Non puoi inventare ciò che non esiste

Rubrica: Invenzioni
Titolo o argomento: Cosa c’è dietro la famosa lampadina che si accende?

In realtà le cose non si inventano, le cose si scoprono, si intuiscono, si deducono, si trasformano, si applicano. Esse già esistono e aspettano solo che una vostra percezione le riconosca perchè l’uomo non può inventare qualcosa che non sia già esistente. Se così fosse potrebbe concepire logiche non esistenti in questo Universo e applicarle nonché dimostrarle (ma questo in matematica è definito un assurdo). In realtà quella che chiamiamo creatività altro non è che la capacità di effettuare connessioni logiche, sinaptiche, deduttive.

Pensare che la struttura scheletrica di un animale possa essere replicata nell’architettura di un edificio o di una struttura robotica è ad esempio Biomimetica, comunque non un’invenzione. Piuttosto l’intuizione che una geometria sia utile allo stesso scopo anche in contesti differenti.

Accorgersi che gli alveari hanno una struttura esagonale ripetitiva per un risparmio di materiale altrimenti impossibile con moduli quadrati o circolari, non significa inventare l’honeycomb impiegato con successo nell’aeronautica, nel motorsport o negli arredamenti in cartone, significa più che altro applicare una regola della natura, una tra le tante che rende ad esempio possibile la vita sulla terra o che con tali regole interagisce.

Una centrale nucleare (mi si conceda la rozza comparazione tanto per esser spicciolo) altro non è che una replica semplificata ed in piccolo del comportamento di una stella.

Esasperare le linee caratteristiche dell’uomo anche andando contro il senso dell’utilità concepito dalla natura non significa inventare un personaggio dei fumetti, un mostro, significa concepire l’uomo estremizzandolo al punto da generare una suggestione in chi ne osserva il risultato.

Progettare un nuovo dispositivo elettronico significa sempre sfruttare le leggi della fisica per trarne un’utilità che estenda capacità umane già esisteni. Il telefono con la fotocamera non è un’invenzione ma un prolungamento di una logica già esistente in natura: l’occhio vede una scena, un oggetto, una situazione ed il cervello la elabora e la memorizza. Inventare il primo telefono significa estendere un concetto già esistente per l’uomo, la comunicazione verbale, sfruttando leggi fisiche (già esistenti) che possono essere impiegate con successo nell’ambito di innumerevoli applicazioni.

Per qualunque invenzione proviate ad applicare questo concetto, vi accorgerete che alla radice vi è sempre un “codice sorgente” già esistente in natura e nell’universo che l’uomo, semplicemente, impara ad utilizzare, magari con maestria, ma mai con totale possesso. Solo se si riuscisse a realizzare qualcosa che non sia intimamente collegato al “già esistente” si potrebbe pensare di aver inventato qualcosa, ma per quanto mi sia sforzato di cercare esempi di qualcosa che non sia direttamente (o indirettamente) riconducibile a quanto abbiamo già trovato dopo esser entrati a far parte di questo mondo, un esito positivo mi risulta assai improbabile. La mia ipotesi è che esiste già tutto, devi solo riuscire a vederlo.

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Come nascono le invenzioni?
Non puoi inventare ciò che non esiste

Imitare la natura

Un sistema di mini-robot chiamato MAB inventato da Adrian Perez Zapata (studente in design
industriale) per Electrolux Design Lab 2013. La sfera si alloggia in un punto a piacere della
casa, in essa sono contenuti centinaia di mini droni che si occupano di pulire ogni angolo
della casa. Il sistema imita gli insetti che in natura vengono sfruttati ad esempio nelle
coltivazioni biologiche per combattere i parassiti.
Image’s copyright: electroluxdesignlab.com

Quando un brevetto non decolla

Rubrica: Sogni il tuo brevetto? | Le domande dei lettori
Titolo o argomento: Brevetti senza ritorno atteso
Risponendo a: Fabio

Fabio scrive (riferendosi all’articolo inerente il brevetto della forcella a parallelogramma De Bei): Non posso che restare ammirato per la passione che ha animato il meraviglioso lavoro di equipe che ha portato alla realizzazione della geniale intuizione del Sig. De Bei. Io sono stato meno fortunato in tal senso il mio brevetto di sospensione a parallelogramma non ha ancora avuto l’attenzione che meriterebbe. Complimenti vivissimi.

Anche la storia del brevetto della sospensione De Bei non ha poi avuto un buon seguito… e questo nonostante all’epoca (tendiamo a pensare) fosse tutto diverso. Oggi non si può più sperare di cedere un brevetto a qualcuno. E’ davvero molto difficile che ciò possa accadere per variegati motivi che sono stati trattati in diversi articoli che si occupano del tema “brevetti” presenti su questo blog (vedi i link correlati in basso). Magari un’idea è ottima nella sua completezza o un ottimo punto di partenza per uno sviluppo di tutto rispetto, ma…

Strategie vincolanti

Oggi purtroppo, o per fortuna, sì brevetta un prodotto solo ed esclusivamente per la tutela legale, più che per la sua concessione/vendita, dopodiché lo si produce autonomamente e lo si fa conoscere al grande pubblico che sarà chiamato a scegliere e a fare valutazioni (con i rischi annessi che comporta dato che, spesso, il grande pubblico non è realmente preparato su un determinato tema ma segue più idee di tendenza; basti pensare a ciò che è successo con il fotovoltaico dove quasi nessuno ha capito i veri motivi per cui dovrebbe essere installato o meno e con quali modalità e tipologie di impianto). E’ per questa ragione che le aziende (anche se non è del tutto detto) hanno qualche possibilità in più di riuscire nell’impresa.
In ogni caso resta sempre il fatto che se brevetti e poi non realizzi e distribuisci ciò che hai brevettato, diverse aziende aspetteranno la scadenza del tuo brevetto per copiarlo senza offrirti un centesimo (a patto che si tratti realmente di un prodotto valido e dotato di potenzialità). Molti non sanno (o non hanno modo di sapere) che tanti grandi nomi, in questi anni, hanno accumulato debiti e perdite talmente grosse che non possono rischiare più e non spendono un solo soldo al di là dei piani già previsti.

Un ostacolo da raggirare

Un tale grande vincolo può portare ad un salvataggio in extremis oppure alla catastrofe totale dell’azienda (la storia insegna che è più facile che si verifichi la seconda evenienza); e mentre questo fenomeno si sparge silenziosamente (per le orecchie del grande pubblico ancora illuso da virali campagne di marketing o nomi storici generanti fissazioni e fanatismo) quasi nessuna azienda ha un solo minuto di tempo per stare a guardare le idee altrui. Se lo fanno non lo fanno nell’ipotesi di comprare ma nell’intento di trovare una via, una soluzione per “avere” senza troppi rischi né ostacoli. Del resto vantano appositi uffici preparati sul tema e pool di legali, specializzati nel trovare falle e cavilli, che un singolo generalmente non si può permettere.

Valutazioni sulla fattibilità, scommesse sul sicuro

Solo chi scommette sul “sicuro” porta a casa un bottino e solitamente lo fa conoscendo in anticipo informazioni che non sono ancora di dominio pubblico. Le storie fortunate basate sull’azzardo sono assai poche. Chi fa “la conoscenza” con un brevetto proposto da un amante della tecnica, dovrà investire tempo e risorse anche solo per capire come sia realmente l’oggetto in questione, i suoi punti di forza, le sue pecche, la sua semplicità di realizzazione, la funzionalità, l’utilità e il vantaggio che può offrire, chi è realmente disposto a farne uso, quanto pagherebbe per usufruirne e così via. Successivamente dovrà investire ulteriori risorse per cercare di svilupparlo e portarlo al livello corretto in cui può funzionare e “potrebbe” raggiungere una determinata fascia di pubblico (non è facile soddisfare tutti e la stragrande maggioranza delle aziende non si illude di farlo scegliendo giustamente un target preciso).
Così il più delle volte, in riunione, il pensiero che prende il sopravvento è legato all’enorme spesa da affrontare anche solo per capire il brevetto; quello successivo invece può, in linea di massima, essere così espresso: “Avevamo altri piani, continuiamo ad investire su quelli già in fase di sviluppo!”. Questo comportamento, tra i più contraddittori ed al centro di numerose critiche da parte di chi ama l’imprenditoria, è quello che va per la maggiore in quanto capace di conferire una sensazione di sicurezza e coscienza pulita anche quando le situazioni iniziano a barcollare.
Del resto è un comportamento spesso errato ma naturale, un po’ come quando l’automobilista medio si “attacca ai freni” durante una manovra di emergenza per la quale l’uso dei freni è sconsigliato al fine di recuperare la stabilità del mezzo… è più forte dei più, tenendo giù il pedale del freno si sentono più sicuri anche se ormai stanno per collidere con un ostacolo. Solo una lezione con un bravo istruttore toglie questo vizio. Non ci sono però istruttori in ambito tecnologico, ognuno con il proprio livello di esperienza arriva dove la mente lo proietta e, se si fa troppo da soli si rischia di non avere sufficienti risorse, se ci si affida troppo agli altri riparte il meccanismo dell’azzardo (e della fiducia… gli opportunisti sono sempre dietro, talvolta affacciati dall’angolo).

La visione distorta del pubblico

Purtroppo la pubblicità offre spesso al pubblico altre visioni di un marchio o di un prodotto e conferisce l’immagine di ciò che si vuol sembrare, o che si vorrebbe essere, piuttosto che di quello che si è. Del resto la pubblicità serve proprio a questo, catturarti facendoti credere che…
Così tante persone creative hanno pensato/sperato che il loro lavoro potesse essere apprezzato in certe realtà, ma troppo pochi ancora comprendono che devono far da soli tutto, dal progetto, allo sviluppo dell’idea, al brevetto, alla realizzazione dello stesso, allo studio e la messa in pratica del metodo di ingresso sul mercato e di distribuzione. Oggi le idee sono necessarie ma non sufficienti, oggi è imperativa la strategia, il contorno, tutto ciò che ruota attorno ad un’idea. Avere solo l’idea, ripeto, purtroppo o per fortuna, è riduttivo per il periodo storico che stiamo attraversando e, forse, lo è stato sempre. Personalmente credo che:

«Chi ha una bella idea è un talento, chi trova il modo di realizzarla è un genio.»

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Forcella a parallelogramma: La storia di un’idea della DEBESS Technologies
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I brevetti con più chance di successo

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Nell’immagine un giornale elettronico che sfrutta la tecnologia E-Ink. Spesso non ci si
pensa (o non lo si crede) ma più è semplice un’idea e più è facile che riscuota successo.
Paradossalmente, poi, le idee più semplici le possiamo realizzare persino da soli se
siamo preparati a fondo su un particolare tema.
Nel prossimo articolo “I brevetti con più chance di successo” analizzeremo come e
perché delle semplici microsfere caricate elettricamente raggiungano un successo
globale mentre un complesso sistema di leveraggi, per quanto utile, rischia di restare
per sempre solo un disegno nel cassetto.
Image’s copyright: www.callways.fr

Come nascono le invenzioni?

Rubrica: Invenzioni
Titolo o argomento: Cosa c’è dietro la famosa lampadina che si accende?

Una scintilla, un colpo di genio, creatività… no, non è così che nasce un’invenzione. Sebbene io usi spesso il termine “creatività”, lo faccio solo per questioni di semplicità e immediatezza nell’esprimere un concetto che nell’ordinario collettivo viene così denotato. In realtà la creatività non esiste, almeno non per l’uomo. Si tratta di un dono proprio solo di Chi ha creato ciò che “è”, l’universo, i pianeti, le stelle, le condizioni per la vita sulla terra, la vegetazione, l’uomo. Ed è proprio quest’ultimo, l’uomo, che non crea. Egli è un abile artigiano che trasforma ciò che già esiste nella sua utilità più o meno indispensabile. L’uomo genera delle connessioni basate sull’esperienza maturata, su studi fatti, su necessità, su risoluzioni di problemi. Dalla sua preparazione, dalle sue conoscenze e dal grado di approfondimento e specializzazione maturato, deriva il successo dell’idea scaturita. A sua volta un’idea è il risultato di una serie di operazioni che la mente ha eseguito, anche inconsciamente, per giungere alla soluzione che, solo apparentemente, arriva come una improvvisa e inaspettata scintilla ma in realtà è molto più calcolata (dal nostro cervello) di quanto noi stessi possiamo immaginare. A mio avviso le invenzioni sono pertanto risultati di connessioni tra temi spesso apparentemente differenti o le cui relazioni/connessioni non sono di visibilità immediata per tutti, almeno non sempre.
Il motivo per cui la maggior parte delle invenzioni sono strampalate e mettono spesso in cattiva luce chi si definisce “inventore”, risiede quindi nel fatto che sono realizzate di frequente da chi non ha una preparazione adeguata sui temi che affronta. Questa banale conclusione dimostra in pieno la tesi precedentemente esposta e ci porta alla conclusione che un’invenzione realizzata senza basi è opera di una logica più fantasiosa e artefatta che razionale e deterministica, ed il risultato non può che essere claudicante a men che la “casualità” non porti a scoperte inaspettate.

Invenzioni...

Metodologia TRIZ – Teoria per la soluzione dei problemi inventivi

Rubrica: Che cos’è?

Titolo o argomento: Per inventare ci vuole “metodo”

Trattasi di un metodo che allo stesso tempo è sia euristico, ovvero un metodo basato sull’intuito e sulle circostanze, sia costituito da un insieme di strumenti ben precisi.  Genrich Saulovich Altshuller (Russia 1926-1998) sviluppò tale metodo con l’obiettivo di catturare il processo creativo tecnico e tecnologico, codificarlo e renderlo così ripetibile e applicabile: una vera e propria teoria da applicare al genio creativo dedito ad inventare.

Si tratta di una metodologia per sviluppare in modo razionale nuovi sistemi tecnologici. Essa si basa sul concetto che l’innovazione tecnologica non è casuale ma è governata da leggi certe e ripetitive. Conoscere queste leggi permette di anticipare, con un alto grado di probabilità, l’evoluzione e l’innovazione di un prodotto o di un processo di qualsiasi sistema tecnologico.

Tramite la metodologia TRIZ si può ricondurre un problema tecnico specifico ad un modello generale i cui processi logici di risoluzione siano inglobati in un numero determinato di principi risolutivi. Si possono così applicare soluzioni analoghe a problemi tecnici che solo all’apparenza sono diversi. Pertanto gli strumenti della metodologia triz sono stati studiati per analizzare un sistema tecnico ed estrarne un modello al quale applicare i principi risolutivi più efficaci tra quelli più idonei.

Altro aspetto fondamentale della metodologia TRIZ è la contraddizione. Le contraddizioni che vincolano lo sviluppo di una tecnologia vanno superate evitando così compromessi ed ottenendo reali soluzioni all’avanguardia. Inoltre la funzionalità di un sistema può rimanere la medesima nel tempo ma ciò che consente al sistema di funzionare può tendere a mutare. Semplificando, un tipico esempio è rappresentato dalla produzione di energia della quale l’uomo, nel tempo, ha costantemente bisogno per i medesimi motivi ma che può essere ricavata da differenti sorgenti in base a questioni di reperibilità, rinnovabilità, distribuzione, sicurezza, costi, ecc…

L’esperienza ha dimostrato che le invenzioni di maggiore interesse e utilità sono scaturite da situazioni in cui sono stati evitati compromessi solitamente accettati. Il superamento delle contraddizioni (spesso tollerate per giungere ad un compromesso) porta alle soluzioni più innovative ed efficaci. In assenza di contraddizioni non vi è quindi una situazione da sottoporre alla metodologia TRIZ.

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Presso le librerie più fornite puoi trovare interessanti testi sulla Metodologia TRIZ