Dietro le limitazioni evolutive della F1: dai diffusori della Brawn GP agli scarichi soffiati della Red Bull Racing

Rubrica: Curiosità della tecnica da corsa

Titolo o argomento: Questione di soffi
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Dietro le limitazioni evolutive della F1
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Il diffusore della Brawn GP.

Fu oggetto di molteplici controversie nella stagione 2009, esso presentava alla base dell’estrattore una sagomatura centrale che nascondeva due aperture simmetriche. Tali aperture avevano il compito di ridurre i disturbi legati al salto di pressione che si verifica a valle delle ruote motrici. I flussi d’aria, che avvolgevano la zona laterale bassa ed inferiore delle pance della monoposto, trovavano così uno sfogo attraverso il quale, per l’effetto d’aspirazione dell’estrattore, raggiungevano il fondo della vettura migliorando la fluidodinamica dell’ala posteriore, offrendo una minore resistenza all’avanzamento, una maggiore stabilità e permettendo così alla vettura di raggiungere velocità più elevate in curva. Il progetto sfruttava una falla presente nel regolamento del 2009.

Le connessioni tecniche “motore-aerodinamica”: gli scarichi soffiati.

Vi è poi un curioso caso in cui l’interazione tra la gestione del motore e l’aerodinamica può generare particolari effetti che migliorano la stabilità del veicolo, stiamo parlando degli “scarichi soffiati”. L’idea ebbe origine nel 1983 (anno di introduzione del “fondo piatto”) in seguito al divieto di realizzare vetture con struttura ad ala rovesciata e minigonne: i tubi di scarico terminavano il loro percorso nei profili estrattori. Lo scopo era quello di far soffiare i gas di scarico lungo una superficie deportante al fine di garantire una maggiore stabilità del veicolo e quindi una maggiore velocità di percorrenza delle curve. I gas di scarico di una Formula Uno, infatti, alla sorprendente velocità di 400 km/h (dato stimato), cedono energia cinetica al flusso d’aria che percorre il fondo della vettura in direzione diffusori. Agli esordi, però, il carico aerodinamico aggiuntivo che si veniva a generare, era oltremodo discontinuo e gli effetti erano positivi solo quando il motore si trovava in prossimità delle condizioni di pieno carico. L’ingresso curva risultava penalizzato non essendovi alcuna azione sull’acceleratore ed i piloti trovavano questa soluzione alquanto disorientante. L’idea comunque non fu abbandonata e, negli anni a seguire, andò incontro ad ulteriori sviluppi. In particolar modo, nelle ultime due stagioni, la Red Bull, tramite opportune post combustioni che hanno luogo all’interno dei collettori di scarico, è riuscita a generare un flusso di gas di scarico verso i diffusori anche in fase di rilascio limitando la differenza di carico aerodinamico tra le situazioni di accelerazione e di decelerazione. Un’abile mossa, che sfruttata in qualifica, ha permesso al giovane plurititolato Sebastian Vettel di partire quasi costantemente in pole position. L’idea è stata ripresa anche dai team avversari ma con scarsi risultati; non è poi così azzardato ipotizzare che l’intero progetto di Adrian Newey sia stato ideato in funzione di questa soluzione tecnica. Nonostante la soluzione non comporti particolari rischi per la sicurezza (la vettura, così modellata, non può essere definita una “costruzione pericolosa”) la FIA ha preferito bandirla dal regolamento. Viene da sé il pensiero che, privare una squadra, relativamente giovane ed assetata di vittorie come la Red Bull, di un suo strumento vincente, possa essere una astuzia per mescolare le carte in tavola offrendo un campionato più curioso. Il business non ha sentimenti e non prova affetto per chi realizza soluzioni che premiano a lungo una sola squadra causando eccessive difficoltà per i rivali. La superiorità della Red Bull, nelle stagioni 2010-’11, è stata tale da portare gli appassionati a dare per scontata la vittoria anche nel mondiale 2012 ma, in Formula Uno si sa, nulla deve esser dato per scontato.

Scarichi soffiati Red Bull Racing

Image’s copyright: MASMAN Communications

Dietro le limitazioni evolutive della F1

Rubrica: Curiosità della tecnica da corsa

Titolo o argomento: Il regolamento e le limitazioni evolutive della F1

Se immaginiamo la Formula Uno come un’arena, i piloti come gladiatori e le vetture più performanti al mondo come delle belve affamate di asfalto, è facile immaginare quanto i regolamenti possano influenzare lo spettacolo ed il gradimento degli spettatori. Operando variazioni regolamentari è possibile mescolare le carte in tavola e ribaltare situazioni favorevoli per taluni team e sfavorevoli per altri. La ricerca del soddisfacimento degli spettatori, che alimentano un business miliardario, pone quindi in evidenza la questione di effettuare opportune variazioni regolamentari affinché ogni team si dedichi a trovare la soluzione migliore ad ogni problema nel minor tempo possibile. Gli effetti riscontrati sono ottimi soprattutto se si pensa che il pubblico, rassegnato nel vedere meno spettacolo che in passato, segue comunque le gare con la curiosità di sapere chi riuscirà a prevalere sugli avversari. La Formula Uno comunque, a differenza degli spettacoli dell’antica Roma, è una realtà civilizzata ed oltremodo evoluta ragione per cui non tutti i divieti, e le limitazioni subentrate dal 1948 (anno di nascita della massima categoria automobilistica), sono stati sviluppati per ribaltare situazioni di possibile monotonia, bensì anche per conferire la priorità ad un tema risultato dominante in particolar modo dopo i tragici incidenti degli anni ’60, la sicurezza. Le pagine dei regolamenti di decenni di stagioni di Formula Uno sono colme di voci che normalizzano la realizzazione di ogni singola parte della vettura in funzione della sicurezza che ne deriva per il pilota (e per gli spettatori presenti sulle tribune). Al contrario le pagine degli annuari di analisi tecnica delle monoposto sono colme di nostalgiche immagini di soluzioni ingegneristiche di rilievo puntualmente limitate o abolite. Questo perchè la FIA, in seguito all’enorme esperienza maturata, definisce “costruzione pericolosa” una monoposto in grado di raggiungere eccessive velocità di percorrenza in curva. Nonostante i tracciati più moderni degli ultimi anni siano caratterizzati da grandi vie di fuga, chi regolamenta il circus deve tener conto della presenza, in calendario, di tracciati con scarse, se non assenti, vie di fuga. Prima degli anni ’60 il regolamento della Formula Uno si basava su due soli canoni, regolamentare la costruzione delle monoposto sia a vantaggio della tecnica, per stimolare la ricerca di nuove soluzioni, sia a vantaggio dello sport, cercando di offrire ai piloti mezzi il più possibile equivalenti. Solo in seguito il regolamento incontrò una espansione via via crescente delle norme ponendo una rigorosa attenzione nel definire e limitare ogni minimo dettaglio che potesse influenzare il limite delle prestazioni e, di conseguenza, la sicurezza. Oggi il regolamento della F1 si basa su molti più temi che in passato. Il primo, neanche a dirlo, è proprio il tema della sicurezza seguito dall’imparzialità, la conservazione dei nomi storici (squadre, costruttori, aziende coinvolte), la riduzione dei costi ed il divertimento da assicurare al pubblico. Vediamo di seguito alcuni esempi storici di divieti nati in seguito a clamorose evoluzioni tecniche.

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Attenzione: la versione integrale del mio articolo relativo al regolamento ed alle limitazioni evolutive della F1, è stata pubblicata sulla rivista di divulgazione scientifica Newton (numero di Aprile 2012) il cui sito web è: www.newtonline.it. Chi desidera ordinare un numero arretrato può contattare il servizio abbonamenti di Newton al numero: 02-76391923.

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Newton Cover 04/12. Image’s copyright: Ri.Do Servizi Editorali.