Il futuro è ibrido… a idrogeno – Parte 1: Considerazioni grandangolari

Rubrica: Automotive alternatvo

Titolo o argomento: Motori a idrogeno

Intro

Anche se attualmente non vi è una comunicazione chiara in tal proposito, forse per il timore (giustificato) di perturbare una delicata transizione, entro pochi anni il mercato della mobilità non sarà dominato dalle auto elettriche. Sebbene attualmente le vendite stiano gradualmente crescendo, si tratta in realtà di un prodotto introduttivo che aprirà a qualcosa di molto, molto più evoluto dal punto di vista fisico.

In passato scrissi un articolo che si intitola “Il futuro è ibrido” (vedi in basso i “Link correlati”). Per l’utente medio poteva essere difficile comprendermi in quegli anni ma, studiando dettagli tecnici approfonditi, era evidente che i veicoli a trazione puramente elettrica, per quanto strabocchevoli, affascinanti, puliti, interessanti, futuristici ed in grado di trasmettere al guidatore la sensazione nuova di essere a bordo di una astronave*, presentavano e presentano dei limiti che non affliggono invece i veicoli dotati di motore a combustione interna. Da ora in avanti considereremo i motori a combustione interna appartenenti a tre grandi varianti: quella puramente a combustione interna (che non è detto debba necessariamente essere alimentata da benzina, gasolio, gas metano o gpl), quella integrata nelle soluzioni ibride vere complete (capaci di due sistemi di trazione puri), nonché la variante integrata nelle soluzioni ibride range extender con motore a combustione interna il quale, in funzione di generatore elettrico, alimenta a regime costante un motore di trazione elettrico abbattendo la quantità di carburante impiegata dalla soluzione tradizionale con motore a c.i. collegato direttamente alle ruote (soluzione motore/generatore ampiamente diffusa da anni nel settore navale). Quest’ultima variante è disponibile oggi con alternative assai interessanti, e oltremodo pulite, che andremo presto ad analizzare.

I motori a combustione interna, pertanto, rimangono un punto di riferimento nonostante siano oramai vetusti e dotati di tecnologia più che matura, anziana, per non dire obsoleta. Essi, pur sempre capaci di un fascino puramente emozionale, e certamente secondario alle fondamentali priorità ambientali, permettono un piano di marcia notevolmente più semplice e consumi oramai irrisori (si può oggi tranquillamente arrivare ai 100 chilometri con un litro di carburante utilizzando tutta la tecnologia ibrida già disponibile).

Noi però sappiamo (perdonate la crudezza con cui solitamente osservo la realtà) che all’utente medio poco o affatto importa il tema dell’ambiente se non gli si offre l’equivalente di una caramella in cambio. Vuol sentire qualcosa di dolce, vuole servizi che ama credere siano in regalo, vuole risparmiare illudendosi che non ci saranno costi ad aumentare altrove per compensare quanto non ha pagato, vuole credere a tutte le sciocche semplificazioni a cui è solito credere nell’era attuale e fregarsene di tutto il resto. Vorrebbe persino, e questo è assurdo, assurdamente avido ed assurdamente stupido, arrivare a guadagnare sul cambio della vettura e sull’eventuale cambio della fonte di energia. L’utente medio attuale è folle, è viziato, è pretensioso e sciocco quanto basta da esser sufficientemente credulone. E tutto questo è possibile, nel momento in cui decide di dare il via ad un cambiamento, per l’intervallo di tempo industrialmente equivalente alla vita di una scintilla di saldatura che parte dall’emissione sino a quando tocca terra sulla superficie dell’ambiente in cui è stata generata spegnendosi.

*Sia per i sibili caratteristici delle diverse curve di accelerazione, sia per le sensazioni impresse sul corpo dalle accelerazioni stesse, sia per il silenzio che lascia importanti spazi di ascolto al rotolamento delle gomme.

Il problema dell’utente medio

Gli utenti delle auto elettriche, mediamente, sono a digiuno su tre aspetti fondamentali del prodotto: la profondità della tecnica (il prodotto sembra semplice ma… non lo è), il modo di utilizzo corretto (il prodotto sembra invincibile ed indistruttibile ma… non lo è) ed il modo di aver cura del prodotto (premiare e valorizzare il prodotto per il suo esteso potenziale).

Qualunque casa madre vi dirà che non sono punti importanti in quanto vengono semplificati agli estremi proprio per permettere all’utente di non avere preoccupazioni di alcun tipo ed accogliere la “nuova” tecnologia. Tuttavia solo quando un prodotto è largamente e opportunamente compreso dai clienti incontra finalmente un largo consenso. L’utente non lo deve vedere come un mistero. Deve percepire una sensazione di completezza quando ne parla, riconoscere che non ne capisce nulla ma che tutto sommato gli è chiaro quali siano i fattori in gioco. Il motore a c.i. è così: in pochi lo conoscono realmente a fondo ma tutti hanno assorbito in qualche modo cosa possiedono e cosa può e non può fare, cosa gli occorre, come si romperà, di cosa soffrirà…

Non si parla molto di quante persone siano rimaste deluse dai veicoli elettrici che ora costituiscono il largo bacino dell’usato. Così come non si parla molto del fatto che una buona parte dei veicoli rimessi prontamente in vendita non sono colpevoli di alcunché se non di un errato utilizzo da parte dei loro utenti. Molti sono coloro che hanno alimentato autonomamente non le proprie vetture ma la propria fantasia vaporizzando attorno ai sensi aspettative surreali mai promosse dalle case costruttrici. Utenti con influenze e suggestioni coltivate osservando il mondo del cinema dei supereroi e che non trovano connessioni solide con il reale se non tramite lo specchio delle proprie illusioni rafforzate dall’aspetto degli abitacoli e dai suoni di bordo.
In molti casi i veicoli sono stati utilizzati male, sollecitati troppo, scambiati per indistruttibili e privi di manutenzione, nonché per veicoli “sempre pronti” a fornire qualunque prestazione fosse richiesta. Ovviamente è una visione completamente distorta e con un lato troppo “bambino” emerso nell’uso del prodotto che aveva tutt’altro senso, tutt’altro scopo, tutt’altre funzioni.

La resa energetica

Malgrado gli aspetti tecnologicamente contrastanti e le ovvie difficoltà nel mettere in relazione nel modo corretto tecnologie ed utenti finali che risultano spesso digiuni sui tre punti fondamentali (ricapitolando: profondità della tecnica, modo di utilizzo corretto di un nuovo concetto di prodotto e modo di cura corretta del tale prodotto), avevo fatto ipotesi su una rotta che poi si è mostrata corretta (non è scontato, non sempre accade ciò che è tecnicamente logico). Ma non ero io ad avere ragione, era la fisica ad averne.

I veicoli a combustione interna godono del vantaggio di poter accumulare nei loro serbatoi grandi capacità di energia, ogni chilogrammo di carburante equivale a circa 12 kWh che, per serbatoi da 50 litri, si traducono in un potenziale energetico di circa 600 kWh per la comune benzina.

Naturalmente, però, va tenuto conto di un’altra fondamentale caratteristica fisica di cui si parla troppo raramente e, sovente, nel modo errato o di difficile comprensione per il comune utilizzatore: il rendimento. Un powertrain elettrico vanta un rendimento della macchina elettrica (dove per macchina elettrica si intende il solo motore di trazione) superiore all’85-88% mentre un motore a combustione interna, per quanto aggiornato ed efficiente, a fatica si dimena intorno al 25% effettivo tenendo conto delle condizioni climatiche non sempre favorevoli e spesso lontane da quelle ideali di progetto (per l’aspirazione, la combustione, l’eventuale sovralimentazione) e dello stato di manutenzione del veicolo nella media di un paese che arranca operando sui propri veicoli solo lo stretto necessario per passare la revisione (situazione ben lontana dal mantenimento nelle condizioni di efficienza). Va tenuto poi conto del fatto che il rendimento complessivo di un motore a combustione interna è frutto di una combinazione di rendimenti, ovvero: rendimento organico, termico e volumetrico (nei quali però non entreremo in dettaglio così da essere più scorrevoli).

Ora qual è il punto? Il veicolo ibrido vero (quello dotato di motore a combustione interna per l’uso in extraurbano e powertrain elettrico reale, completo, capace di garantire elevate autonomie nell’urbano in sola modalità elettrica e di essere ricaricato, abitazione o luogo di lavoro permettendo, da stazioni fotovoltaiche mediante presa plug-in) coniuga i vantaggi delle due modalità quando, per l’appunto, è un reale ibrido. Molti ancora oggi lo ignorano ma un reale ibrido ad elevato contenuto tecnologico è in grado di percorrere tranquillamente 60 km con un litro di carburante (e ancor di più riducendo le masse dei veicoli impiegando maggiormente i materiali compositi) sfruttando il supporto dell’elettrico e di una stazione fotovoltaica domestica sufficientemente bilanciata. Era quindi inevitabile che la soluzione ibrida fosse la migliore ed il futuro fosse pertanto “ibrido”. Niente tappe alle stazioni di ricarica da pianificare; niente arresti immediati del veicolo per guasti nell’una o nell’altra soluzione di trazione, la giusta praticità nei diversi percorsi senza perdere autonomie importanti e il gusto dominante di impostare tutta la tecnologia disponibile come un vestito che calza a pennello sulle proprie necessità di marcia, di lavoro, di divertimento.

La filiera mondiale tra le più vaste

L’assenza in futuro di soluzioni a (o derivate da) combustione interna è pura follia. Significherebbe distruggere intere enormi filiere globali di produzione di componentistica, accessori, minuterie, materiale di consumo e servizi dei motori alternativi: bielle, pistoni, alberi, bronzine, boccole, volani, frizioni, guarnizioni, sedi valvole, guidavalvole, prodotti chimici, testate, monoblocchi, cambi, ruote dentate, alternatori, sistemi di iniezione, accensione, sovralimentazione, distribuzione… Significherebbe che decine, centinaia di migliaia di aziende nel mondo con milioni di dipendenti nel 2035 chiuderanno definitivamente dando origine alla più grande depressione di massa di tutti i tempi. Ovviamente no. E questo le aziende lo sanno fin troppo bene (per la gioia di comuni utilizzatori, utilizzatori professionali e appassionati).

Ricordo ai lettori che se lo sono perso, l’articolo che raccontava loro come in realtà la prima auto elettrica sia nata alla fine del 1800 prima della prima auto a combustione interna (vedi in basso i Link correlati) e di come essa sia svanita dileguandosi per i medesimi problemi di oggi: la massa elevata delle batterie, la forte dipendenza da mercati troppo monopolisti per l’approvviggionamento delle materie prime per la produzione di tali batterie, la difficoltà di gestione di simili mezzi, l’aumento forte dei prezzi dell’energia elettrica naturalmente conseguente da una domanda spasmodicamente più elevata che per il solo consumo casalingo…

Pertanto come è virato il futuro ora? Sarà sempre ibrido? Sarà elettrico? Si adotterà una nuova tecnologia che ancora non conoscete? La risposta è sì, sì a tutto. Il futuro sarà ibrido, sarà elettrico e farà uso di una tecnologia che, sebbene sia allo studio da decenni, ancora non conoscete realmente in profondità: l’idrogeno.

I motori saranno ibridi con soluzioni idrogeno-elettrico (con  batterie molto piccole e molto gestibili lungo l’intera filiera) e la filiera del motore a combustione interna non sarà abbattuta, sarà fortemente innovata (e forse, normative permettendo, fortemente retrofittata) con importanti upgrade dell’hardware e delle normative di sicurezza in tal proposito. I motori avranno sempre alberi, bielle, pistoni, valvole e tutto quello che vi dà un gran gusto ma emetteranno semplicemente vapore acqueo allo scarico e avranno il supporto del motore elettrico ma con batterie molto più piccole, economiche, affidabili e di facile manutenzione e sostituzione.

Tutta la filiera della componentistica di manovellismo e distribuzione continuerà ad esistere ma impiegherà leghe più raffinate e sistemi di alimentazione che, volgarmente, solo per intenderci, assoceremo ai vecchi impianti a metano: bombole, sistemi di iniezione, di ricarica, di sicurezza…
Certo è che i motori a combustione interna non saranno più le prime donne del settore automotive ma parteciperanno con quote alla pari, e poi decrescenti, in un mondo ben più vasto di offerta tecnologica.

Le barriere da superare riguarderanno gli accordi a cui diversi paesi proveranno a non rinunciare e che vedevano come eterne le forniture di gas, così come i monopoli sulle terre rare necessarie alla produzione delle batterie. Le guerre che vedremo saranno per la gestione delle risorse naturali e solo chi sarà lungimirante saprà essere indipendente da “La storia che ritorna a farsi viva” (cambiano le ere, cambiano gli oggetti, ma i metodi son sempre quelli).

Un sogno impossibile

Se immaginate il mercato come un campo magnetico e il naso degli utenti medi come l’ago di una bussola, potremmo sostenere che la direzione verso cui puntano le masse è possedere un veicolo alimentato da un’energia che l’utente possa farsi da solo per non sostenere costi e girare liberamente quanto vuole e dove vuole. Sebbene si tratti di utopia, con l’elettrico il sogno sembrava più vicino che mai.

D’altra parte i veicoli elettrici peccano ancora per l’affidabilità delle numerose celle che li equipaggiano, ne bastano infatti poche difettose per danneggiare l’intero pacco batterie e creare problemi notevoli di ricarica, di erogazione della potenza e di affidabilità del sistema. Inoltre non aiutano le continue violente accelerazioni a cui molti utenti hanno sottoposto i propri veicoli elettrici per stupire gli amici. Fenomeni che hanno indotto degrado anomalo dei pacchi batterie per via delle intense correnti erogate, delle temperature operative e delle sollecitazioni alle quali sottoponevano l’elettronica di potenza. Fenomeno che ha dato origine ad un pubblico scontento che non ne vuol sapere di capire di aver fatto un uso scorretto del veicolo: prestazioni racing richiedono manutenzione racing. Richiedere prestazioni da competizione, infatti, implica una manutenzione altrettanto da competizione che, quando si è presentata la necessità, è stata omessa per contenere i costi di gestione del veicolo. Ciò ha generato non pochi problemi sulla fiducia dell’utente medio nei confronti dell’elettrico, ma questa fiducia è venuta meno senza considerare i tre fattori preponderanti che abbiamo già introdotto: l’ignoranza su come è fatto il prodotto, l’ignoranza sull’uso del prodotto e l’ignoranza su come va curato un simile particolare prodotto.

Inoltre quante persone dispongono (o possono disporre) di una casa singola dove sia possibile installare la propria stazione di ricarica fotovoltaica? Quante ritengono ancora importante investire nella proprietà privata dopo dodici anni di campagne volte a distruggere il valore degli immobili? Come si pensa di indurre l’utente ad essere responsabilmente green senza opportuni incentivi sugli impianti stand-alone che lo liberino, almeno in parte, da incrementi di spese di bollette privi di senso? Quanti utenti si sono accorti vent’anni fa che i costi degli incentivi dei primi impianti fotovoltaici gravavano su chi il fotovoltaico non ce l’aveva? Quanti invece si sono accorti che gli aumenti attuali sono volti a coprire le spese per le stazioni di ricarica e la nuova distribuzione e non c’entrano nulla con la guerra? Quanti si sono accorti che ogni volta che si cambia una fonte di energia in favore di un’altra non lo si fa mai per l’ambiente ma solo per un risparmio iniziale che si brucia subito non appena la grande massa verte compatta sulla nuova fonte andando ad incrementare la domanda e quindi i prezzi che rendono così la nuova fonte “non conveniente”? Quanti si sono accorti che sarebbero necessarie nuove celle per la trazione elettrica e che questa ricerca collide con accordi tra paesi non sempre in perfetta armonia economica tra loro? Quanti si sono accorti che perseverare sulla strada delle attuali celle elettrochimiche sarebbe insostenibile nel 2035?

Per non parlare dell’avidità di quegli utenti che fanno qualcosa solo se porta un vantaggio economico, poi come il Mondo va, va. Se cambi un metodo ci deve essere un motivo più nobile del denaro. Se tutti passerranno ad una determinata nuova energia, sarà proprio quell’energia ad essere la più costosa per via di semplici regole di mercato (domanda-offerta). Pertanto o le cose le studi e le fai da te nel periodo in cui nessuno le vuole e nessuno le capisce (e ci sono una manciata di uomini in grado di farlo), oppure sei costretto a pagarle care.

Al via la nuova rubrica sui motori a idrogeno

E’ con questa premessa che dò il via ad una nuova rubrica sui motori ad idrogeno che spero vi sorprenda positivamente. No non scomparirà l’amata auto a scoppio, il suo rombo e la sua complessità meccanica da mettere a puntino nel desiderio agonistico di raggiungere prestazioni da cavallo di razza e no, non scomparirà un’altra volta la soluzione elettrica (come accadde a fine 1800) che negli ultimi anni ci ha rapito per le sue fulminee accelerazioni ed i suoi sibili da astronave con un ritorno per i pedoni all’aria pulita,  il silenzio, la “pace” e la tranquillità nel vivere i centri delle città e dei numerosi affascinanti paesini di cui è ricca la buona vecchia signora Italia.

Continua…

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