Stampa 3D: Stereolitografia SLA – Parte 2: Fotopolimeri e Fotopolimerizzazione

Rubrica: Prototipazione rapida

Titolo o argomento: Stampa 3D di tipo Liquid-Based

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Fotopolimeri

Ci sono diversi tipi di resine fotosensibili (o fotopolimeri) che possono solidificare se esposte a radiazioni elettromagnetiche che vanno dalle lunghezze d’onda dei raggi gamma, raggi X, raggi UV, radiazioni visibili all’occhio umano o, addirittura, raggi di elettroni (EB). Nella stampa 3D la sorgente elettromagnetica più utilizzata è quella dei raggi UV. Le resine fotosensibili agli UV sono formulate da monomeri liquidi reattivi, da agenti indurenti (che catalizzano la reazione aumentandone opportunamente la velocità) e da opportune polveri, filler e additivi utili a modificare le proprietà delle resine stesse.

Fotopolimerizzazione

La fotopolimerizzazione consiste in un processo analogo a quello della polimerizzazione ma basato su una reazione fotochimica ottenuta mediante l’induzione di energia emessa da sorgenti di radiazione elettromagnetica (E=h·ν dove “h” è la costante di Planck e “ν” la frequenza della radiazione elettromagnetica) quali ad esempio i raggi UV. La polimerizzazione, nella fattispecie la fotopolimerizzazione, assembla piccole molecole, dette “monomeri”, in catene di molecole che si ripetono in sequenza, dette “polimeri”. La reazione chimica è di tipo esotermico, ovvero con emissione di calore ed è accelerata grazie all’impiego di un catalizzatore, solitamente un radicale libero, generato termicamente o fotochimicamente. I radicali liberi generati mediante il processo fotochimico si ottengono grazie ad un fotoiniziatore che reagisce con la radiazione attinica, in questo caso i fotoni della luce ultravioletta, ovvero quel tipo di radiazione in grado di agire chimicamente su diverse sostanze. La luce attinica, quindi, agisce sul fotoiniziatore producendo un radicale libero il quale catalizza il processo di polimerizzazione. Affinché questo abbia luogo correttamente le catene di polimeri dovranno essere saldamente formate in un reticolo stabile che eviti la redissoluzione in monomeri liquidi. Le strade percorribili sono due: una lunga esposizione, incompatibile con i tempi ed i costi di prototipazione e produzione, oppure un laser ad elevata potenza.

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Stampa 3D: Stereolitografia SLA – Parte 1: Tecnica
Stampa 3D: Stereolitografia SLA – Parte 2: Fotopolimeri e Fotopolimerizzazione
Stampa 3D: Stereolitografia SLA – Parte 3: Pro e contro, R&D
Stampa 3D: Stereolitografia SLA – Parte 4: Esempi ed applicazioni

Fotopolimerizzazione

La luce attinica, quindi, agisce sul fotoiniziatore producendo un
radicale libero il quale catalizza il processo di polimerizzazione.
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Stampa 3D: Stereolitografia SLA – Parte 1: Tecnica

Rubrica: Prototipazione rapida

Titolo o argomento: Stampa 3D di tipo Liquid-Based

Tecnica

La Stereolitografia SLA (StereoLitographic Apparatus) è una tecnica di stampa 3D introdotta da 3D Systems nel 1988, essa permette di realizzare oggetti in plastica direttamente dai dati forniti dal file CAD e convertiti in un formato denominato STL (Stereolithographic file). Il processo inizia in una vasca nella quale viene immessa una resina liquida fotosensibile. All’interno della vasca è immerso un elevatore che, inizialmente, è  posto appena sotto il livello della resina fotosensibile ed è dotato di supporti atti a sostenere il pezzo che verrà realizzato.

L’operatore carica un file CAD che un sistema di traduzione converte in automatico in STL dopodiché l’unità centrale provvede a tagliare il modello 3D in sezioni (operazione di slicing) da 0,025mm fino ad un massimo di 0,5mm di spessore. Il computer controlla un sistema ottico basato su laser che va a polimerizzare, solidificando, uno strato di resina per volta; ogni strato corrisponde alla relativa sezione 2D in cui è stato suddiviso il modello. L’elevatore si abbassa di uno strato, ogni volta che una sezione 2D è stata ultimata, fino ad immergere l’intero prototipo al suo completamento. In questo modo c’è sempre uno strato di resina liquida pronta a polimerizzare nella parte superiore esposta al raggio laser.

Una lama, posta sulla superficie della resina, pulisce e riprepara lo strato successivo di resina in modo omogeneo per la polimerizzazione seguente (un po’ come se stendeste con una spatola il miele o una crema all’interno di una formina metallica per torte). Ora il laser può disegnare il nuovo strato. Al termine del processo il modello 3D fisico ottenuto viene estratto dalla vasca e sottoposto a pulizia dall’eccesso di polimeri.

I componenti principali dell’impianto sono: il computer (con il relativo software a corredo), l’unità centrale (controller), il pannello di controllo, il sistema laser (con la relativa ottica), la vasca, il sostegno elevatore (con i relativi supporti) e la lama di ripristino e omogeneizzazione dello strato superficiale.

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Video

Trovate un interessante video sulla stampa SLA professionale al seguente link:
https://www.youtube.com/watch?v=Gs5R3PHavSI

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Passaggio laser su resina fotopolimerica

Osservando il bagno di resina fotopolimerica si notano i rapidi movimenti
del laser intento a polimerizzare il nuovo strato.
Image’s copyright: 3dsystems.com

Estrazione pezzo da fotopolimerizzazione resina - Stampa 3d SLA Stereolitografica

Il sollevatore estrae il pezzo fotopolimerizzato dal bagno di resina.
Image’s copyright: 3dsystems.com