Il must dei risultati subito, grandi e veloci porta i più ingenui, così come i più golosi, nella trama di una tela dalla quale si rischia proprio di non potersi più liberare: l’imprenditoria omologata moderna e la filosofia della crescita costante e continua. Il rischio principale è quello di ottenere subito un risultato sfavillante, quasi insperato, e altrettanto velocemente clamorosi fallimenti da attacchi depressivi nel periodo immediatamente successivo.

Continua…

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