Interpretare le prestazioni del differenziale tramite la telemetria

Rubrica: Telemetria
Titolo o argomento: Analisi delle prestazioni del differenziale aperto/autobloccante nelle più severe condizioni

Nell’immagine in basso vediamo una schermata divisa in due parti: in alto viene visualizzata la velocità di rotazione della ruota motrice sinistra (esterna alla curva) e, in basso, viene visualizzata la velocità di rotazione della ruota motrice destra (interna alla curva). Lateralmente è possibile osservare la legenda (il grafico in blu fa riferimento alla vettura a trazione posteriore dotata di differenziale autobloccante tarato al 25% in potenza e con un precarico di 290Nm, mentre il grafico in verde fa riferimento allo stesso veicolo dotato però di differenziale aperto) e la mappa del punto in cui si trova il veicolo rispetto all’intero tracciato e rispetto alla curva che sta percorrendo.

La vettura si trova nella fase in cui il pilota inizia ad agire sul gas per proiettarsi fuori dalla curva. Gli effetti del rollio e del trasferimento di carico laterale della vettura sono ancora evidenti, infatti la ruota motrice interna alla curva ha un carico insufficiente ed inizia a pattinare.

Sul differenziale aperto questo pattinamento causa un’interruzione di coppia motrice anche sulla ruota esterna alla curva (vedi l’articolo sui differenziali aperti). In una fase così delicata questo fenomeno comporta un pericoloso squilibrio del mezzo. La telemetria rileva perfettamente il fenomeno e lo ripropone sotto forma di grafico (in verde) ove sono evidenziati 4 picchi irregolari di velocità di rotazione della ruota motrice interna alla curva e, al contrario, valori bassissimi di velocità di rotazione della ruota esterna alla curva la quale non è in grado di trasmettere coppia motrice se non nei brevi intervalli in cui la ruota motrice interna alla curva recupera un minimo di aderenza per poi riperderla.

Sul differenziale autobloccante (grafico in blu) il bloccaggio in potenza al 25% è già sufficiente ad eliminare i notevoli picchi di velocità di rotazione della ruota interna alla curva (questo può farci trarre diverse altre conclusioni sul resto dell’assetto del veicolo ma queste verranno omesse per semplicità). Essendo rimasto tutto l’assetto invariato (eccezion fatta per il differenziale), sulla ruota motrice interna alla curva il carico è il medesimo del precedente esempio, tuttavia tale ruota slitta decisamente meno e la ruota motrice esterna alla curva è così in grado di trasmettere una maggiore coppia motrice che si traduce anche in una maggiore velocità di rotazione e maggiore equilibrio della vettura. Questa maggiore velocità di rotazione, della ruota motrice esterna alla curva, si evince soprattutto laddove (nel riquadro in alto dell’immagine) il grafico in blu sovrasta il grafico in verde.

L’adozione di un differenziale autobloccante (in questo caso tarato con bloccaggio in potenza al 25% e 290Nm di precarico) permette pertanto di ridurre la perdita di tempo che si ha nell’affrontare l’uscita di curva con le ruote motrici che non sono in grado di trasmettere la coppia necessaria. Difficilmente troverete un’automobile a trazione posteriore che non sia dotata di differenziale autobloccante. L’esempio del differenziale aperto non è quindi da attribuirsi a casi reali ma ben chiarifica comportamenti interessanti da osservare.

Maggiori approfondimenti alla sezione “Setting” della pagina “Motorsport“.

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Telemetria - Confronto differenziale aperto con differenziale autobloccante

Sensori altezza vettura

Rubrica: Telemetria
Titolo o argomento: Sensori altezza vettura (esempio a SPA)

Vengono utilizzati per rilevare in ogni istante l’altezza della vettura da terra. Hanno un ruolo fondamentale specie in quei tracciati che presentano importanti dislivelli. Vedi ad esempio spa francorchamps. In questo tipo di tracciati infatti è fondamentale che la vettura non arrivi al contatto del fondo scocca con l’asfalto per evidare pericolosi “spanciamenti” con conseguenti perdite di aderenza non governabili. I sensori di altezza rilevano accuratamente l’altezza che intercorre tra il fondo della vettura e l’asfalto della pista. Possono essere misurate distanze da pochi millimetri fino a 350mm. La risoluzione può andare dai 0,03mm ai 0,42mm ed una risposta del segnale di soli 900ms (millisecondi). Il segnale in uscita da questo tipo di sensori è ad un solo canale e può essere inviato ad un “data logger”. Solitamente, se si verificano errori durante le misurazioni, la trasmissione dei dati riparte nei successivi 200ms. Al contrario se gli errori nel rilevamento delle misure continuano, il voltaggio del segnale in uscita va a 0 Volt e l’ingegnere sa che deve procedere ad un controllo del dispositivo.

Copyright

La PI Research ha autorizzato il blog www.ralph-dte.eu ed i siti ad esso collegati, alla pubblicazione di parte del materiale messo a disposizione. E’ severamente vietato riprodurre il materiale presente in questa rubrica. Chiunque pubblicasse su altri siti, forum o blog tale materiale, andrà ad incorrere in problemi legali dei quali non siamo responsabili.

Ringrazio vivamente:
Il mio caro amico “Giorgio”  per la gentile concessione della sua telemetria.
La PI research per i preziosi dati concessi.
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Sensori altezza vettura - Ride height sensors - Telemetria

Applicazione dei sensori di velocità nella telemetria

Rubrica: Telemetria (sensori di velocità)
Titolo o argomento: Esempi di utilizzo dei sensori di velocità

Come promesso nel precedente articolo della rubrica “Telemetria” vi mostriamo tre particolari casi in cui i sensori di velocità delle ruote risultano essere fondamentali per l’ottimale messa a punto di un veicolo da corsa.

Caso 1

Nella prima schermata vediamo la velocità delle ruote posteriori di una vettura di formula dotata di controllo di trazione. Il tratto di grafico si riferisce all’ingresso, la percorrenza e l’uscita da un curvone che va preso in accelerazione piena sin dall’inizio. Questo vuol dire che nel passaggio tra il rettilineo ed il curvone non si alza (o non si dovrebbe) il piede dal gas. Ecco cosa succede:

Sensori velocità ruota - Caso 1

  1. In ingresso curva la velocità delle ruote posteriori è di circa 184km/h (considerate che un leggero pattinamento c’è sempre).

  2. All’altezza del centro curva la velocità delle stesse ruote è cresciuta ma non eccessivamente. Siamo a circa 194 km/h.

  3. In uscita di curva la velocità si aggira intorno ai 214 km/h.

  4. Poco dopo vediamo uno scalino nel grafico. Quello scalino poco sopra i 220 km/h sta ad indicare che è intervenuto il controllo di trazione. Un intervento leggero dovuto ad un pattinamento poco oltre il limite consentito dall’elettronica.

Caso 2

Nella seconda schermata vediamo un confronto tra la curva ed il setup appena descritti (in BLU) e la stessa curva con lo stesso veicolo ed il set variato solo nell’angolo dell’ala posteriore (in ROSSO). E’ stato ridotto il carico aerodinamico solo al posteriore (si ha quindi una minore incidenza dell’ala posteriore e una minore deportanza). Vediamo cosa succede con meno carico al posteriore nelle tre fasi precedentemente descritte:

Sensori velocità ruote - Caso 2

  1. In ingresso curva la velocità è leggermente superiore. Si tratta di appena 3 km/h in più.

  2. All’altezza del centro curva le differenze sono già notevoli: 206 km/h contro i precedenti 194 km/h.

  3. Infine in uscita di curva le velocità ritornano ad essere pressapoco le medesime.

Analizzando solo la fase del centro curva è importante sapere se il pilota ha avvertito una sgradevole sensazione di perdita di aderenza, oppure se ha sentito scorrere meglio la vettura lungo la curva. I dati forniti dagli accelerometri presenti a bordo (vedi i precedenti articolo di “Telemetria”) saranno anch’essi molto importanti per avere ulteriori confeme. Tuttavia andrà valutato il comportamento della vettura anche nella percorrenza del resto del tracciato.

Caso 3

Nella terza schermata è possibile osservare il raffronto con un assetto molto scarico al posteriore. Un assetto volutamente sbagliato per far osservare come in assenza di carico sulle ruote posteriori, intervenga in modo più drastico il controllo di trazione. Il pilota affonderà comunque il gas (ma non è detto) e si affiderà all’elettronica. I tagli di potenza saranno incisivi e come vediamo dalla curva IN VERDE, il pilota perderà moltissimo tempo nonostante il gas sia tutto affondato. Questo dimostra come non è detto che un assetto più scarico offra la possibilità di girare più forte.

Sensori velocità ruote - Caso 3

  1. All’ingresso curva la vettura si inserisce a velocità più elevata. L’assenza di carico al posteriore inizia a far pattinare eccessivamente le ruote. Il controllo di trazione rileva l’errore e taglia l’alimentazione.

  2. Durante il centro curva la velocità (con l’assetto eccessivamente scarico al posteriore) sarà di ben 10 km/h più bassa. Contrariamente a quanto si tende a pensare.

  3. Uscita di curva: ormai il controllo di trazione è già in funzione e non sta smettendo di tagliare l’alimentazione in quanto come il mezzo riprende velocità, scivola nuovamente.

Da questo articolo risale come sia importante la presenza dei sensori di velocità delle ruote su un mezzo da corsa agonistico e come sia importante che questi sensori dialoghino con la telemetria e con il controllo di trazione.

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Telemetria, accelerazione laterale e qualche dubbio…

Rubrica: Telemetria (sensori di spostamento)
Titolo o argomento: Telemetria, accelerazione laterale e qualche dubbio
Rispondendo a Giovanni

Giovanni ci chiede, dopo aver letto l’articolo Telemetria -parte 4-, come mai se la vettura si trova ad esempio nella situazione in cui perde aderenza e scivola via, l’accelerometro non indica un’accelerazione laterale maggiore. Comprendo benissimo i dubbi che ti portano a questa domanda.

Intro

In una vettura da corsa si usano prevalentemente accelerometri bi-assiali, per indicare le componenti tangenziali e normali dell’accelerazione istantanea. Il dispositivo deve essere montato in corrispondenza del centro di massa (baricentro), oppure ai centri degli assi se ne vengono montati due mono-assiali. La componente tangenziale (alla traiettoria) misura la variazione del modulo della velocità, quella normale misura invece la rapidità di variazione della direzione della velocità.

  • In rettilineo è ovviamente diversa da zero soltanto la componente longitudinale

  • In curva la componente normale è sempre diversa da zero mentre quella longitudinale può esserlo o meno.

L’accelerazione e’ determinata dalla risultante delle forze esterne che agiscono sulla vettura: forze di attrito e spinte aerodinamiche.

L’accelerometro e le forze (centrifuga e centripeta)

L’accelerometro si trova ovviamente a bordo della vettura. Abbiamo un sistema costituito dalla vettura, il pilota e l’accelerometro. Un sistema non inerziale ossia un sistema accelerato rispetto alla Terra. Quando l’auto prende una curva (ad esempio dopo un lungo rettilineo) il pilota, la macchina e con essa quindi anche l’accelerometro tenderanno a mantenere la direzione che avevano poco prima. Quello che il pilota sente è la forza centrifuga da considerare nelle cosiddette forze fittizie. La forza centrifuga tende a spingere, durante la curva, il sistema vettura-pilota-accelerometro verso l’esterno. La forza centripeta, al contrario è la reazione opposta data dal grip meccanico (gomme) e quello aerodinamico (ali) che permette alla vettura di percorrere la curva. Più il veicolo aderisce alla strada mantenendo la sua traiettoria e più sull’accelerometro, come sul pilota e su tutto il corpo vettura, agirà una maggiore forza centrifuga che tenderà a far proseguire a tali corpi la direzione che avevano nell’istante precedente.

Se invece il veicolo perde aderenza e parte per la tangente, “tirando dritto”, sia sul pilota che sull’accelerometro e l’auto non agiscono forze che tendono a trattenerli nel precendente moto. Questo perchè la precedente direzione, anche se con un diverso equilibrio del veicolo, sta già continuando. Tutto parte per la tangente come se il pilota improvvisamente decidesse di tirar dritto… Vi sono sempre e comunque forze che agiscono su pilota, auto e accelerometro ma gli effetti sono meno incisivi in quanto la situazione assomiglia, almeno nell’istante prima che il mezzo inizi a scomporsi, ad un prolungamento del rettilineo. Con le dovute approssimazioni è come se non si verificassero cambiamenti di direzione dell’auto da corsa.

In realtà poi la vettura non starà procedendo sull’asfalto, inoltre il pilota avrà abbondantemente agito sui freni e lo sterzo. L’equilibrio della vettura non sussisterà più e starà saltellando sulla ghiaia magari… Quindi sull’insieme pilota-vettura-accelerometro staranno agendo comunque altre forze.

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Forza centrifuga e centripeta agente su un corpo che varia la traiettoria

Sensori di velocità

Rubrica: Telemetria
Titolo o argomento: Sensori di velocità

ABS

Sulle nostre strade ormai quasi tutti i mezzi ne sono dotati, certo non per comunicare con una telemetria, bensì semplicemente per indicare alla centralina dell’ABS (quindi in frenata) se la velocità delle ruote si è ridotta o se si sono letteralmente bloccate favorendo l’innesco di pericolose sbandate. Ovviamente in caso di bloccaggio della ruota, il sensore velocità indica alla centralina che il pneumatico non sta ruotando e l’ABS interviene creando il famoso effetto di pompaggio (avvertibile anche sul pedale del freno) che impedisce alle ruote di bloccarsi aumentando decisamente la resa della frenata di un veicolo.

Controlli di Trazione

In altri casi i sensori di velocità si adottano per comunicare alle centraline dei controlli di trazione la differenza di velocità ad esempio tra le ruote anteriori e quelle posteriori o viceversa. Quando il valore di questa differenza risulta eccessivo, ovviamente uno dei due assi dell’automobile sta pattinando e la centralina del motore (che comunica con quella del controllo di trazione) interviene sull’alimentazione tagliando l’iniezione. Si tratta ovviamente dell’asse anteriore in caso di trazione anteriore come nella maggior parte delle utilitarie, oppure dell’asse posteriore nel caso delle più sportive.

Controlli di Stabilità

Infine nel caso dei controlli di stabilità, i sensori della velocità delle ruote, vengono adottati per rilevare la velocità di ogni singola ruota e far frenare in modo indipendente ognuna delle quattro ruote (comunicando opportunamente con l’impianto frenante) in modo tale da ripristinare una sorta di equilibrio in caso di macroscopici errori da parte dei meno esperti. Oppure nel caso in cui si viaggi su fondi particolarmente scivolosi come neve, ghiaccio, fango o foglie. Non assicurano la salvezza totale da errori ma aiutano non poco specie quando si è meno esperti.

Nel caso delle corse un sensore velocità ruota montato su ognuna delle quattro ruote ha una molteplicità di scopi che non sono altro che un mix di quelli sopra elencati. I dati relativi alla velocità di ogni ruota vengono riportati dalla telemetria su un apposito grafico grazie al quale è possibile confrontare tutti gli altri valori rilevati dalla telemetria stessa con la velocità che avevano le ruote in quel dato istante.

Un esempio nelle corse

Giusto per fare un esempio immaginate un curvone veloce da 250 km/h e immaginate che il pilota comunichi via radio che la sua vettura (di formula) in quel frangente sta accusando uno sgradevole sovrasterzo. Possiamo a questo punto effettuare delle verifiche per mezzo della telemetria. Nel caso in cui le ruote posteriori risultino eccessivamente veloci rispetto alle anteriori, ci troviamo nel bel pieno di un pattinamento molto probabilmente imputabile ad uno scarso carico aerodinamico sull’ala posteriore. Questo implica l’assenza di spinta a terra ed il conseguente pattinamento che innescherà un sovrasterzo con conseguenze poco piacevoli. Al contrario se la velocità delle ruote posteriori risulta rientrare nella norma, il sovrasterzo accusato potrebbe dipendere da un’errata taratura delle sospensioni in compressione ad esempio. Gli esempi fattibili sono realmente tanti e li analizzeremo in seguito sulle apposite rubriche che stiamo preparando in tema di: setup, dinamica del veicolo, prove pratiche di telemetria simulata.

Sensore velocità ruote - Telemetria  Sensore velocità ruote - Telemetria Sensore velocità ruote - Telemetria

Come funziona

Il sensore che vedete nella figura qui in alto non fa altro che leggere i denti di una ruota fonica. Che cos’è una ruota fonica? Ecco la definizione tratta da Wikipedia:

“Il principio della ruota fonica induttiva si basa sulla legge di Faraday dell’induzione: l’allontanarsi ed avvicinarsi delle prominenze (costruite in materiale ferromagnetico) causa una variazione del campo magnetico in prossimità del sensore detto “PICK-UP” (costituito da una spira collegata al terminale di rilevamento velocità) a cui segue una corrente indotta alternata (ad impulsi di tipo sinusoidale) che viene letta dal terminale (ad ogni impulso corrisponde una prominenza o “dente”).

La ruota fonica ottica (encoder) è invece costituita da un laser e da un sensore di ritorno che rileva il raggio laser riflesso: il materiale opaco assorbe completamente il laser mentre quello riflettente lo restituisce come riflesso, ad ogni passaggio da opaco a riflettente corrisponde un segnale che viene inviato al terminale.

La ruota fonica capacitiva, infine, molto usata per le rotelle di regolazione volume di nuova generazione (cioè quelle che possono girare all’infinito, senza fine corsa), è costituita da una ruota con dei piccoli denti a cui è collegata una linea elettrica. Il sensore “pick-up” è questa volta un semplice polo di contatto, che viene toccato dai denti in fase di rotazione. Ogni dente corrisponde ad una chiusura istantanea di circuito, con conseguente impulso elettrico, seguita immediatamente dalla riapertura del contatto. La frequenza con cui il circuito si apre e chiude (cioè il numero di impulsi nell’unità di tempo), viene letta dal terminale che calcola quindi la velocità in base al numero di impulsi in rapporto al numero di denti.

I terminali (generelmente elettronici) calcolano in base al numero di “denti” della ruota (magnetica-induttiva) o al numero di segmenti opachi e riflettenti (ruota ottica) la velocità angolare di rotazione della ruota e del perno ad essa vincolato.”

Sensori velocità ruote

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Calibrare il tubo di Pitot

Rubrica: Telemetria (sensori per l’aerodinamica)
Titolo o argomento: Calibrare il tubo di Pitot

Il tubo pitot statico da solo non ha bisogno di essere calibrato dall’utente. Tuttavia, è necessario calibrare il trasduttore di pressione differenziale collegato ad esso, per dare i dati delle pressioni dinamiche nelle unità di misura utilizzate dagli ingegneri. La calibratura per il singolo sensore (canale)  è data nella seguente tavola:

Tubo di Pitot - Telemetria - Calibrazione

Dal rilievo della pressione dinamica, possiamo calcolare la velocità di aria.

Dall’equazione di Bernoulli

Tubo di Pitot - Calibrazione - Telemetria

Quanto appena visto nell’immagine qui sopra vale supponendo condizioni atmosferiche normali* (cioè temperatura ambiente di 15 ° C (288.15K) e pressione atmosferica di 1Bar (101325Pa,) da cui deriva una densità dell’aria: r = 1.225 kg/m3.

Tuttavia in ogni singola pista dove si va a correre sussistono temperature e pressioni differenti; pertanto vale la pena eseguire calcoli più precisi di volta in volta:

Tubo di Pitot - Calibrazione - Telemetria

Ricapitolando

Dalla formula della pressione dinamica ricaviamo la formula inversa per ottenere la velocità dell’aria. Inoltre per compiere calcoli estremamente precisi non adottiamo i valori di pressione, temperatura e densità dell’aria supposti, bensì rilevando sul circuito (con le strumentazioni meteorologiche dovute) pressione e temperatura, ci ricaviamo il valore esatto della densità dell’aria da sostituire nella formula della velocità. Il trasduttore di pressione differenziale potrà così essere calibrato in un istante.

*Per condizioni atmosferiche normali ci riferiamo a pressione e temperatura abituali relative al luogo dove vengono realizzate e testate le telemetrie “Pi Research” vendute in tutto il mondo, ossia: United Kingdom.

Tubo di Pitot

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Sensori di spostamento: LVDT linear variable differential transformer
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Sensori di spostamento: Linear Variable Differential Transformer

Rubrica: Telemetria (sensori di spostamento)
Titolo o argomento: Sensori LVDT – Linear Variable Differential Transformer

LVDT è l’acronimo di Trasformatore Differenziale Variabile Lineare che, come implica il nome, è un trasformatore con accoppiamento secondario variabile dipendente dalla posizione del nucleo. Il Trasformatore Variabile Differenziale Lineare ed il suo apposito amplificatore di segnale, sono progettati per essere utilizzati con la stessa facilità di un comune potenziometro lineare ma con vantaggi non indifferenti in termini di:

  • precisione (qualora il veicolo viaggi su asperità estreme e continue: vedi i rally)

  • basso attrito del sensore

  • risoluzione infinita

  • possibilità di operare in zone del veicolo molto calde.

Trasformatore variabile differenziale LVDT

Il trasformatore LVDT è utilizzato per misurare direttamente uno spostamento lineare o rotante. Indirettamente viene utilizzato per misurare parametri come forza o pressione. I trasformatori di tipo LVDT sono disponibili in un range che può variare da pochi millimetri ad alcuni metri anche se ques’ultimi hanno campi di applicazioni al di fuori del settore motoristico.

Il Trasformatore Variabile Differenziale Lineare deve essere alimentato da una tensione a corrente alternata che produce una tensione secondaria sempre a corrente alternata. Il rapporto tra i due valori viene utilizzato per determinare lo spostamento del nucleo e ricavare quindi il parametro cercato. La tensione secondaria che viene generata, infatti, varia a seconda della posizione del nucleo montato sullo stantuffo.

In figura (qui sotto) si osserva che la tensione è di 0,5 volt quando lo stantuffo del trasformatore è tutto retratto (ossia quando la sospensione della vettura è tutta compressa fino a fondo corsa. Tampone). Mentre la tensione diventa di 4,5 volt quando lo stantufo del trasformatore è tutto esteso fuori dalla sua sede (ossia quando la sospensione è tutta estesa; magari la vettura ha due ruote sollevate dopo aver preso abbondantemente un cordolo). Infine a metà corsa la tensione in uscita è di 2,5 volt.

Trasformatore variabile differenziale LVDT telemetria

La complessa circuiteria di modulazione e decodificazione (demodulazione) dello spostamento, richiesta dal trasformatore LVDT, è inclusa nell’amplificatore Pi LVDT il quale produce una corrente continua in proporzione alla posizione del nucleo. Questa caratteristica da il vantaggio di non dover effettuare delle calibrazioni prima dell’uso (come invece avviene per i potenziometri lineari). Ad una determinata posizione del nucleo posto sullo stantuffo, corrisponde una determinata tensione e, di conseguenza un valore elettrico che verrà interpretato dalla telemetria come un valore di posizione.

Ricapitolando per effettuare una misurazione precisa ad esempio della corsa di una sospensione di una vettura GTR, è necessario disporre del trasformatore LVDT ed il relativo amplificatore. La tensione in uscita dall’interazione di questi due strumenti andrà dai 0,5 Volt ai 4,5 Volt. La posizione centrale avrà un valore in uscita di 2,5 Volt indipendentemente dalla lunghezza della corsa dello stantuffo.

Come è fatto e come funziona un LVDT

Un Trasformatore Variabile Differenziale Lineare consiste in un avvolgimento principale, due avvolgimenti secondari ed un nucleo. Gli avvolgimenti principali e secondari sono alloggiati in un cilindro di metallo, con un’asta, corredata di un nucleo magnetico, semovibile che può scorrere dentro il cilindro.

Ha una finitura esterna che fornisce protezione  ed un buona resistenza meccanica nonché superfici di scorrimento a bassissimo attrito.

Trasformatore variabile differenziale LVDT telemetria

Quando l’avvolgimento primario viene alimentato, negli avvolgimenti secondari viene prodotta una corrente proporzionale alla posizione del nucleo. Questo fa sì che l’informazione sulla posizione di una sospensione (ad esempio) venga trasformata in segnale elettrico.

Trasformatore variabile differenziale LVDT telemetria

I trasformatori differenziali lineari sono costituiti come si può vedere nella figura sopra, da un trasformatore con due secondari uguali e simmetrici collegati in “controfase” l’uno rispetto all’altro (i due avvolgimenti secondari si trovano di 180° fuori fase rispetto al polo comune centrale). L’ accopiamento tra il primario e i secondari dipende dipende dalla posizione del nucleo mobile di materiale ferromagnetico. Quando il nucleo si trova nella posizione centrale la differnza tra le due mutue induttanze dei due secondari è nulla.  L’esempio sopra mostra che allo ZERO ELETTRICO entrambi i voltaggi sono della medesima grandezza ma fuori fase di 180°.

Glossario

  • Gamma elettrica: La gamma elettrica del trasformatore LVDT è il reale range di funzionamento entro il quale le misure rilevate hanno la massima precisione.

  • Zero Elettrico: Il punto dove sia il voltaggio primario che il secondario hanno la stessa grandezza.

  • Gamma Meccanica: La gamma meccanica del trasformatore LVDT ossia la corsa che può compiere lo stantuffo (al quale è applicato il nucleo) dentro il cilindro del trasformatore stesso. Solitamente è più lunga della gamma elettrica ma questo non vuol dire che le misurazioni, oltre i limiti della gamma elettrica, saranno affidabili.

  • Zero Meccanico: Questo è il centro della gamma meccanica. Ovviamente lo Zero Elettrico e Meccanico coincidono.

  • Sensibilità: Questo valore è utilizzato da alcuni produttori per specificare la precisione del prodotto. Lla sua unità di misura è in “mV Out per Volt In per mm”. Dove Volt In è la tensione primaria in V RMS.

  • Rapporto di somma e Differenza: Alcuni produttori di trasformatori LVDT specificano nei dati tecnici il Rapporto di Somma e Differenza cioè (VsecA-VsecB)/(VsecA+VsecB) in cui Vsec A e Vsec B sono i voltaggi secondari del trasformatore LVDT.

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Ringrazio vivamente:
Il mio caro amico “Giorgio”  per la gentile concessione della sua telemetria.
La PI research per i preziosi dati concessi.
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Sensori inerziali: accelerometro e giroscopio

Rubrica: Telemetria (sensori di spostamento)
Titolo o argomento: Sensori basati su potenziometro lineare

L’importanza dell’acquisizione di dati in una corsa moderna è indiscussa. I dati possono essere utilizzati non solo per confermare feedback dal conducente, ma anche per quantificare problemi. Un ingegnere di pista che ha buoni dati dalla sua telemetria ed ha una buona familiarità con le misure entro le quali deve trovarsi il veicolo, sa come intervenire in ogni situazione e con maggiore precisione quanto più è precisa la telemetria stessa. Questo aiuta a portare il veicolo più vicino alle sue prestazioni ottimali nel limitato tempo di prova e pratica permesso. Lo stesso si fa confrontando gli effetti di vari schemi di guida. Gli aspetti del comportamento dei veicoli possono essere valutati dai cosiddetti “studi inerziali,” studiando l’accelerazione e il movimento della macchina.

  • Misure di accelerazione longitudinale e laterale mostrano semplicemente quanto duramente la macchina sta frenando, girando, e accelerando.

  • Analisi dettagliate dell’accelerazione laterale mostrano il bilanciamento della vettura durante le curve.

I dati necessari per gli studi inerziali vengono dai sensori che rilevano la velocità delle ruote e dai sensori inerziali. I sensori inerziali includono accelerometri e “rate sensors” chiamati comunemente giroscopi.

Accelerometro
Un accelerometro può essere posizionato per misurare:

Posizionamento accelerometro telemetria

Posizionamento accelerometro

Un’alternativa all’utilizzo di un accelerometro per misurare l’accelerazione longitudinale è ricavarsi la derivata della velocità misurata. Questo è incluso in un Math Channel presente nel software di Analisi PI Version 6 di PI Research. Tuttavia qualsiasi inesattezza nella misura della velocità di ogni ruota data ad esempio dal bloccaggio di una ruota o dalla crescita del diametro di un pneumatico in seguito al surriscaldamento, o ancora inesattezze dovute agli effetti che si manifestano nella percorrenza della curva porteranno a una valutazione imprecisa dell’accelerazione longitudinale.

Accelerometro telemetria

Accelerometro a 3 assi PI Research

Accelerometro Pi Research della F1 degli anni '90

Accelerometro giroscopio Pi Research della F1 degli anni ’90

Giroscopio

Un giroscopio misura il tasso angolare di svolta. Ad esempio, se un giroscopio sta girando ad un tasso di una rotazione (360°) ogni 10 secondi, allora misurerà 36 livelli al secondo. I cambiamenti agli angoli di rollio, imbardata e beccheggio su una macchina con sospensioni rigide, sono generalmente piccoli, e quindi non vengono misurati nel modo migliore utilizzando un giroscopio.

Posizionamento giroscopio telemetria

Posizionamento giroscopio

Giroscopio telemetria

Giroscopio PI Research

Esempio

Riprendiamo l’esempio dell’articolo precedente (Telemetria parte 3) e ricordiamo che la sezione del tracciato presa in considerazione corrisponde al momento in cui il pilota, a seguito di un errore, è andato abbondantemente sul cordolo creando forti oscillazioni sulle sospensioni lato sinistro. Come stiamo per vedere in questo articolo, il pilota ha causato una perdita di velocità improvvisa evidenziata nel primo dei due grafici (nell’immagine in basso) da un improvviso scalino sul diagramma della velocità. Ma non solo: questa volta sotto il diagramma della velocità, abbiamo impostato il diagramma “Lateral G” ossia il diagramma dell’accelerazione laterale. Quest’ultima viene rilevata dall’asse perpendicolare al senso di marcia dell’accelerometro. Cosa osserviamo sul grafico dell’accelerazione laterale? Finché il grafico si trova sotto lo zero, la vettura sta sterzando a sinistra. Sopra lo zero la vettura sta sterzando a destra. Vediamo che il grafico passa per lo zero in quanto il pilota che inizialmente sterzava verso sinistra, dopo essere passato sul cordolo, inizia a sterzare verso destra per entrare nella curva successiva. Più è alta la tenuta di strada della vettura e più il grafico si allontana dallo zero (stiamo parlando solo dell’accelerazione laterale al momento). Quando il grafico si trova nei pressi dello ZERO il pilota procede in un rettilineo, o si trova nell’istante (come in questo esempio) in cui passa da una curva a sinistra ad una verso destra (o viceversa), o ancora, sta perdendo aderenza… Ovvero il suo sistema: telaio-sospensioni-gomme non sta funzionando a dovere e scivola.

Accelerometro - Esempio telemetria

Accelerometro: esempio telemetria

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Sensori di spostamento: potenziometro lineare

Rubrica: Telemetria (sensori di spostamento)
Titolo o argomento: Sensori basati su potenziometro lineare

Talvolta chiamato estensimetro, il sensore con potenziometro lineare è disponibile in varie misure e con varie gamme di misura per soddisfare diverse applicazioni quali il rilevamento della marcia inserita, la posizione dell’acceleratore o il movimento della sospensione. L’elemento che opera il rilvemanto è un film di plastica conduttivo vincolato ad un convenzionale dispositivo a filo avvolto (wire-wound) per dare una risoluzione (ossia la precisione nel rilevamento del dato) elevatissima ed una notevole vita operativa del sensore stesso. Ogni sensore è fornito di 150mm  di cavo che termina con un raccordo del tipo: AS Micro Lite HE. I sensori sono equipaggiati con due appositi sostegni per il montaggio.

potenziometro lineare potenziometro lineare

Esempio

Nell’immagine sotto vediamo una schermata della nostra telemetria che si riferisce esattamente alla corsa della sospensione posteriore sinistra nel punto del tracciato indicato dalle frecce rosse (mappe lato destro). Nello specifico caso la vettura ha preso un cordolo troppo abbondantemente (con le ruote di sinistra) provocando un’eccessiva compressione delle sospensioni (non prevista dal setup) che possiamo ben rilevare sul grafico dai picchi tracciati grazie ai potenziometri lineari (a volte chiamati estensimetri). Il potenziometro lineare viene quindi montato ai capi di ogni ammortizzatore e registra istante per istante quando l’ammortizzatore stesso si sta comprimendo trasformando in segnale elettrico ogni misura rilevata. Nell’immagine vediamo due grafici: il primo indica la velocità che aveva la vettura da corsa nel tratto di pista evidenziato. Notiamo che la velocità stava scendendo gradualmente fino al punto in cui, urtando eccessivamente il cordolo, la velocità subisce una diminuzione improvvisa (rappresentata dallo scalino) alla quale corrisponde, nel grafico sotto, una serie di oscillazioni anomale del corpo sospensione con picchi che la vedono alternarsi in situazioni di completa estensione e compressione. Attenzione alla lettura, va fatta al contrario ovvero la misura indicata nell’asse delle ordinate indica la corsa rimasta dell’ammortizzatore.

Esempio grafico corsa sospensioni

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