Rubrica: Energia
Titolo o argomento: Produzione dell’idrogeno
Sono diversi i metodi per ottenere idrogeno, attualmente però i più economici consistono nella sua estrazione dagli idrocarburi. Spesso l’idrogeno viene utilizzato nello stesso istante in cui viene prodotto, ciò evita di doverlo separare e stoccare. Questo avviene ad esempio nell’industria chimica e petrolchimica che lo adopera per: produrre energia elettrica da utilizzare in loco, eliminare lo zolfo dai carburanti, migliorare la qualità dei greggi pesanti, produrre ammoniaca (necessaria per molti fertilizzanti), produrre additivi per combustibili, ecc.
Reforming del gas naturale
Trattasi di un processo che consiste nella trasformazione catalitica endotermica di idrocarburi leggeri mediante l’uso di vapore acqueo. La reazione tra il metano ed il vapore acqueo (steam-methane reforming o SMR) produce monossido di carbonio e idrogeno (1° fase). Si tratta di una reazione endotermica ossia con assorbimento di calore. Tale reazione viene effettuata a temperature e pressioni elevate (temperature comprese tra 700°C e 1100°C e pressioni comprese tra 3 e 25 bar). La miscela ottenuta viene denominata Syngas o gas di sintesi:
1° Fase: CH4 + H2O + calore → CO + 3 H2
2° Fase (Shift Reaction): CO + H2O → CO2 + H2
La 2° fase è di notevole importanza per l’industria in quanto permette di ottenere idrogeno di elevata purezza (dal syngas) utile per la sintesi dell’ammoniaca. Interviene nella reazione un catalizzatore a base di ossidi di ferro e di cromo. Il biossido di carbonio e altre sostanze indesiderate vengono rimossi dalla miscela di gas per assorbimento o con l’ausilio di apposite membrane. Il gas residuo contiene circa il 60% di materie combustibili (H2, CH4, CO) che vengono utilizzate in parte per il riscaldamento del reformer e l’avvio del processo. Gli impianti di reforming a vapore producono circa 100.000 metri cubi di idrogeno all’ora.
Costi
Il contenuto energetico disponibile nell’idrogeno prodotto è più elevato di quello del metano utilizzato, tuttavia l’enorme mole di energia assorbita per il funzionamento degli impianti penalizza il rendimento del processo che è pari a circa il 65%. Il costo del gas naturale incide per il 50-70% sul prezzo finale dell’idrogeno negli impianti di grandi dimensioni, mentre incide per circa il 40% negli impianti di dimensioni minori. Se confrontato con l’elettrolisi, l’SMR ha costi notevolmente inferiori, inoltre esso ha un ridottissimo impatto sull’ambiente.
Metodi avanzati
La tecnologia SMR è stata affinata per la produzione “combinata” di idrogeno, vapore ed energia elettrica tramite un sistema integrato di produzione. La peculiarità di tali sistemi consiste nel recupero del calore prodotto al fine di impiegarlo nelle fasi di preriscaldamento e desulfurizzazione del metano, riscaldamento dell’acqua e generazione di vapore. L’idrogeno prodotto è impiegato direttamente per la produzione di energia elettrica che verrà poi erogata dall’impianto stesso. Tra i vantaggi di questa soluzione troviamo ovviamente un notevole risparmio in fase di progettazione (tre strutture in un unico progetto), un risparmio fino al 50% dei costi operativi dell’impianto, una riduzione dei costi fissi all’aumentare della produzione. Inoltre simili impianti riducono del 50% le emissioni di NOx mentre il CO prodotto dalle turbine a gas viene bruciato nel reforming stesso.
Attualmente però, gli impianti di reforming, forniscono energia elettrica solo alle industrie del settore chimico e petrolchimico con delle piccole reti di trasmissione anche se non sono da escludere maggiori impieghi futuri.
Altre reazioni di reforming (steam-reforming reactions)
Vi sono altre reazioni di reforming per ottenere idrogeno, vale a dire tramite:
propano e vapore acqueo: C3H8 + 3H2O + calore → 3CO + 7H2.
etanolo e vapore acqueo: C2H5OH + H2O + calore → 2CO + 4H2.
benzina e vapore acqueo: C8H18 + 8H2O + calore → 8CO + 17H2.
Gassificazione del carbone
Dalla gassificazione del carbone incandescente (coke, antracite, lignite, ecc.) con vapor d’acqua e, in parte, con aria, si ottiene il cosidetto “gas d’acqua”. Si tratta di una reazione endotermica (ossia con assorbimento di calore):
C + 2H2O → CO2 + 2H2 oppure C + H2O → CO + H2
Il calore viene somministrato miscelando, assieme al vapor d’acqua, una porzione d’ossigeno. In tal modo avviene anche la reazione esotermica (ossia con formazione di calore): C + O2 → CO2
L’ossido di carbonio prodotto nel primo stadio viene successivamente trattato con altro vapore acqueo a 400-500 °C (interviene nella reazione un catalizzatore a base di ossidi di ferro e di cromo): CO + H2O → CO2 + H2
La miscela gassosa ottenuta viene quindi purificata tramite un procedimento denominato “distillazione frazionata” (o rettifica) il quale permette di separare più di due sostanze volatili aventi punti di ebollizione diversi.
Produrre idrogeno dall’acqua: elettrolisi dell’acqua
La produzione di idrogeno per elettrolisi richiede l’impiego di energia elettrica. Energia necessaria per scomporre l’acqua nei suoi due elementi: idrogeno ed ossigeno. Tale energia è contenuta nell’idrogeno. La produzione di grandi quantità è pertanto conveniente solo in Egitto, Islanda e Norvegia, ovvero nei paesi dove la produzione di energia proviene dal largo impiego dell’idroelettrico. Per produrre energia utile dall’idrogeno, questo deve essere nuovamente legato ad un altro elemento, ed è esattamente ciò che avviene in una cella a combustibile.
La decomposizione di acqua in idrogeno e ossigeno, tramite elettrolisi, viene realizzata in celle elettrolitiche dette “elettrolizzatori”. Si tratta di recipienti contenenti l’elettrolita e divisi in due compartimenti da un diaframma microporoso in grado di far passare ioni. L’elettrolita, che generalmente si ritiene sia acqua, è in realtà una soluzione acquosa di idrossido di sodio che vanta migliori proprietà elettriche. Nella suddetta soluzione acquosa sono immersi due elettrodi (conduttori metallici) collegati ai poli ad un generatore (una pila o un accumulatore – corrente elettrica continua). L’elettrodo, collegato al polo positivo, si chiama anodo, quello collegato al polo negativo catodo. Sotto l’azione del campo elettrico generato dagli elettrodi, gli ioni presenti nell’elettrolita migrano: quelli di carica positiva (cationi) verso il catodo, quelli di carica negativa (anioni) verso l’anodo. Giunti a contatto con il catodo, i cationi acquistano elettroni e formano specie neutre. Gli anioni, giunti a contatto con l’anodo, cedono elettroni (cioè si ossidano) formando analogamente specie neutre. L’idrogeno (H2) si accumula quindi dalla parte del catodo e l’ossigeno (O) da quella dell’anodo. Se l’idrogeno viene utilizzato immediatamente, viene apportato ossigeno affinché abbia luogo la combustione. In tal caso entrambi gli elettrodi (anodo e catodo) dovranno essere realizzati con metallo inerte altrimenti avverrà l’ossidazione del metallo stesso e diminuirà la quantità di ossigeno disponibile.
Al catodo (-) avviene la reazione di riduzione: 4 H+ + 4 e– → 2 H2
All’anodo (+) avviene la reazione di ossidazione: 2 H2O → 4 H+ + O2 + 4 e–
La reazione globale è: 2 H2O → 2 H2 + O2
Usando come sorgente elettrica pannelli fotovoltaici o generatori eolici si pone il problema della discontinuità dell’alimentazione, ma i moderni elettrolizzatori hanno un comportamento dinamico e si adeguano al flusso discontinuo di energia elettrica, pertanto possono essere facilmente combinati con sistemi che usano fonti rinnovabili.
L’elettrolisi dell’acqua è il metodo più semplice, e sul quale si effettuano più ricerche, per ricavare idrogeno. Ciononostante l’ottenimento di una data quantità di gas comporta una spesa energetica maggiore di quanta poi l’idrogeno ne potrà fornire. Il processo non è pertanto vantaggioso al momento, ragione per cui viene utilizzato solo nel 3% dei casi.
Elettrolisi ad alta pressione
Gli elettrolizzatori ad alta pressione, a differenza dei tradizionali, sono realizzati mediante materiali in grado di permettere pressioni fino a 50 bar e oltre. Attualmente sono in fase di studio processi che dovrebbero consentire la combinazione dell’elettrolizzatore con generatori elettrici fluttuanti: generatori eolici, impianti fotovoltaici.
Elettrolisi ad alta temperatura
Anni fa, l’elettrolisi ad alta temperatura, è stata ritenuta una interessante alternativa. Ci si aspettava che potesse fornire una frazione dell’energia necessaria sotto forma di calore ad alta temperatura (800-1000 °C), questo avrebbe consentito l’impiego di meno energia elettrica. Si è pensato anche all’utilizzo del calore prodotto da un concentratore solare (specchio parabolico) o a quello non utilizzato da una centrale termoelettrica, tuttavia non sembrano esserci aggiornamenti in merito.
Altri metodi di produzione
Piccoli reformer
Da alcuni anni si studiano piccoli reformer (reforming a vapore, ossidazione parziale) per la produzione di idrogeno in combinazione con celle a combustibile. Tali sistemi sono rivolti perlopiù ai veicoli ed a piccoli sistemi fissi. Se i risultati dovessero essere incoraggianti si spera di poter sfruttare la maggiore densità energetica e il più semplice impiego dei convenzionali carburanti liquidi in celle a combustibile. Il reforming e l’ossidazione parziale di metanolo e di benzina rivestono un particolare interesse in questa ricerca.
Ossidazione parziale degli idrocarburi
Si può ottenere idrogeno anche come prodotto della reazione di ossidazione parziale degli idrocarburi:
CH4 + 0,5 O2 → CO + 2 H2
Viene definita “ossidazione parziale” la trasformazione termica di idrocarburi pesanti (es. i residui di oli pesanti dell’industria petrolchimica) con l’apporto di ossigeno e, in misura ridotta, anche di vapore acqueo. Con le giuste proporzioni di ossigeno e vapore acqueo è possibile dar luogo alla gassificazione senza fornire energia dall’esterno. Il metodo dell’ossidazione parziale è fattibile anche con il carbone il quale viene finemente triturato e miscelato con acqua allo scopo di ottenere una sospensione con un contenuto solido del 50-70%. Tale sistema risulta essere conveniente (dal punto di vista economico) solo nei paesi grandi produttori di carbone: Sudafrica, Cina. E’ opportuno sottolineare che se, a medio e a lungo termine, l’idrogeno dovesse acquisire notevole importanza nel settore energetico, la sua produzione tramite reforming convenzionale, o ossidazione parziale di gas naturale, petrolio o carbone, è poco consigliabile dal punto di vista ambientale, perché non riduce le emissioni di CO2.
Sottoprodotto di processi petrolchimici
Sì può altresì ottenere idrogeno come sottoprodotto dei processi petrolchimici di cracking (processo attraverso il quale si ottengono idrocarburi paraffinici leggeri per rottura delle molecole di idrocarburi paraffinici pesanti).
Produzione in laboratorio
In laboratorio si può ottenere idrogeno generalmente con la reazione degli acidi con metalli, come lo zinco o l’alluminio:
Zn + 2 H3O+ → Zn2+ + H2 + 2 H2O
2 Al + 6 H2O → 2 Al(OH)3 + 3 H2
Dalla reazione (piuttosto lenta) del boroidruro di sodio NaBH4 (idruro irreversibile) con l’acqua vengono liberate 4 moli di idrogeno per mole di composto a temperatura ambiente. In condizioni ottimali vengono liberati 0,213 g di idrogeno per 1 g di NaBH4, ovvero 2,37 litri (gas STP) per mole di composto.
NaBH4 + 2H2O → NaBO2 + 4 H2
2 risposte a “Produzione dell’idrogeno – Metodi standard”
I commenti sono chiusi.