Con chi non dovresti mai fare impresa? – Parte 4

Rubrica: Lavoro

Titolo o argomento: Spunti per i giovani imprenditori

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Con chi non se la sa cavare da solo

Chi fa impresa in modo avveduto solitamente vanta una forte autonomia. Non si spaventa davanti ai problemi che incontra perché, se sono piccoli, li sbroglierà da solo grazie alla sua praticità (la medesima con cui ha costruito i suoi progetti), se sono grandi invece, impiegherà più tempo, più energie, più risorse, e li userà come leva per incrementare le sue opportunità grazie a quel che ne trarrà d’insegnamento (difficile da digerire per chi, all’opposto, vede i problemi solo come ostacoli pruriginosi).

Fior fior di imprenditori sono inarrestabili anche davanti ai topolini che spaventano elefanti da 5 tonnellate. Ti sorprendono quando scopri che, all’occorrenza, sanno persino cucinare o cucirsi un bottone. Detestano farsi fermare soprattutto dai piccoli contrattempi. D’altra parte, qualora vi venisse voglia di curiosare tra le pagine di saggi dedicati al calcolo delle probabilità, potreste scoprire come piccoli contrattempi sovente abbiano portato ad intersezioni o a scioglimenti di situazioni con inediti sviluppi annessi. Quelle circostanze che la gente dal credo lasco chiama “il caso”.

Quindi, in sostanza, chi se la sa cavar da solo è costantemente messo alla prova, si misura di continuo con sé stesso e fa impresa in modo più fluido, concentrato, nonché costantemente aggiornato su “cose” che non si trovano sui libri, ovvero: i problemi che ha risolto ed i metodi che ha impiegato, e via via evoluto, per riuscirci. Egli manovra senza troppi problemi i suoi strumenti quotidiani, si procura l’occorrente per i suoi “ordinari imprevisti” e, qualunque cosa accada (nei limiti del possibile), si presenterà al suo impegno emanando una solida aria di affidabilità (magari sdrammatizzata da una vena comica, spesso insita in chi ha sofferto, patito e, se è andata bene, persino risolto e superato).

D’altra parte, chi invece vede tutto come piuttosto difficile, se non impossibile, potrebbe aver bisogno di trovare prima il suo tempo, la sua fase, la sua sincronia, la sua relazione prima e la sua organizzazione poi, con ciò che gli accade attorno… e fare così bellissime scoperte.

Quelli appena riportati sono in realtà esempi stupidi che contengono però un grosso fondamento (gli esempi stupidi si comprendono meglio dei grossi fondamenti).

Con chi ha abitudini da mammone

La categoria dei mammoni è strettamente correlata a quella di coloro che non se la sanno cavare da soli. Ma è molto differente. Va precisato infatti che mentre i mammoni sono soliti non risolvere i problemi, non è detto che tutti coloro che sono soliti non risolvere i problemi siano mammoni (ci sono ad esempio, da un lato, quelli che non dispongono delle possibilità per poter affrontare un problema nel dato campo o quelli che non sono preparati, dall’altro i menefreghisti, gli indifferenti, fino ai corrotti).

I mammoni non hanno nulla a che fare con gli imprenditori ma un giorno potrebbe balenar loro nella mente di imitare una figura di riferimento (proprio come fanno i bambini), alla stregua di un gioco, e chi viene coinvolto nelle loro attività viene coinvolto in un caos irrazionale mosso alla radice da un’educazione (e relativa maturazione) incompleta.

Non ispirano un grande affidamento, quello che un “punto di riferimento” è solito darti. Osservarli, inoltre, fa un brutto effetto: ho visitato aziende dove i titolari si lamentavano di ogni minimo pelo superfluo con una lagna che musicalmente richiamava quella di un’intera scuola materna bloccata in pullman su una salita di campagna dove non è possibile far inversione, il navigatore ha suggerito il percorso sbagliato non tenendo conto delle dimensioni del mezzo, tutti hanno fame e bisogno del gabinetto, inoltre un equipe specializzata di gatti in calore si sta accoppiando nervosamente nel fienile a pochi metri.

Per una semplice riflessione basti solo pensare: “A chi si ricorrerà quando nell’impresa accadrà qualcosa che la mamma* non potrà sistemare per loro?”. E’ una buona cosa avere in team membri che siano in grado di sbrigare quanti più imprevisti da soli, che sappiano comunicare, condividere ed emanare sicurezza e solidità. Membri che non stiano lì a comandare solo per il gusto di comandare, per un capriccio, ma perchè hanno le doti del comando, tengono bene insieme una squadra, motivano, partecipano, osservano, comprendono e, se necessario, mettono a disposizione anche le loro spalle per reggere, mentalmente o muscolarmente a seconda delle necessità, i carichi extra.

*O la moglie in qualità di sostituta sacrificale della mamma, nonché donna incompresa che conosce bene questi discorsi e che, se ora sta leggendo, tra ricordi e nostalgie si sta chiedendo qualcosa del tipo: “Chi me l’ha fatto fare? C’era quel batterista che si fumava i cannelloni davanti al forno ma era così biondo e così indipendente… sob…”.

Possibile che al primo intoppo si fermi il mondo? L’autonomia è la prima cosa, così come affrontare imprevisti, piccole grandi noie, trovare soluzioni e cavarsela da soli, evitare di pensare ogni volta come prima opzione: “Chi potrebbe risolvere questa noia per me?”. Come pensiamo di scoprire come è fatto il mondo se demandiamo sempre agli altri di farlo per noi?
Fare impresa con simili soggetti è come camminare con una zavorra inutile, una fatica disumana per fare una passeggiata che per altri è una movenza leggera.

Con chi cerca sempre di proporti trovate truffaldine

Evitate fermamente coloro che sostengono, con veemenza così come con preoccupante calma, nel loro caso certe trovate di dubbio gusto, opinabili se non letteramente truffaldine, sarebbero “lecite perché…”. Ricordo quasi ridente coloro che mi hanno proposto esplicitamente (ma con un giro di parole in grado di far risultare positivo all’alcool test anche Gandhi) di scrivere articoli falsi per promuovere tecnologie “fallate” che non decollavano. Rifiutai ma non persi realmente il denaro offertomi, semplicemente loro non meritavano il mio supporto, di conseguenza io non meritavo una retribuzione per qualcosa di falso. Curiosità: tra questi non solo italiani ma anche persone di paesi stranieri che accusano l’Italia di esser un popolo di furbetti. Un po’ come il bue che dice cornuto all’asino. Ma vorrei evitare incidenti diplomatici. Chi vuol capire ha capito. Ad ogni modo, se per raggiungere i vostri scopi, il vostro collaboratore ha bisogno di barare, è evidente che voi non avete bisogno del vostro collaboratore.

Con chi non sa dimostrare quello che dice

Saper dimostrare quanto si afferma è una carta vincente. Studiare la matematica addestra seriamente a questa sana abitudine. Sebbene il carisma convinca la gente, lo fa sfruttando l’ignoranza e le debolezze e non attecchisce affatto sulla gente in gamba, preparata, dotata di acume e intelligenza, ovvero sulla gente per la quale una tua dimostrazione sui reali vantaggi del tuo/vostro progetto si traduce nella pubblicità più preziosa che ci sia, il passaparola.
Tu dimostra il vero a chi lo sa comprendere e lascia che chi comprende esponga poi le sue sensazioni a tutti gli altri (magari proprio con carisma).
Ma se tu o il tuo collaboratore propronete un progetto che promette cose che non siete in grado di dimostrare, state pronti a perdere ogni forma di credibilità perché, prima o poi, accadrà (anche se inizialmente può non sembrare possibile).

Continua…

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Quelli che voglion comandare

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Un gruppo affiatato va con il vento in poppa

Un gruppo di persone può ritrovarsi a far la stessa cosa nello stesso posto, a volte per caso, più spesso perché si lavora insieme. E’ frequente che insorgano dei conflitti non appena ci si trovi davanti ad una decisione ed ognuno ritenga corretto il proprio modo di procedere e non quello dell’altro. L’armonia che fa funzionare tutto fin dal primo istante è cosa rara* ed è così molto facile cadere nel conflitto o, se ci si vuole trattenere, nei malumori nascosti destinati prima o poi a palesarsi in maniera più o meno esplosiva. Ognuno ha il suo limite di sopportazione ed ognuno inizia ad operare delle somme non appena subisce ciò che considera una scorrettezza, un colpo basso, un atto di menefreghismo, un affronto o, per chi vede il principio ovunque, una contraddizione (spesso ritenuta appositamente costruita nel tentativo di affermarsi soggetti dominanti).

*Ed è tipica delle società che viaggiano con il vento in poppa, cosa che si verifica quando la maturità sviluppata da ogni singolo del gruppo è tutt’altro che trascurabile ed allo stesso tempo omogenea in tutto il gruppo stesso.

Le doti del comando

Capita così l’assurdo, situazioni nelle quali in un gruppo ad esempio di tre persone, ognuna dice la sua non a titolo informativo, quindi per suggerire un punto di vista, ma per elargire una vera e propria azione incisiva che si scontri con le intenzioni prossime o con le azioni già avviate da altri. In un gruppo di tre persone dove nessuno riconosce le virtù, l’autorevolezza e una cospicua dose di fiducia nell’altro, lo scontro è inevitabile. Un gruppo così non funziona e, se proprio non c’è altra scelta, andrà avanti con intensi attriti che freneranno notevolmente il reale potenziale. Questo significa ad esempio impiegare 3 anni per sviluppare un prodotto che, con le persone giuste, si poteva sviluppare in 6 mesi; significa maggiori costi, maggiori perdite, maggiore stress, facile perdita di entusiasmo e, nei casi peggiori, perdere la voglia di coltivare le proprie passioni arrivando addirittura a rinunciarvi o, peggio, a detestarle. Nel branco c’è un capobranco, uno e uno solo, riconosciuto tale da tutti gli altri. Tira il gruppo, stabilisce come condurre la caccia, cosa affrontare e cosa evitare, dove muoversi, dove rifugiarsi. Ad esso si affidano tutti gli altri perchè tutti gli altri riconoscono in lui le doti del comando. Quando il suo periodo tramonta e non trasmette più la solidità che fa sentire la sua aroma carismatica, ecco che si congeda e viene sostituito da un nuovo capo branco più giovane, più forte, più coraggioso, il quale ha “dimostrato” al gruppo di che pasta è fatto, di cosa è capace e quanto possa esser affidabile nel portare a termine un compito.

Regno animalia moderno

Oggi invece questa forma di rispetto, che con il mondo animale ha abbracciato anche l’uomo milioni di anni fa, sta venendo sempre meno perchè viene sempre meno la capacità di distinguere persone valide e capaci da persone che probabilmente sono più portate per altre realtà lavorative (o sociali, o sportive, perché no). Vi è più competizione che capacità di osservazione. La maturità di saper scegliere un/una partner e riconoscere, apprezzare la sua abilità, così da decentrare un timone, se necessario, affinché si ottenga un risultato migliore, è sostituita da una immane voglia di competizione (o di prevaricazione se si superano i limiti della norma). Nei gruppi che invece hanno funzionato ed hanno fatto la storia dello sviluppo industriale del ‘900 vigeva solerte un ineccepibile rispetto senza tempo. Questi erano formati da persone che si agglomeravano per sommare le proprie capacità, ognuna aveva particolari doti ed apprezzava le doti dell’altro o non ne poteva proprio fare a meno manifestando, in un caso o nell’altro, un profondo rispetto. Ogni componente di un gruppo esprimeva diplomaticamente i suoi pensieri ma era incisivo solo su ciò che direttamente investiva le proprie competenze, gli altri facevano altrettanto. Il clima era così sbalorditivamente produttivo, sereno e di impagabile soddisfazione. Non che non ci fossero malumori di tanto in tanto o discordanze di pensiero, è umano averne, era l’approccio a queste situazioni ad esser differente permettendo così di andare avanti anziché star fermi o girare in circolo attorno ad un inutile problema che non poteva risolversi da solo.

Personaggi d’altri tempi

Sto leggendo e ascoltando sempre più spesso racconti di persone di 60 70 80 anni (e oltre) che hanno reso celebri, con il loro contributo, rinomate aziende italiane oggi venerate più per i prodotti del passato che per quelli attuali spesso classificati come omologati e privi di personalità. Quella personalità del passato che ci ha fatto brillare in tutto il mondo quando le persone di buona volontà si mettevano in gruppo e davano vita a qualcosa di unico, inimitabile, come l’anima di una persona. I loro prodotti prendevano vita e la soddisfazione pagava più del denaro. Oggi stiamo perdendo queste peculiarità a favore di un individualismo virale di cui diventiamo sempre meno immuni e che non ci porterà a nulla. Tre persone a comandare nella stessa stanza, nessuno che viene comandato; tre capi, nessun operaio; tre teste, nessuno esegue… ed i lavori lì fermi in pausa strazio mentre le perdite economiche crescono rapidamente e l’orgoglio rimane fine a sé stesso.

La rotta del singolo

Ci vorrebbe a mio modesto avviso, all’avviso di uno che non è perfetto**, sbaglia e talvolta cade in queste situazioni, un gruppo formato da persone con capacità tangibili ognuna nel proprio ramo e dotate di sufficiente maturità da riconoscere le abilità degli altri. Così come ci vorrebbe che ognuno dimostrasse con il proprio operato di saper far bene quanto dice affinché gli altri ne abbiano un riscontro evidente. Le richieste di opinioni anche sull’altrui operato non tarderanno poi ad arrivare e questo succederà quando si sarà conseguita la piena coscienza di rispettare gli altri, affidarsi agli altri, condividere con gli altri e dividere con gli altri i frutti. Muovere sulla rotta dell’individualismo, della sopraffazione, della prevaricazione sta portando secondo me solo ad una pura agonia priva di qualsivoglia risultato ma densa di stressante fervore. A stento sorge qualche nuovo colosso qualche nuova filosofia, concept. Assistiamo alla riaffermazione ai più alti livelli sempre e solo dei vecchi dinosauri e tutti quelli in gamba cosa aspettano a conquistare il mondo di diritto? Ora è il loro turno ma in troppi si lasciano suggestionare dai messaggi inondati dai mezzi comunicativi della nostra società contemporanea che ci suggeriscono “Perchè farne un’altra? Mettiti con noi che siamo già grandi! Da solo con i tuoi amici non riuscirai mai!***”. Ma chi lo dice? Chi ha paura di esser battuto, semplice.

**Ma che almeno se ne rende conto cosicché sia possibile mutarle.
***Grandi a modo loro, grandi su principi diversi, grandi con obiettivi diversi talvolta giustamente grandi tali altre volte meno.

Quando la radice distrugge il cemento armato

Poi succede che due giovani neolaureati di Ingegneria con una passione spasmodica per la tecnica e per il volo riescano, con il fondamentale aiuto di un imprenditore privato, a realizzare in un bel colpo gli aerei classificati come i più maneggevoli al mondo, dotati della particolarità di un telaio monoscocca più unico che raro e che i maggiori costruttori di aerei del mondo, guarda un po’, non avevano fatto. Sto parlando dei ragazzi di BlackShape Aircraft che personalmente non conosco e di cui ovviamente non posso giudicare l’operato dall’interno, ma di cui ho apprezzato molto quello che ho potuto osservare dall’esterno come tutti voi. Per citare un bel nome del passato invece, ho il piacere di scrivere “Olivetti”, capisco che oggi non vi dica molto ma, se sapeste cosa sono stati in grado di fare in passato e come hanno fatto tremare il mondo “quelli di Olivetti”… Si parla sempre di Steve Jobs e del suo rivale ma non si parla mai abbastanza di Olivetti e di quel gruppo di uomini che, a dispetto di quanto molti credono, sono stati i precursori del mondo informatico di oggi, largamente temuti da realtà come gli Stati Uniti d’America. Andate a leggere qualche libro sul tema, non voglio anticiparvi nulla. E se ancora avete qualche dubbio su quanto può fare anche solo un ristretto gruppo di uomini di buona volontà, rispettosi gli uni degli altri, dovreste cercare la storia delle imbarcazioni Lillia e scoprire come, coloro che prima erano derisi perchè costruivano barche da competizione nel retrobottega di una macelleria, hanno poi distrutto un record dopo l’altro conquistando il mondo e riempiendo addirittura interi podi da soli.****

****Pensate che acutezza, capacità, rispetto e umiltà potevano mai avere coloro che li hanno derisi.

Il principio di prevaricazione si basa su un soggetto che è in grado di imporre il suo pensiero e le sue volontà non perchè queste sono comprese o largamente condivise, accettate ed utili, ma perchè egli ha la forza, i mezzi e gli strumenti per affermar sé stesso e poter dire: “Si fa così perchè l’ho deciso io e basta”. Costui riesce ad andar avanti vincendo gli attriti come un complesso motore ben lubrificato piuttosto che come una semplice palla in discesa. Ha quindi gli strumenti per aver ragione nonostante le complicazioni.

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Quelli che non collaborano…

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Quelli che non collaborano… ma ti stanno intorno.

Negli ultimi anni, in cui le mie collaborazioni si sono piacevolmente intensificate, ho avuto modo di notare l’esistenza di un particolare soggetto che prima, vuoi per l’età o vuoi per l’inesperienza, non avevo mai notato. Si tratta di quella particolare figura che non collabora nel modo più assoluto in un team di persone che hanno lo scopo comune di estrarre il meglio da un progetto, dalla voglia di fare e di cooperare con la massima volontà. Sto parlando di quel tipo di persona* che, pur di non farti riuscire in un tuo progetto, evita di collaborare attivamente arrivando a danneggiare persino sé stessa. Si tratta di soggetti che non si rendono conto di arrecar danno in primis a sé stessi e tutto questo pur di non farti riuscire nell’impresa, quasi a dire:”Se avrai successo, non sarà anche per mano mia…”. Voi non andate avanti e nemmeno loro… Sono gli abissi della psiche umana come direbbe Giacomino Poretti. A mio avviso si tratta di un grave conflitto interiore di persone che vedono con occhio estremamente invidioso le opportunità che si possono presentare a vantaggio di un intero team di intraprendenti. Costoro generalmente vogliono riuscire esclusivamente da soli, non sono adatti a lavorare in un’équipe ma potrebbero ritrovarvisi all’interno per la loro simpatia ed estroversione. Una doppia faccia decisamente pericolosa.

Allora come riconoscere queste persone se riescono a mascherarsi così bene ed a mascherare i loro sentimenti conflittuali? A dire il vero non ho un metodo né tantomeno la bacchetta magica ma ho potuto notare alcuni degli aspetti più caratteristici di questi soggetti. Generalmente potete chiedere loro una cosa all’infinito, riceverete sicuramente un sorriso con una risposta positiva che vi garantisce ogni volta che quanto richiesto verrà fatto, ma ogni singola volta, o la maggior parte delle volte, sarà un’attesa vana; oppure riceverete uno sguardo serio e premuroso di chi sembra già impegnato in quanto avete chiesto e, probabilmente, impegnato anche da mille altre cose che non avete chiesto ma che, si sostiene, essere proprio destinate a voi. Passa il tempo e le cose sembrano restare sempre ferme, anzi non sembrano, lo sono realmente. Questo tipo di persona si comporta come un vero e proprio freno. State sempre in attesa che esegua una mossa che aiuti il resto del team ma, anzi, il team è perennemente frenato e spesso manca i risultati perchè la persona in questione non ha fatto nemmeno il minimo possibile, a dire il vero… non ha fatto nulla. Un gran fumo di parole dissoltosi nell’aria. La situazione si protrae a lungo eppure le grandi doti di simpatia o di comunicazione del “collega freno” non vi fanno minimamente dubitare che inconsciamente esso desideri il contrario di quanto state desiderando voi. Perchè questa persona in fondo non desidera che il suo contributo possa portare successo anche ad altri, questo lo ingelosice perchè vorrebbe che tal successo fosse solo suo. Il suo primo problema è il non concepire un’azione di gruppo, con tutti i suoi vantaggi, come può esserlo lo sport di squadra (il calcio, il basket o la pallavolo ad esempio). Il secondo problema di questa persona è, purtroppo, l’invidia (il vero freno della situazione che non evolve), teme che il suo contributo possa conferire onori a chi prima o poi farà a meno di lui perchè, in fondo, è lui il primo che vorrebbe volentieri fare a meno di voi**.
Quando formate un team quindi, state attenti a chi mettete in squadra, a volte scegliere una persona un po’ meno brava (ad approfondire la formazione si fa sempre in tempo) ma estremamente collaborativa, attiva e che conclude, può portare risultati insperati e più rapidamente del previsto. Così quel fastidioso senso di pesantezza e rallentamento svanisce senza l’uso di protettori gastrici 🙂

*Se le incontrate, evitatele. Sono piene di invidia.
**Quello che teme negli altri è quello che costui/costei solitamente, consciamente o inconsciamente, fa e conosce bene.

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Don Chisciotte

Aspettarsi collaborazione e lavoro di squadra da chi non ne ha
alcuna intenzione è un po’ come lottare contro i mulini a vento.
Image’s copyright: marcosoma.blogspot.it

Regola numero uno: rendere conto agli altri.

Per lavorare in gruppo è la prima regola fondamentale

Eh già perchè se si desidera lavorare in squadra con lo scopo di rendere di più, si deve tener conto del fatto che ognuno si prende una responsabilità con sé stesso e con gli altri. Ognuno ha il suo compito e ad esso dovrebbe adempiere. Ma questo potrebbe essere paradossalmente secondario.

La regola principale sta nel fatto di non lasciare mai la squadra a metà lavoro. Fare questo significa lasciare il resto della squadra nei guai. Un collaboratore lascia il gruppo ed i problemi si riversano su coloro che rimangono: devono trovare un nuovo elemento sostitutivo, un collaboratore con le stesse competenze possibilmente, con lo stesso affiatamento. Il più delle volte è una situazione alla quale è davvero difficile  rimediare.

Non bisogna pensare che se vi ritirate in fondo in fondo ci rimettete solo voi. Dovete pensare in primis al danno che fate al gruppo e che, in seguito allo squilibrio che create, potete portare il gruppo stesso all’insuccesso. Il più delle volte accade che, non trovando immediatamente un sostituto già avviato come il precedente, altri membri del team siano costretti a lavorare il doppio o ritrovarsi a svolgere mansioni per le quali non sono preparati al meglio.

Un lavoro fatto in gruppo va portato a termine nonostante la fatica, i pasti da saltare, le ore in più necessarie… Indipentemente dal risultato riceverete molta più stima, rispetto e gradimento (nonché una buona dose di crescita personale) piuttosto che mollando e lasciando tutti nei guai. Il vero fallimento sta nel lasciare le cose a metà giustificandosi con problemi che in realtà non si è gli unici ad avere. Il risultato del lavoro è spesso secondario se la squadra  è stata affiatata ed ognuno ha fatto la sua parte. Quando sai che sugli altri puoi contare, un lavoro da migliorare o da rifare non è un ostacolo insormontabile.

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Se un solo anello della catena cede, il lavoro di tutti gli altri è inutile.