Meglio i motori di una volta o i motori di oggi?

Rubrica: Incominciamo a parlare di automobili | Le domande dei lettori

Titolo o argomento: Si cerca sempre più di produrre quello che il cliente desidera ma… chi lo dice che il cliente conosce quello che vuole?

Risponendo a: Luca

Luca scrive: G.le Raffaele, volevo chiederle se è fondata l’idea diffusa che i propulsori di un tempo (diciamo 20-30 anni fa) siano più resistenti e longevi di quelli odierni; che facciano più km e che siano più inclini ad essere maltrattati senza perdere prestazioni.

Non esiste una distinzione netta tra i motori di una volta e quelli di oggi. In realtà sono esistite anche diverse fasi intermedie tra il passato ed il presente e immagino che altrettanto accadrà anche in futuro. Tuttavia immaginando di cogliere a cosa si riferiscono diversi lettori che mi hanno posto domande sul tema, ed in particolare Luca, possiamo andare ad analizzare delle sfumature che spesso sfuggono ma che in realtà rappresentano le fondamenta del motorismo. Se siete curiosi di avere una risposta tanto immediata quanto rude, diciamo pure che apprezzo di più i motori del passato (ma sarebbe opportuno chiedermi: “Di quale passato?”). Apprezzo le complicazioni e la “tecnologia dominante” solo sui mezzi da pista e sui prototipi utili agli studi delle innovazioni, per la strada invece prediligo la semplicità, l’economia di esercizio ed il buon vecchio ed affidabile concetto che “tutto quello che non c’è, non si rompe”.

I motori del passato erano così: semplici*, abbondanti, pesanti, traballanti, rumorosi, imprecisi, estremamente diversi gli uni dagli altri**, grezzi, meno performanti ma affidabili, resistenti, funzionanti anche quando qualcosa era fuori posto, in grado di portare a termine il loro compito anche in condizioni severe, anche con riparazioni di fortuna. Inoltre nei motori di un tempo non si avvertiva una gran differenza a mano a mano che si usuravano perchè erano meno spinti nonché imperfetti fin dalla nascita; le condizioni dei cilindri raramente erano uniformi, avevano numerose imprecisoni già da nuovi e rendevano molto meno di quanto potevano fin dai primi chilometri (credo che praticamente, se andiamo abbastanza indietro con gli anni, nessuno avesse le valvole che stagnassero correttamente contro le sedi valvole, né le punterie mai perfettamente in ordine, con gli ovvi problemi che ne derivano per le valvole e per la combustione). Il dimensionamento degli organi era più generoso e, se da una parte questo implicava maggiori masse a bordo del telaio, dall’altra permetteva una maggiore dissipazione di calore ed una minore fragilità generale di testate, monoblocchi, manovellismi…

*Quindi teoricamente anche più economici, ma non è detto: la tecnologia meccanica pur basandosi sempre sui medesimi concetti si è evoluta magistralmente con attrezzature e strumentazioni che fanno letteralmente impressione solo a vederle. Trovate alcuni spunti sul nostro canale YouTube, vedi i link correlati in basso.

**Per via delle relativamente enormi tolleranze di produzione che rendevano diversi tra loro persino motori dello stesso tipo; le elaborazioni a suo tempo permettevano ampi margini di miglioramento principalmente per questo motivo.

I motori di oggi sono molto più precisi, sono più controllati, sono più performanti ma allo stesso tempo più fragili, più delicati, più articolati, più sensibili. Hanno organi le cui dimensioni sono ridotte all’osso, sia per ridurre in maniera affinata i costi, sia per favorire l’incremento di prestazioni. Dispongono di numerosi sensori, elettrovalvole, attuatori, comandi ride by wire. Quando si accende una spia si può restar fermi per motivi incredibilmente sciocchi perchè la centralina va in emergenza e impedisce l’avviamento oppure taglia la potenza al motore. Ma quando apri il gas… spingono quasi sempre al loro massimo con coppie subito disponibili che stressano il motore stesso ma che offrono una brillante sensazione di guida. Per questo si avverte, a differenza del passato, il calo di prestazioni con i chilometri. La coppia inoltre è espressa in maniera più uniforme e corposa su un range più ampio di giri (il motore diventa sempre più come un atleta iperstimolato a fare scatti e ripetute ma, ecco che al primo calo di nutrienti o a temperature sfavorevoli, insorge il crampo, la contrattura o, peggio, lo strappo o la rottura (l’analogia in questo caso calza a pennello più che mai). I motori di oggi gravano meno sull’avantreno (ci riferiamo quindi ai motori delle utilitarie, ovvero dei veicoli che circolano maggiormente sulle strade di tutti i giorni) rendendo più facile migliorare l’handling dei veicoli (ovviamente assieme a tutta una collezione ben nutrita di migliorie che coinvolgono il comparto telaio-sospensioni) e la conseguente facilità di guida.

Nel periodo di cambiamento degli ultimi 10-20 anni ho assistito al restauro (revisione, rettifica, riparazione…) di centinaia di motori (probabilmente, oramai, migliaia) che, grazie anche all’aumento delle pressioni di sovralimentazione e dei migliori sistemi di alimentazione, esprimevano potenze specifiche via via più elevate (parliamo sempre di motori stradali) a scapito però di testate che si fratturavano a causa di leghe e/o sezioni non adeguate alle sollecitazioni termiche, di difetti di fonderia e di errori di progettazione delle geometrie (con ottimizzazioni topologiche assai spinte). Con il tempo pare (ma sottolineo pare in quanto devo aver modo di verificare per un tempo sufficiente quanto affermo) che quest’ultimi problemi siano stati risolti e sia sempre più difficile rompere le testate per frattura. Ad ogni modo questo non vuol dire che i problemi scompaiono ma che possono spostarsi altrove (si veda l’esempio riportato in foto).

D’altra parte è vero però che molte assistenze non riparano più (da ormai molto tempo) le parti meccaniche danneggiate ma le sostituiscono con altre nuove (operazione ben più facile che sta creando non pochi problemi nella filiera delle lavorazioni meccaniche di precisione***) e questo implica un errore nel tracciamento di dati e statistiche. Fornire infatti alle aziende, operanti nel settore della meccanica di precisione, parti da riparare, significa collezionare dati su quanto stia realmente accadendo nella determinata filiera; viceversa gettare parti di motore sostituendole immediatamente con altre nuove, a prescindere dal fatto che sia realmente necessario o meno, riduce la quantità di dati che si possono avere per definire il reale andamento delle volontà di un preciso mercato. Come a dire: se non portano più al rettificatore testate del tale marchio da riparare, egli potrà pensare che non si rompano più, ma potrebbe anche essere che il tale marchio, invece di farle riparare ora preferisca sostituirle per via di nuove direttive ad esempio atte a non far sapere se c’è stato un reale cambio di qualità del prodotto. Il motorismo oggi è assai più complesso di quanto si possa immaginare.

***Mi riferisco al numero calante di officine rettifiche che, se continuerà così, porterà con sé la vera conoscenza dei motori, la vera manodopera specializzata e una cultura a dir poco preziosa nonché particolarmente rinomata nel mondo quando accostata alla parola Italia.

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Incominciamo a parlare di automobili

Rottura pistone motore metano turbo

Rottura di un pistone per difetto di progettazione. Il pistone fa parte di un recente motore turbo
alimentato a metano dalla piccola cilindrata ma dalle prestazioni decisamente sportive (direi persino
troppo sportive). L’analisi circa le cause della rottura di questo organo verrà riportata in un articolo
apposito. Un occhio esperto può già notare solo da questa foto 4 o 5 dettagli che spiegano come è avvenuta
la rottura. Dagli altri scatti macro che abbiamo effettuato in laboratorio si notano altrettanti ulteriori
dettagli. Senza ombra di dubbio il problema nasce da un’errata progettazione ma, volendo essere imparziali,
è corretto osservare anche che i clienti desiderano la moglie ubriaca e la botte piena: desiderano auto con
piccoli motori, parsimoniosi, che costano poco, che corrono tanto e che non si rompono. E’ evidente che ciò
non è possibile per i principi stessi su cui si basa l’Ingegneria e, prima ancora, la fisica che regola questo
Universo. Il motore aveva circa 10.000 km quando si è rotto la prima volta e qualche altro migliaio
quando si è rotto la seconda volta. La casa madre non ne vuol sapere di sostituirli in garanzia,
tantomeno con un prodotto correttamente aggiornato.

Come si ottengono elevate potenze specifiche nei motori aspirati?

Rubrica: Curiosità tecnica da corsa | Le domande dei lettori
Titolo o argomento: Quali sono gli accorgimenti ingegneristici per far andare forte un motore aspirato?
Risponendo a: Luca

Luca scrive: Da appassionato sono stato sempre affascinato da esempi di tecnica motoristica quali la McLaren F1 del 93, la Ferrari 458 nonchè le moderne auto da F1 come esempi di motori non sovralimentati dalle prestazioni sorprendenti. Quali sono quindi gli accorgimenti ingegneristici per far andare forte un motore aspirato? Ed è più “nobile” costruire un performante motore ad aspirazione naturale piuttosto che percorrere la “scorciatoia” della sovralimentazione?

A mio avviso è più nobile realizzare un motore aspirato ad elevata potenza specifica, piuttosto che uno sovralimentato, per il puro e semplice motivo che è molto ma molto più difficile tirar fuori potenza e coppia e richiede la conoscenza di una miriade di dettagli legati alla progettazione, all’esperienza costruttiva ed alle problematiche di funzionamento, che caratterizzano la preparazione di un motorista. Naturalmente vi sono ingegneri motoristi che nutrono una grande passione verso i sistemi di sovralimentazione e che non lo fanno per percorrere una scorciatoia. Diversi hanno dato tanto al mondo dell’automobile tribolando non poco. Il primo esempio che mi balza alla mente è il progettista del motore della Lancia Delta S4, l’Ingegner Claudio Lombardi (la Lancia Delta S4 rappresenta un caso di vera eccellenza nel panorama del motorismo sovralimentato).

E’ inoltre opportuno osservare che di recente i motori sovralimentati stanno tornando di interesse tecnico per via del cambiamento regolamentare della F1 a partire dalla stagione 2014. Nuove soluzioni a cavallo tra il K.E.R.S. ed il Turbo Compound si stanno facendo strada offrendo una ventata di interessante innovazione tecnologica. Certo è che si sono abbassati i regimi di rotazione ed il sound risulta meno accattivante, ma lo sviluppo non tarderà ad arrivare. Vedi i link in basso.

Terminata la digressione torno alla tua domanda. Ottenere grandi prestazioni da un motore aspirato è possibile principalmente permettendogli di raggiungere elevati regimi di rotazione (ciò implica la progettazione di un manovellismo estremamente costoso) e quindi effettuando un numero elevato di fasi utili nell’unità di tempo. Questo è possibile improntandolo per il funzionamento ottimale agli alti regimi, cosa che solitamente accade a scapito di una perdita prestazionale ai bassi. Laddove però sono consentite fasature variabili il problema può essere in parte risolto con risultati soddisfacenti. Stesso dicasi per la variabilità delle situazioni di aspirazione. Per ottenere quindi dei risultati soddisfacenti si deve cercare un compromesso tra i materiali impiegati, le sezioni adottate nel progetto, la massa di ogni singolo organo che costituisce il motore, la relativa ottimizzazione topologica affinché a tanta leggerezza corrisponda sufficiente resistenza, le geometrie caratteristiche (alesaggio, corsa, forma dei pistoni, delle bielle, dell’albero a gomiti, lunghezza, diametro e angoli dei condotti in testata, forma delle camere di combustione, ecc.), il dimensionamento e la fasatura della distribuzione. Il tutto in funzione delle prestazioni desiderate e della destinazione del progetto che ne pregiudica naturalmente la durata. Più il motore è esasperato e meno vita utile avrà. Succede anche in natura dove animali con un battito cardiaco più elevato hanno una vita decisamente più breve di quelli con un battito lento.

Una grandezza fondamentale per valutare la riuscita di questi intenti è la PME, ovvero il lavoro effettivo per ciclo ed unità di cilindrata. La Pme è il lavoro utile fornito ad ogni ciclo dall’unità di cilindrata. Quindi è improprio per molti ingegneri chiamarla pressione media effettiva, tuttavia essendo dimensionalmente, e quindi per l’unità di misura, una pressione (si indica in MPa Mega Pascal), in tutti i testi di ingegneria e motorismo la si chiama così.

Il problema più grande, che solitamente non è noto agli appassionati, è che per reperire le formule per progettare un buon motore occorre mezz’ora, mentre per risolvere tutta la serie di problemi che puntualmente si verificano in progettazione, ci vogliono mesi, organizzazione, esperienza ed una profonda attenzione agli errori che possono costare davvero caro per un’azienda così come per un privato che desidera tentare di fare anche solo un monocilindrico ricavato dal pieno (non sembra ma in Italia, per fortuna, ci sono anche tante persone che riescono privatamente in cose all’apparenza quasi impossibili). Se ti interessa puoi visitare un esempio di problematiche tecniche cui è andata in contro la Lamborgini nella progettazione del motore L539 della Aventador, trovi il link in basso.

Infine è importante sottolineare che quanto riportato costituisce la sintesi della sintesi di un argomento enormemente più vasto che non può essere riassunto in breve per la sua estrema complessità. Anche l’esempio del caso Lamborghini appena linkato è assai limitato rispetto alla realtà.

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