Autovalori e autovettori

Rubrica: Officina della Matematica

Titolo o argomento: Che cosa sono gli autovalori e gli autovettori?

Spesso capita di studiare gli autovalori e gli autovettori osservandoli come qualcosa di complicato e incomprensibile imparando di conseguenza “a memoria” i concetti espressi dal libro o a lezione. In realtà il concetto di autovalore e autovettore è semplice in maniera disarmante. Dò per scontato il concetto di “endomorfismo” per il quale comunque, in basso tra i link correlati, è riportato un apposito articolo.

Introduzione al concetto di autovalori e autovettori

Quando ci troviamo davanti ad un’applicazione lineare (o funzione che dir si voglia) esisteranno direzioni privilegiate che rimangono invariate sotto l’azione dell’endomorfismo T? Se ad esempio ci troviamo davanti ad un endomorfismo T di R2, esisterà una qualche coppia (x, y) ≠ (0, 0) che, trasformata mediante T, mi dia come risultato nuovamente la coppia (x, y) moltiplicata per un numero λ? Ci chiediamo quindi se capiterà quanto segue:

T(x, y) = λ(x, y)

Per scoprirlo vediamo un apposito procedimento negli esempi riportati a fine articolo, prima però è opportuno dare alcune definizioni fondamentali.

Autovalore (o valore proprio)

Si tratta di un coefficiente di proporzionalità, uno scalare solitamente denominato con la lettera λ. Gli Autovalori di un endomorfismo T sono esattamente le radici (o soluzioni) del suo polinomio caratteristico (vedi paragrafo relativo).

Autovettore (o vettore proprio, o vettore caratteristico)

Il vettore v0 è autovettore di T se T(v0) = λv0, ciò implica che v0 è l’autovettore relativo all’autovalore λ. In altre parole si tratta di un vettore non nullo v appartenente a V tale che T(v) sia multiplo di v.

Polinomio caratteristico “pT(λ)”

Strumento per la determinazione di autovettori e autovalori: pT(λ) = det(A-λIn), dove T è l’endomorfismo dello spazio vettoriale V, mentre A è la matrice quadrata che rappresenta T rispetto alla base B e, infine, In è la matrice identica o identità. Le soluzioni di tale polinomio, ossia le radici, sono gli autovalori. Essi andranno poi sostituiti all’interno del sistema T(v) = λv.

Il polinomio caratteristico è un oggetto che dipende solo dalla classe di similitudine di una matrice e fornisce pertanto informazioni sulla natura della trasformazione lineare. Il polinomio caratteristico è anche utilizzato per determinare la forma canonica di luoghi geometrici esprimibili mediante matrici come coniche e quadriche.

Spettro “Sp(T)”

Insieme degli autovalori di T.

Autospazio “Vλ

Insieme degli autovettori corrispondenti allo stesso autovalore ovvero Vλ è uguale all’insieme degli elementi v di V per cui T(v) = λv. Ricorda inoltre che l’autospazio è sottospazio di V. Gli autospazi devono avere dimensione pari alla molteplicità del relativo autovalore.

Traccia
Somma degli autovalori.
Molteplicità algebrica

La molteplicità algebrica di un autovalore è la sua molteplicità come radice (o soluzione) del polinomio caratteristico pT(λ). La molteplicità algebrica di un autovalore è sempre maggiore o uguale alla sua molteplicità geometrica.

Molteplicità geometrica
La molteplicità geometrica di un autovalore è la dimensione dell’autospazio relativo all’autovalore.
Endomorfismo triangolabile

Un endomorfismo è triangolabile se esiste una base B di V rispetto alla quale T è rappresentato da una matrice triangolare superiore. In tal caso si dice che la base B “triangolarizza T”. Ciò mi interessa per il semplice fatto che vogliamo trovare una base per cui una data matrice (o una data applicazione lineare) ha la forma più semplice possibile al fine di semplificare notevolmente i calcoli.

Endomorfismo diagonalizzabile

Un endomorfismo è diagonalizzabile se esiste una base di V composta da autovettori di T. Inoltre se T è un endomorfismo di uno spazio vettoriale di dimensione “n” sul campo K e se T ha esattamente “n” autovalori distinti in K, allora l’applicazione lineare T è “diagonalizzabile”. Ciò mi interessa per il semplice fatto che vogliamo trovare una base per cui una data matrice (o una data applicazione lineare) ha la forma più semplice possibile al fine di semplificare notevolmente i calcoli.

Esistenza di una base di autovettori per un dato endomorfismo

Se la matrice associata a un endomorfismo è diagonale allora esiste una base composta da soli autovettori. Se una matrice quadrata A di ordine n è simile ad una matrice diagonale allora esiste una base di autovettori per LA se e solo se la classe di similitudine OA contiene una matrice diagonale.

Sia sui reali che sui complessi basi di autovettori non esistono sempre. Certo farebbe comodo perchè rispetto ad una base di autovettori un endomorfismo può essere rappresentato da una matrice decisamente semplice: la matrice diagonale (di risoluzione immediata). Quello che è certo è che sui complessi è sempre possibile trovare basi rispetto alle quali l’endomorfismo si esprime mediante una semplice matrice che generalmente è triangolare superiore. Sui reali non è detto che accada sempre.

Nota: per comprendere agevolmente quanto appena riportato è necessario conoscere i concetti di “matrici simili e classe di similitudine”, “endomorfismo” e “applicazione LA associata ad una matrice” (attraverso la quale una matrice moltiplica un vettore).

A cosa servono gli autovalori e gli autovettori?

Gli autovalori e gli autovettori compaiono ad esempio come assi preferenziali di rotazione, frequenze di risonanza, direzioni di maggior sforzo. Essi sono mezzi per lo studio di endomorfismi.

Esempi di calcolo di autovalori e autovettori

Vedi link relativo di seguito.

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