Ti senti al sicuro in Italia?

Rubrica: Crisi, osservazioni e riflessioni

Titolo o argomento: Restare e fermarsi o partire in tutti i sensi?

Ti senti al sicuro in Italia? Io personalmente non sento al sicuro i miei progetti, le mie ricerche, il mio futuro e persino la possibilità di formare una famiglia che sia tale a 360 gradi. Credo che quando una persona riesce a sentirsi più a suo agio in uno stato estero dove, in fin dei conti, non conosce nulla a partire dai meccanismi sociali fino alle persone, le abitudini, le regole, il quotidiano… beh allora significa che la situazione nello stato d’origine può essere considerata davvero in via di regresso. Ogni passo compiuto in avanti sembra un passo verso l’involuzione, la degenerazione.

In Italia non c’è differenza di potenziale, il motore si è fermato, la situazione è al pari di una batteria che ha subìto una profonda scarica e forti maltrattamenti. Difficilmente ricaricandola riuscirà a raggiungere la tensione massima e l’autonomia che raggiungeva nelle migliori condizioni. Insomma non c’è più modo di accumulare le cariche necessarie per mettere in moto il meccanismo per un tempo debito. L’unico modo per andare avanti richiede di cambiare batteria.

Quando inizi a renderti conto che il ruolo che è stato scelto per l’Italia nel mondo non è quello dedito al progresso, alla ricerca, alla reale evoluzione tecnologica che, vi ricordo, non è uno smartphone o una consolle di gioco, quando per benessere non si intende lo stato di buona salute fisica e psichica (felicità), la prosperità economica in direzione di una meritata agiatezza dopolavoro, ma l’avere la tv satellitare, l’ultima utilitaria alla moda e la possibilità di giocare settimanalmente a “matematicamente invani” tentativi di fortuna, allora capisci che la tua nazione è stata deturpata, violentata, torturata e che, se anche poteva dare di più, è quasi impossibile che superi il trauma.

Certo a men che il suo tessuto non si ricambi con nuovi giovani pieni di principi e desiderio di “fare” non strettamente legato alla propria sete di ricchezza e benessere ma ad una sete collettiva di sforzi di squadra. Così si può sperare in noi giovani e nei giovani che verranno ma… quali giovani verranno se noi giovani non riusciamo a formare famiglie ed avere dei figli?

L’Italia è come una supercar nelle mani di chi non se la può permettere, il serbatoio è quasi vuoto e, anche se ci si ferma a fare rifornimento, con i pochi spiccioli a disposizione (raccolti a gran fatica da tutti gli italiani) si farà giusto in tempo a riaccendere il motore per fermarsi pochi metri più avanti, ancora una volta, ancora prima.

L’Italia è il luogo dove chi amministra la nazione fa battute comiche, i comici fanno informazione e le trasmissioni televisive, talvolta condotte da soubrette, si occupano di truffe, scandali, ingiustizie e quant’altro. Un po’ come se vi sposaste in accappatoio, andaste a nuoto in doppiopetto e cambiaste l’olio all’auto in tuta da sci.

L’Italia sembra un ufficio dove si portano avanti investimenti temerari e variegate speculazioni finanziarie alle quali il cittadino è chiamato a partecipare passivamente, in primo luogo come finanziatore obbligato e, successivamente, come impiccio da mantenere inerte.

E così si batte sempre e solo sul lavoro nero, che comunque è senza dubbio un male, ma si decentra il discorso da tanti altri veri mali, che non possono essere ignorati, quali la cattiva gestione del paese, i cattivi investimenti effettuati, gli sprechi, il denaro mal gestito, il denaro indebitamente sottratto, tutto ciò che è rimasto nell’incompiuto dalle opere pubbliche ai progetti che portano i vari settori di una nazione (istruzione, ricerca, sanità, comunicazioni, energia, ecc.) verso lo sviluppo. Sempre a battere solo sul lavoro nero quasi come se questo fosse venuto da sé ma, in fondo, quale italiano avrebbe mai avuto voglia di lavorare in nero se fosse stato ben servito dal suo stato? La costituzione italiana va rispettata, le tasse devono offrire un ritorno nei servizi e non costituire un assorbimento senza resa per tamponare, finché è possibile, gli altrui errori. Gli articoli della costituzione italiana andrebbero rispettati con devozione e non dimenticati, sviati quasi fingendo di non averli visti.

Il sentimento più naturale che dovrei provare dovrebbe essere quello di rimanere in Italia quasi come se non ne potessi fare a meno, quasi come se l’andar via dovesse essere un dolore… invece io non vedo l’ora di essere fuori da una realtà che non sento appartenermi e che dà importanza all’opportunismo e alla furbizia, al gioco, alle donne di dubbia fama, ai privilegi, ai beni che possono essere ottenuti con il potere, alle apparenze e all’apparire, alla sensazione di potere, ai lussi ed alle comodità più sfrenate, ai sotterfugi, alle distrazioni, ai distoglimenti dell’attenzione per occuparsi di altro e all’uso inadeguato delle parole della lingua più bella del mondo affinché si creda che il benessere, il lavoro, l’istruzione, l’Università, la ricerca, la salute, l’autonomia, lo sviluppo, la produzione, la filiera corta, i prodotti della terra, la casa, i trasporti, l’energia, i servizi pubblici, l’arte e tutto quello che impropriamente ho omesso, siano altro.

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