Sempre di più: Viaggio dentro le proprie progressioni

Rubrica: Qualità della vita, Narrativa

Titolo o argomento: Viaggio dentro le proprie progressioni

Il concetto di limite è una questione personale

Sono sicuro che potrei fermarmi qua. Ho raggiunto una molteplicità di risultati che potrei considerare già abbastanza, specie per la mia giovane età. Sono stato precoce, a volte per abilità, altre volte per necessità, persino per disperazione. Ho fatto di tutto, molto più di quanto avrei potuto anche lontanamente immaginare in principio. Se i confronti fatti con la massa avessero ragion d’esistere potrei fermarmi qui. Ma si tratterebbe solo di una rude banalizzazione, una scorciatoia di comodo. Non funziona così, le misure le prendi con te stesso, con la responsabilità di quel che sai di poter fare realmente, non con un confronto con un campione che torna conveniente, che mi dice quel che potrebbe piacermi sentir dire.

Mi sono tolto delle soddisfazioni interessanti, ho risolto problemi complicati, ho studiato molto più di qualunque ordinario piano di studi universitario (praticamente nulla rispetto al sapere esposto nelle vetrine dell’Universo e oltre…), ho provato teorie che sostenevo, ho avuto ragione su chi mi ha messo da parte come un divano dalle molle rotte e una seduta scomoda, su chi mi ha svalutato senza nemmeno ascoltare, argomentare. Ho messo a frutto una moltitudine di errori da cui ho imparato inaspettatamente le cose più importanti. Ho fatto anche delle piccole scoperte. Eppure è insito nella natura umana desiderare sempre di più o, perché no, variante più rara, sempre lo stesso ma in modo più complesso.

Crescenti desideri umani

Alcuni lo fanno con le donne, non possono smettere di desiderare quante più donne possibili, talvolta persino impossibili, sempre diverse, come tori il cui olfatto non si può ingannare. Altri lo fanno col denaro, ne ammucchiano ammucchiano, nemmeno lo usano, non gli occorre, ma  non è mai abbastanza, non riescono a bilanciare l’impulso frenetico della progressione. Altri ancora lo fanno con il potere, la rivincita su traumi infantili da sottomissione o esclusione dal branco di cui non sono nemmeno consci, o il desiderio intrinseco di dominio; tentano la loro presunta strada verso il superpotere in direzione di quasi divinità terrena con l’afflizione, superbamente umana, di ambir all’esser adorati da altri uomini insicuri.

Grandi progetti

Io lo faccio con i progetti. Ne ho sempre una caterba in mente, vorrei realizzarli tutti ma la razionalità mi dice che non posso, la follia mi dice di intrecciarne diversi ed accontentarmi di una rara quanto inconsueta risultante (ciò che oggi chiamano “competenze trasversali”). Cerco di farne il più possibile ma ci sono sempre dei freni, degli attriti quotidiani che mi limitano, che mi ostacolano, che mi deviano, che mi portano a scoprire cose che non mi aspettavo di scoprire attraverso modi che non mi aspettavo di poter mai adottare.

Il caso non esiste

Il caos esiste, il suo anagramma, il caso, no. Il caso non esiste. Sono certo ci sia un motivo dietro ogni cosa, ci sia un disegno dietro ogni cosa, ci sia una logica dietro ogni cosa, ci sia una lezione importante dietro ogni cosa, ci sia un obiettivo importante dietro ogni cosa, ci sia un insegnamento fondamentale attraverso tutto.

Il Destino esiste, il Destino non esiste

Dicono però che il destino non esiste, personalmente penso che non sia vero che esiste, così come non sia vero che non esiste. Ci sono, forse, una gamma discreta e definita di scelte che possiamo operare e, all’interno di essa, possiamo optare, generando una moltitudine di combinazioni, dirigerci lungo il percorso che più, con la massima onestà, sentiamo come ideale per noi in quel dato momento, ma non possiamo scegliere tutto, così come non possiamo privarci della responsabilità della scelta.

Ci muoviamo all’interno di una gamma di scelte e, forse, qualunque dei percorsi concessi che scegliamo, ci porta al medesimo punto di arrivo. Ma in diverse condizioni. E’ la strada che cambia, probabilmente non l’arrivo. E’ questo, forse, che porta ad un livello quantistico la definizione di destino, due risultati opposti coesistono e, forse, l’apertura di porte che garantiscono più opzioni portano inevitabilmente, e antiintuitivamente, ad una minore possibilità che una nostra scelta passi dall’altra parte. Più porte si aprono, più diventa difficile scegliere, decidersi.

Non diventeremo Astronauti se siamo destinati ad essere Medici, non diventeremo Piloti da corsa se siamo destinati a grandi Progetti e non diventeremo Architetti ordinari se l’architettura cui fa riferimento il nostro destino è, ad esempio, su un’altra “scala”.

Friedrich August Kekulé, architetto… delle molecole

Vi porto un esempio reale così che le idee possano schiarirsi. Friedrich August Kekulé (nato il 7 Settembre 1829 a Darmstadt) frequentò l’Università di Glessen, Architettura, tuttavia qualcosa non gli tornava esattamente chiaro circa la sua vocazione. Prese parte alle lezioni di chimica del Professor Justus von Liebig e decise di cambiare strada e dedicare la sua vita a questa nobile Scienza. Ben presto si sarebbe occupato della tetravalenza del carbonio, dei legami delle molecole organiche semplici, della struttura del benzene fino a diventare “l’Architetto” della Teoria della Struttura Molecolare. Diventò quindi un Architetto ma non di strutture macroscopiche, bensì di strutture microscopiche.

Curioso, no? Aveva scelto in principio studi di Architettuta, sentiva una sorta di attrazione per le geometrie e le strutture, ma c’era qualcosa di più. Gli eventi e il suo impegno l’hanno portato sulla strada giusta, la strada che gli ha permesso di dare il suo fondamentale contributo e, cosa non da poco, di tramandarlo. Tre dei primi cinque premi Nobel per la chimica, infatti, furono vinti da suoi studenti. Tra le sue opere principali il “Manuale di Chimica Organica” (la Chimica dei composti che contengono il carbonio, la vita sulla Terra si basa su tali composti) del 1859 e “La chimica dei derivati del benzene o delle sostanze aromatiche”.

Le distrazioni di massa spengono la mente, le perturbazioni la allenano

L’Universo è uno splendido mistero, mi chiedo come sia possibile non desiderare di più ogni giorno, come si possa anche solo per un istante pensare di arrendersi a routine, vizi, agiatezze, consumismo, mercati globalizzati, rassegnazione apatica, giornate scontate, ripetitivi cliché sociali. Le distrazioni di massa spengono la mente.

Mi è impossibile non tentare le mie follie ogni giorno, mi è impossibile non tentare di inseguire i miei sogni ogni giorno, mi disturbano le perturbazioni inutili, le perdite di tempo, le armi di distrazione di massa, le idiozie, i fastidi burocratici e tutto ciò che “stupidamente” è appositamente realizzato, con abile “ingegno”, per evitare che le menti dotate di appetito possano sfamarsi e produrre. O, forse, semplicemente per un’utile selezione che permette solo ai più caparbi, ai più energetici di abbattare barriere invisibili per lasciare il loro orbitale.

Ma allo stesso tempo le perturbazioni mi occorrono, perché sono allenamento. Sono certo che senza problemi si appassisce, si cade nell’ottusa convinzione di essere sempre nel giusto, si perde elasticità mentale, capacità di problem-solving. La massa è energia, i problemi sono massa.

Se sei in gamba hai bisogno di gente in gamba intorno a te

Inseguiamo le nostre più nobili progressioni! Ne ricaveremo una realtà migliore. Il tuo talento fa bene anche a me così come il talento di ognuno fa bene anche a tutti gli altri che costituiscono una collettività. Sebbene una sana competizione non guasti mai, perché ci sprona a migliorare le nostre prestazioni, la collaborazione di una moltitudine di persone, che si applicano ben al di sopra del livello standard di menefreghismo, produce effetti che si traducono in una migliore qualità della vita generale.

Se sai che puoi fare di più in termini di onestà, professionalità, affidabilità, esperienza, parola, se sei in grado di mantenere una promessa, se la tua stretta di mano ha ancora un valore, non pensare che sia inutile. L’impegno maggiore di ognuno di noi, o anche solo di molti di noi, si riflette su una società migliore con un ritorno che si diffonde per tutti, anche per te. Se sei in gamba hai bisogno di gente in gamba intorno a te o i tuoi progetti non funzioneranno.

Le persone giuste

Sono ogni giorno sempre più convinto che chi ci sta accanto abbia una grossa, grossissima influenza su di noi ed è coautore-coautrice di un viaggio bellissimo o terribile a seconda che si abbia avuto il coraggio di attendere, trovare, abbracciare… la scelta giusta, o meno.

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Literature

Friedrich August Kekulé, architetto… delle molecole
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La continua lotta contro il sistema Italia: Conclusioni – Parte 4

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli

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Le conclusioni di questa particolare rubrica sono scritte in modo che tu possa scegliere quale livello di approfondimento raggiungere. Ora ti trovi nella quarta ed ultima parte suddivisa a sua volta in livelli e paragrafi.

Vuoi un maggiore approfondimento? Giù di un livello! – VII

Guardare è diverso da vedere

Il cervello umano è decisamente particolare e può realmente non vedere ciò che un altro cervello, che gli sta accanto, vede benissimo. Questo fenomeno, neuroscientificamente largamente dimostrato, può perdurare per sempre o fino a che la persona non acquisisce le conoscenze e la maturità necessarie per “vedere”.

Un semplice esempio

Due persone, un Ingegnere di pista ed un profano appassionato di Motorsport, che osservano la medesima moto ad una fiera espositiva, rilevano e trasducono con la retina le stesse emissioni di radiazione elettromagnetica (la luce) provenienti dall’oggetto che riflette la sorgente luminosa dello stand e dell’ambiente. Tuttavia i loro cervelli interpretano in maniera talmente differente i segnali che stanno elaborando, al punto che il profano realmente non riesce a vedere certi componenti della moto.
Così se il prodotto presenta un palese difetto, l’Ingegnere di pista lo avrà visto (anche con una certa rapidità) mentre il profano sarebbe pronto a giurare di non aver visto nemmeno il pezzo coinvolto nell’analisi. La moto ha un difetto, è lì in evidenza, ma il profano non lo vede mentre per l’Ingegnere specializzato è limpido. Le Neuroscienze hanno dimostrato che riusciamo a vedere ed interpretare correttamente quel che abbiamo davanti solo dopo che l’abbiamo realmente capito. Guardare non basta, guardare non corrisponde realmente a “vedere”.

Il cervello genera collegamenti tra quel che vede e le precedenti esperienze: L’istruzione estesa è una delle migliori precedenti esperienze

Quando non conosciamo un prodotto, un lavoro, una materia, una disciplina, un settore, una specialità, il cervello non genera collegamenti tra quel che osserva ed una precedente esperienza. In questa modalità esso attua una visione di tipo superficiale atta a tenere memoria di meno dettagli possibili i quali, se non elaborati e opportunamente collegati alle esperienze maturate, costituirebbero solamente uno spreco di memoria, quindi di risorse.

Un altro semplice esempio

Vi è mai capitato di parlare con un artigiano che sta facendo un lavoro per voi e nello spiegarvi dove risiede il problema vi indica un dettaglio che voi giurereste di non aver mai notato pur essendo stato lì in bella vista per anni a casa vostra? E’ perfettamente normale, prima o poi è successo a tutti noi ma… difficilmente nel nostro lavoro.
Finché una cosa non la studiamo, non la analizziamo, non la approfondiamo… non la vediamo veramente. Quel che rileviamo di fronte a noi è una visione macroscopica, un volume di cui capiamo per sommi capi l’ingombro grazie alla superficie, agli spigoli, ad un rapido riferimento vicino, ma le cui linee contenute al suo interno appaiono sfuocate, sconosciute, così come ogni funzionalità in esse ricavata.
E’ facile così distrarci con apparenze come colori cangianti, piacevoli superfici tattili, suoni virali… però non sappiamo se quel che abbiamo davanti sta funzionando, come sta funzionando e se c’è un modo per migliorarlo.
L’esempio fa riferimento a quello che potrebbe essere un affascinante prodotto presente in commercio, magari un bene di consumo, così come ad un metodo teorico, magari l’approccio ad un problema che interessa la collettività. Sovente ci ritroviamo a parlare, parlare, parlare senza cognizione di causa di problemi triti e ritriti dai media ma realmente conosciuti solo dagli addetti al settore. Spesso ci ritroviamo a chiacchierare di cose che ci fanno “sprecare” la memoria e le risorse preziose del nostro cervello. Spesso siamo ignoranti davanti ai reali problemi del mondo che, con un inutile gran rumore, “consumiamo” oggi inconsapevolmente.

Vuoi un maggiore approfondimento? Giù di un livello! – VIII

Di seguito riporto alcune domande, di tipo provocatorio, tratte da un articolo ben più vasto di futura pubblicazione. Vengono riportate con una modalità che, nei mentalmente vivaci, può stuzzicare l’appetito della mente. Cercate di dare la risposta a queste domande, evitate semplicismi di convenienza, risposte comode; prendetevi tutto il tempo, approfonditele, ipotizzate di dover argomentare ogni singola domanda con un breve articolo (un saggio, un testo argomentativo) e di dover inserire in esso dimostrazioni, esempi pratici, fonti, logiche utilizzate, stimoli, proposte. Non limitatevi a semplici rapide risposte. Cercate il trabocchetto (non nella domanda ma nelle soluzioni utilizzate come risposta), cercate di estrapolare la profondità dall’apparente banalità, cercate il significato nascosto, cercate l’origine della provocazione e ricordate sempre di evitare risposte scontate. Questo “lavoro” che, per quanto mi riguarda, potrebbe anche durare anni (non c’è fretta, non conta la quantità di risposte trovate, conta la qualità), potrebbe rivelarsi gradevolmente fertile. E se anche non vi porterà dove avete immaginato all’inizio, sarete sorpresi di cosa avrà innescato e di cosa troverete ove sarete arrivati.

Sei soddisfatto di te stesso? Se sì, perché critichi gli altri?
(spesso non ci accorgiamo che critichiamo negli altri cose che poi facciamo anche noi, un semplice esempio, per capire, sono le scorrettezze nel traffico alla guida)

Hai voglia di lottare? Per quale motivo è utile e perché sarebbe invece inutile? (prova a fornire risposte anche a prospettive opposte, o semplicemente diverse, rispetto alla tua)

Sai essere ponderato? Conosci i vantaggi della riflessività?
(anche un buon progetto, fatto conoscere nel momento giusto e non troppo presto, ovvero quando il pubblico è realmente pronto e consapevole del necessario, trae vantaggi dalla ponderazione e dalla riflessività)

Sai danzare con lo scopo di festeggiare un buon momento, non per stordirti?
(questa domanda è affine con la capacità di esprimersi, essere concreti, produttivi ma in modo equilibrato, se al momento non comprendi perché non preoccuparti non è indispensabile in questa fase della lettura)

Perché il mondo è bello? Che influenza eserciti sul mondo?
(se è vero che sono i centesimi a fare i miliardi è altrettanto vero che l’influenza di un popolo dipende dalle influenze che emergono fin dai più piccoli singoli)

Sai collegarti ad altre persone senza usare la rete? A quali persone, come, perché? Quali sono le persone sulle quali la tua interazione mostra i migliori risultati? Ascolti le persone (di qualunque fascia d’età) quando ti raccontano le loro esperienze oppure sbadigli e te ne vai? Conosci i vantaggi del contatto diretto con le persone rispetto a reti, network, media? Hai il coraggio di dire quel che realmente pensi o provi qualche forma di timore, di insicurezza che ti porta ad aver paura di un rifiuto?

Sai perché chi non si impegna porterà anche te nel baratro? Conosci degli esempi chiari, semplici, di comportamenti, diffusisi specialmente negli ultimi 10 anni, che danneggiano anche te a partire da un atto di pigrizia o di ignoranza?

Sai fare una vera amicizia, creare un rapporto, consolidarlo, impegnarti, fare sacrifici, perdere, rinunciare (alle volte anche a te stesso), dare attenzione agli altri (laddove ha un senso reale), unirti, fare gruppo, fare la forza? Sai tollerare?

Sai riconoscere su cosa fa leva chi ti imbroglia? Glie lo permetti per pigrizia, per rassegnazione oppure perché sei convinto di non aver capito come impedirglielo? Quando ti si prospetta l’occasione di conoscere la “verità” su qualcosa ti interessi e compi lo sforzo necessario oppure abbandoni subito pensando che tanto non vi sarà alcuna differenza pure se tu fai qualcosa?

Sai perché l’avidità sta già alimentando “matematicamente” la povertà di chi ne è autore e dei suoi discendenti? Conosci come funziona un mercato? Sai quantificare quanto denaro un soggetto perde e fa perdere alla comunità ogni volta che compie acquisti presso realtà a concorrenza sleale?

Sai perché se si sogna la “massa” (l’esser come, l’avere come, il sembrare come…) si finisce come loro, compresi i disagi che la massa stessa ha ma tende a nascondere?

Sai perché ogni volta che eviti di porti domande, e rinunci a studiare approfonditamente le risposte, perdi una fetta di te (e di tuo) a favore di chi a queste domande sa rispondere benissimo conquistando il tuo territorio?

Sai a cosa serve instaurare paure? Che vantaggi dà? Sai verificare una fonte, una verità, una teoria? Sai provare quello che dici?

Sai a cosa rinunci ogni volta che litighi con i tuoi simili invece di argomentare ed accettare pensieri diversi e renderti disponibile, tentare di immedesimarti?

Sai che uno o più titoli di studio non servono a nulla senza una sana, moderata e contestualizzata polemica, discussione, verifica, ricerca e approfondimento? Valuti ragionevole l’idea che la Laurea oggi rappresenti una nuova forma di ignoranza perché troppo meccanizzata e capace di sfornare menti in serie che operano solo secondo le richieste di grandi gruppi invece di costruire qualcosa di proprio e fare qualcosa di nuovo?

Hai dei progetti? Dove immagini ti porteranno? Ti sei dato delle scadenze? Hai fissato un punto di non ritorno oltre il quale pensi che non riuscirai più a realizzare i tuoi progetti? Credi realmente ci sia un punto di non ritorno?

Sai che l’arte nobilita l’uomo? Quale tipo di arte? Il vero mestiere è arte? Che cos’è una passione viscerale?

Sai qual è il primo problema del mondo? Sai qual è il primo pensiero del mondo? Sei sicuro di come funziona il mondo? Potresti giurarci? Sai come funziona l’ignoranza? Pensi che l’ignoranza protegga le persone? Pensi invece che sia la consapevolezza a proteggerle?

Hai uno scopo nella vita? Sai come si fa ad essere liberi? Pensi che la libertà sia in vendita? Credi che qualcuno che “incaricherai” se ne occuperà per te?

Sai perché ciò che ti rende felice non dovresti metterlo in mostra? Sai progettare fino al completamento la tua idea senza dire nemmeno “a” prima che sia pronta?

Hai trovato una tua risposta al perché si vive, una ipotesi, una teoria, una tua esperienza che ti ha fornito un indizio? Sapresti dire quando qualcosa è vivo?
(non ci crederai ma la scienza cerca ancora risposte ufficiali a queste domande, quindi non sono domande da sottovalutare come si potrebbe pensare ad una prima occhiata)

Cosa sai fare da solo? Sai procurarti quello che è sano per la tua esistenza? Sai ragionare con la tua testa, liberarti da distrazioni, imparare cose nuove? Sei soggetto a influenze, suggestioni, plagi, messaggi che viaggiano sotto la soglia della percezione influenzando il tuo subconscio? Sai capire se lo sei osservando da altri punti di vista, con senso autocritico, le tue azioni?

Sai produrre qualcosa di utile per vivere? Pensi che le tecnologie utilizzate dall’uomo (intendo tutta la tecnologia a partire anche da un utensile per lavorare la terra) siano cicliche? Torneremo indietro almeno su certi fronti?

Sai essere felice subito, in modo naturale, tirarti su quando attraversi una “giornata no” senza acquistare “compulsivamente” né “ingurgitare” stimoli sensoriali? Sei conscio di come un esaltatore di sapidità agisca sul tuo cervello?

Sai vivere anche senza seguire la mandria? Soffri la solitudine? Ti sei mai chiesto perché? Sai ricavare benefici dalla tua creatività, dall’uscire fuori dalla mandria, dal fare cose (legali) che non avevano previsto tu facessi?

Sai guadagnare virtualmente (quindi legalmente esentasse) da benefici ricavati dal tuo studio, dalla tua cultura, dal tuo spessore di persona, dalla tua libertà individuale e dalla sicurezza in te stesso, te stessa, ad esempio anche non facendo quello che la massa fa e rinunciando alla contemporanea definizione “Posseggo quindi sono”?
(un utile spunto circa la definizione “Posseggo quindi sono” è rappresentato dai libri del sociologo, filosofo e accademico polacco Zygmunt Bauman)

Sai di chi fidarti? Sai come funzionano le debolezze?

Se, per assurdo, trapassassi ora ti riterresti soddisfatto oppure sentiresti che ci sono cose che avresti voluto fare e ancora non hai fatto? Hai raggiunto il tuo personale picco (o quasi picco) nella tua vita? Ti appaga? Sei sicuro di te? Hai mai dei dubbi? Come definisci le emozioni che provi? Di che tipo sono?

Hai fatto qualcosa di utile per questo mondo? Sai andare contro corrente? Sai usare più aree del tuo cervello? Sai stimolare il tuo cervello? Sai riflettere? Sai scoprire? Sai studiare? Sai come si imparano cose nuove in modo piacevole? Sai metterti alla prova?

Credi alle favole, alle cose accettabili con il minore sforzo, o sai osservare la realtà? Sai ricostruire una logica? Pensi che sia possibile forgiarne un’altra? Sai essere imparziale, distaccato, autocritico? Sai osservare te e gli altri da altri punti di vista? Dall’esterno? Dai loro panni? Da angoli nascosti?

Ti piace questo mondo o speri in uno nuovo? Te ne andresti con un’astronave oppure resteresti a metterlo a posto? Credi nella riparazione del nostro mondo di qualità o nella sostituzione con un prodotto d’occasione che però potrebbe nascondere insidie?

Sai ottenere un risultato onesto? Sai perché non ti parlano della tecnologia che potresti avere ora? Sai perché non puoi sperare che qualcun altro risolva i tuoi problemi? Sai perché sbarazzarsi di cose, persone, situazioni sconvenienti è perfettamente inutile e rappresenta pura ignoranza? Immagini come ho costruito queste domande?

Ti Ami?

Non è assolutamente detto che io conosca le risposte a tutte queste domande, quel che è detto è solo che mi sia posto queste domande e che anche solo il pormele, l’avere dei dubbi, è stato sicuramente utile. Laddove son riuscito a trovare delle risposte ho riscontrato un fattore comune: sono semplici. Raggiungere la semplicità, però, è difficilissimo (come sosteneva Albert Einstein).

L’uomo esiste da milioni di anni e le risposte che cerca sono molto ma molto più semplici di quanto possa pensare, le ha sotto gli occhi ma non le vede perché è “distratto” ed ama complicarsi la vita pur di ripudiare la verità, pur di credere nella perenne ricerca del paradiso in terra.
Le risposte hanno formule semplici ma il percorso per ottenere tali formule è oltremodo astruso, complicato, anti-intuitivo specie se radicati nella percezione collettiva odierna.
C’è chi sostiene che la collettività abbia una sua intelligenza ma… l’intelligenza è una sorta di unità di misura, come il metro, quindi dire che esiste un’intelligenza collettiva non corrisponde a dire che la collettività sia molto intelligente ma equivale a dire che una casa si misura in metri quadrati (e questo, ovviamente, non vuol dire che siano tanti). Quindi, per quanto ne sappiamo, la collettività può formare un organo pensante ma che pensa male, può formare un organo intelligente ma con un basso quoziente intellettivo.
Se ti sei perso tra queste domande, a poco servirà il nuovo cellulare, la nuova auto, le nuove comodità, i nuovi debiti finanziati e/o fidelizzanti, le nuove convinzioni comode, mettersi l’anima in pace o ridere delle domande stesse. Perché i problemi che ti vengono a far visita nel giorno inaspettato sono solo i tuoi e dovrai affrontarli, prima o poi. Per tutti arriva, prima o poi, un momento di sconforto in cui ci si accorge che lo stato non c’è, che quelli che si pensavano fossero amici non ci sono, che tutti sembrano scomparsi attorno… e, fidatevi, è un bene, un bene che vorremmo evitare, un bene che ti stimola ad andare oltre, un bene che, una volta superato l’esame ti fa stare bene, un bene che, se non superi l’esame, più ti sarai impantanato in punti di vista comodi e più sarà dura uscirne.

Vuoi un maggiore approfondimento? Giù di un livello! – IX

Volendo ora rincuorarci: perché esiste questo male esistenziale? Perché non si sta tutti bene, felici subito? Perché le cose non sono semplicemente come noi le vorremmo? Perché questo paradiso in terra sembra sempre un continuo Morgana? Perché ogni mattina, quando ci svegliamo, ha inizio una “Continua lotta contro il sistema Italia*?”.

*Ma avrei potuto dire “…contro il sistema Mondo” se solo avessi avuto la certezza che davvero “Tutto il mondo è paese”. Io però non vivo di certezze ed amo riferirmi solo a ciò che posso dimostrare realmente, a ciò che realmente ho fatto e vissuto.

Ad ogni modo, azzardando una mia modesta teoria che non pretendo sia condivisa, né tantomeno un riferimento: “il male esiste perché ci stimola a mettere in atto le soluzioni della nostra vita”. Le soluzioni richiedono un grande impegno. Dal grande impegno impariamo tante cose. Dal male talvolta scaturiscono soluzioni buone che mai avremmo pensato prima.

Si tratta di discorsi astratti che possono lasciare spazio ad ognuno di dare la propria interpretazione rischiando di non estrarne la reale essenza e finendo nell’inconcludente vago. Così, magari, con un esempio concreto e semplice semplice, riesco a farmi capire meglio.

Ancora un esempio : )

Mesi fa ho tamponato un’auto, un piccolo danno per fortuna, niente di grave. Il conducente dell’auto da me tamponata mi truffa e dice all’assicurazione di essersi seriamente danneggiato la schiena per colpa mia. La mia assicurazione paga e zitta senza fare alcun controllo e senza tutelarmi dalla truffa che abbiamo subìto (l’ho subita io ma l’ha subita anche l’assicurazione). L’assicurazione aumenta il mio premio annuo di una cifra spropositata nonostante fossi in prima classe da tanti anni e nonostante non avessi mai fatto incidenti in 20 anni. Il premio annuo mi cresce di quasi 4 volte.
Per non farla vincere a personaggi squallidi ho fermato l’auto visto che ero prossimo a farle un restauro (per passione) e che volevo iscriverla alle auto d’epoca.
Nel frattempo, per muovermi con un veicolo a 4 ruote, decido di fare la tessera dell’autobus e scopro, con mia immensa sorpresa, che l’autobus non è quel veicolo che tanto detestavo. Anzi vanta addirittura enormi vantaggi, primo tra tutti: mi libera dallo stress (dal forte stress) di guidare tra automobilisti distratti dai telefonini e diventati sempre più prepotenti con giganteschi massivi suv.
Lo stress svanisce ben presto e ciò si ripercuote positivamente sul lavoro, riesco a prendere impegni di lavoro più importanti, riesco a seguire molti più clienti, i guadagni aumentano, posso avviare numerosi nuovi progetti, la mia vita svolta e prende un verso decisamente migliore nonostante prima pensavo stesse andando già molto bene ma… quelle maledette ore nel traffico, lo smattimento a cercare i parcheggi, le multe, l’auto che si rompeva sulle buche mai sistemate, le impegnative continue manutenzioni all’auto, gli insulti e gli sgarbi dagli altri automobilisti, le continue mancanze di rispetto…
Mai e poi mai avrei pensato che l’autobus m’avrebbe dato tante e tali possibilità di vivere sereno dedicando il mio relax ad un notevole incremento della qualità della mia vita proprio in un momento in cui i miei progetti crescevano parimenti di importanza e responsabilità.
Un giorno ho subìto un’ingiustizia e dietro c’era una grande occasione di cambiamento per me. Perché sono riuscito a “vederla”. Bellissimo.

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Dall’occhio alla corteccia visiva non avete idea di quante trasformazioni subisce quel che osserviamo.
quel che osserviamo non è quasi mai frutto di oggettività, bensì di intense elaborazioni basate sulle nostre precedenti esperienze, di compromessi circa il consumo energetico del cervello e di segnali elettrici trasdotti dalla retina ed elaborati in più settori del nostro cervello.
Pensiamo di aver visto e, invece, molte volte abbiamo solo guardato.
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Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli
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A fine anni ’80 ero sulla bicicletta che giocavo tranquillo davanti all’attività dei miei genitori, la gente lasciava le chiavi attaccate sulle porte delle case, i negozi venivano lasciati aperti anche se ci si assentava cinque minuti per andare al bar, pochi chiudevano le serrature dell’auto. Le vie erano piene di negozi, le infrastrutture curate, tutto era vitale e metteva voglia di darsi da fare.

Si possedeva si e no una casa e si era felici. In molti avevano i nonni che lasciavano una seconda casa a costituire ulteriore garanzia per accedere a mutui che all’epoca avevano interessi stratosferici (ma era tutto proporzionato). Un pallone e una bicicletta, le costruzioni e le macchinine e avevi tutto. Oggetti misteriosi e affascinanti come il Commodore 64, e la lunga stirpe di successori, ti davano quel qualcosa in più che ti catturava ma mai al punto da rinunciare a calciare un pallone, andare in bici in ogni dove e prendere l’autobus per il mare.

La vita era sulla strada dove vedevi la gente, conoscevi il mondo, imparavi un sacco di cose, ad essere scaltro, scafato, sveglio, in gamba. Si aveva di meno e si era tutti felici perchè tutti eravamo più semplici (ed era più semplice anche essere simili, compatibili e senza troppe disuniformità) e tutti potevamo avere una palla o una bici in qualche modo.

Oggi siamo tutti nervosi, ci manca sempre qualcosa, necessitiamo di finanziamenti cumulabili, non dormiamo la notte, prendiamo prodotti assurdi per correggere gli effetti causati a monte dello stress sull’apparato digerente, sul sistema nervoso, sul sistema cardiovascolare. Mangiar bene ci siamo completamente dimenticati cosa significhi, ingurgitiamo “rifiuti” più o meno assiduamente per compensare stati depressivi di differenti intensità (e dati da “non motivi”), rimbalziamo tra un’informazione e l’altra del momento che dice, con netto ritardo, cosa ci sta facendo male già da un po’, e non sappiamo leggere e studiare da soli un testo di biologia o di medicina utile a capire quantomeno il funzionamento del corpo umano e le sue prime esigenze energetiche e alimentari.

Non sappiamo nemmeno dove è che veramente si trova il cibo giusto, ci affidiamo a marchi, marchietti, denominazioni, bollini impostati da qualcuno ai “vertici”. Vertici che sono sempre meno credibili e che, per accordi economici, vanno a togliere ad esempio il marchio di vera piadina romagnola a quella che realmente lo è per attribuirlo a prodotti che utilizzino almeno un ingrediente cinese al fine di favorire strategie economiche e accordi intercorsi senza coinvolgere nelle scelte chi realmente ne viene coinvolto.

Fare attività fisica divertendosi anche, non sappiamo più quanto sia importante per il nostro umore, per il sistema immunitario e la salute in generale. Abbiamo le bocche viziate da correttori di sapidità e assuefacenti zuccheri complessi raffinati inseriti ormai ovunque, non solo nei dolci, per “coprire” sapori improbabili e scarsa qualità di paste, sughi e condimenti ad esempio.

Siamo pieni di intolleranze (spesso causate più da carenze vitaminiche che da reali intolleranze, ma qui… qui rischio di aprire una diatriba affermando che, studiando, e non di certo su internet, ho risolto le mie senza ricorrere alla chimica d’artificio e il medico è rimasto a bocca aperta sapendo che andavo a convegni e conferenze tenute dai principali ricercatori e primari italiani al fine di sapere quello che altrimenti avrei saputo troppo tardi… chissà quando, chissà da chi*), ingeriamo pillole e la gita fuori porta non è in campagna ma al centro commerciale. MMMiseria che schifo. Ho voluto inserire queste righe per completezza ma, un rimedio per la vostra tranquillità lo potete trovare solo voi.

*Non vi sto consigliando in alcun modo di evitare il vostro medico. Io non dò consigli medici, non sono un medico e quello che scrivo non ha alcuna valenza medica. Qualunque cosa vi venga in mente dopo aver letto queste righe è sotto la sola ed unica vostra responsabilità.

Ci dicono che il futuro è nella moda e nel design per orientare i giovani verso questo tipo di studi. Ma il futuro lo si potrà definir tale se si riuscirà a sopravvivere e per riuscire in questo ci vorrà una cultura sempra più estesa che, guarda caso, è sempre meno offerta. Rappresenta sicuramente di più il futuro lo studio delle Scienze e Tecnologie Alimentari, delle Scienze e Tecnologie Agrarie, della depurazione delle acque, delle Neuroscienze, del Sistema Immunitario, dei Semi antichi, dell’approvvigionamento energetico, della Biologia, del Clima, dell’Innovazione Tecnologica reale (quella vera, non le scempiaggini da volantino delle offerte… lo sapete che oggi si possono coltivare cellule staminali per ricostruire i tessuti della retina e metterli in contatto con trasduttori biocompatibili che interpretano i segnali luminosi e li comunicano al cervello restituendo almeno parte della vista a chi l’ha persa? E invece in giro la massa pensa che la tecnologia sia l’ultimo modello di smartphone…).

Il fatto è che se non saremo in grado di garantirci autonomamente un’alta qualità della vita, nessun altro lo farà per noi. Se non estenderemo la nostra cultura orientandola ove realmente serve, nessuno verrà a farlo per noi. Tantomeno i famigerati organi competenti. Ma per avere la testa di studiare e curare simili (ed altre) discipline è opportuno rinunciare a spendere il proprio denaro verso scempiaggini, evitare di distrarre la mente verso argomenti futili, in perdita, sempre troppo chiacchierati e mai risolti, e concentrarsi affinché il proprio tempo e le proprie risorse permettano di sopravvivere alla selezione. Imparare che quello che si comincia lo si deve portare a termine, costi la fatica che costi. Per queste ragioni articoli come questo sono comprensibili ad un numero limitato di persone… pura e semplice selezione naturale.

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Bicicletta

Cose che contano…
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Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli

Questo articolo segue da:
Vedi i “link correlati” riportati in basso.

Stress in aumento, disordini alimentari, problemi cardiovascolari, scarsa possibilità di dedicarsi ai rapporti umani, aumento dei divorzi, minori nascite, figli più trasandati, la memoria storica collettiva breve… Poche ore da dedicare a sé stessi, persone sotto sforzo come muli da traino, non c’è mai un attimo per riflettere, per fermarci e renderci conto di come sta volando il tempo senza che realmente abbiamo apportato qualcosa di bello a noi stessi. La felicità è fittizia sui social network dove un gelato preso con gli amici viene risaltato da appositi filtri fotografici per farlo sembrare un film.

Poi quegli amici parlano di un disagio, magari gli rispondiamo solo “Eh succede, che ci vuoi fare?” e dopo pochi secondi torniamo tutti a dire cretinate per non pensare a quel che ci fa male o che temiamo. Abituati, istruiti che esternare qualcosa di triste (certo non 24 ore su 24, mi riferisco ad un possibile e comprensibile periodo no) può allontanare le persone da noi. Bisogna essere felici, sempre, anche quando non lo siamo, la società, sostengono gli “esperti” della comunicazione, vuole così. Sorridenti, attrattivi, carismatici, guai a voler lavorare sul nostro intimo profondo, guai ad evolverci, guai ad innovare e lasciare gli ormeggi del “faccio anche io quello che fanno tutti intorno a me”, guai a desiderare qualcosa di realmente importante nella nostra vita. Vuoi mettere parlare del nuovo telefono o del suv o della vacanza low cost alle falde del chi l’ha già mangiato?

E’ un po’ questo il quadro generale che ho intorno, non vedo quasi nessuno realmente felice. Negli ultimi anni, di circa 10 amici che si sono sposati ben 7 si sono separati o hanno divorziato in un intervallo compreso tra i 2 ed i 5 anni dopo il matrimonio (non di rado stanno meglio quelli che convivono perché semplicemente si impegnano di più sentendosi prede di un più facile abbandono). Ovviamente quasi tutti con bimbi piccoli che stanno patendo le pene dell’inferno. Dei rimanenti solo 1 o 2 danno l’idea di avere un rapporto veramente solido. La differenza tra i due gruppi sta tutta prevalentemente in una sola cosa, la comprensione, pochi hanno la fortuna di riceverne. Facile a dirsi osservando dall’esterno, più difficile a farsi, ne convengo con chi lo sta già pensando.

Tutti rapiti dal lavoro, dagli straordinari, occasioni di arrotondamenti, slanci di carriera, tutti con pochi momenti da dedicare realmente a sé stessi (sono stato così anche io), quei pochi momenti che, se per qualche circostanza sfavorevole vanno male, fanno già pensare che il rapporto sia logoro e immeritevole di cure e attenzioni (basta così poco?). Ma, soprattutto, tutti assillati da un mostro terribile chiamato “mutuo”. Ci si arriva ad annullare pur di riuscire in uno schema classico che è diventato:

Titolo di studio,
matrimonio entro 27-30 anni,
mutuo,
aiutino per inserirci dentro il SUV,
sacrifici spasmodici per riuscire anche se la corrente va in un’altra direzione,
annullamento di sé stessi,
scarsa volontà di capirsi,
egocentrismo,
fine rapporto (con la seguente convinzione: se non fai quello che rientra nei miei obiettivi allora non mi ami).

E perché invece non potrebbe essere come segue?

Passione per uno o più temi sviluppati crescendo grazie a genitori che trovavano il tempo di giocare qualche pomeriggio/sera con noi con una bella scatola di LEGO;
virtù della pazienza, saper rischiare, aspettare di trovare la persona ideale pur con tutti i suoi difetti a bilanciare le sue singolari qualità;
l’unione fa la forza per l’acquisto di una mezza casetta e l’altra metà… mutuo leggero;
auto vecchia (perché no… magari d’epoca) con una bella riverniciatura fiammante (atteggiamento ribelle, rock, provocatorio);
una pista da ballo, un viaggio in bici per il mondo;
desiderio di conoscere e capire chi ci sta vicino;
dedizione;
vivere la vita…

Sono sicuro che quanto ho scritto ora può apparire persino assurdo ma… ho le prove che esiste 🙂 Qualcosa ci sta abituando che i rapporti umani si gestiscano dall’equivalente di un pannello di controllo con qualche click settando solo le impostazioni che noi vogliamo imperativamente. Tutti pronti a dire che non è vero, sicuro, ma alla fin fine quanti hanno la fortuna di esser meno stressati o riescono comunque ad esser più disponibili e desiderosi di dedicarsi al rapporto umano che sia nella coppia, nelle vere amicizie, nel lavoro, con i figli? La verità è che corriamo troppo dietro ad altro e questo altro ci prende tutto il tempo e, spesso, quando ce ne rendiamo conto… è troppo tardi.

Che si tratti di una relazione sentimentale o dei propri figli, non si può pretendere un insieme di funzioni dal partner al fine di realizzare un quadretto omologato o esigere figli in gamba lasciandoli giornate intere davanti alla console di gioco purché non ci disturbino mentre siamo intenti a rincorrere qualcosa che forse nemmeno c’è.

Una semplice proposta

Quindi che fare? Il mio modesto pensiero, che non vuole essere assolutamente una massima ma solo e realmente un modesto pensiero, è: “Rinuncia a qualcosa”. Ho come la sensazione che rinunciando a qualcosa di noi stessi (qualcosa, non tutto, non mi riferisco all’annullarsi, più ad una ricerca di equilibrio e parità) possiamo fare molto di più di quanto crediamo e toglierci soddisfazioni inaspettate.

Conclusione

Il fatto è che chi doveva distruggere l’economia c’è riuscito, chi doveva operare in modo opportunistico ha avuto successo, anche con una certa facilità, gestendo la Leva del potere (vedi in basso i Link correlati: La leva del potere). Dobbiamo ormai riconoscerlo anche se, certo, è nobile la caperbietà che contraddistingue gli italiani. In realtà l’apprezzo molto ed è motivante. Ma mi chiedo quale sia il vero limite che non dovremmo superare, quand’è che non vale più la pena combattere contro un mostro silente e invisibile che percepiamo ma non riusciamo ad afferrare? Dov’è il punto di equilibrio in cui, sì, facciamo del nostro meglio ma non lasciamo alla deriva le persone a noi care? A cosa possiamo rinunciare e a cosa non dovremmo mai rinunciare? Cosa tramanderemo nel futuro (vedi in basso i Link correlati: Problemi intergenerazionali di comunicazione) se non abbiamo mai tempo di comunicare perché intenti a correre dietro a schemi preimpostati? Rinunciare a qualcosa può esser utile affinché non ci proiettiamo in un futuro di stupidi gestiti come marionette dagli stessi opportunisti che hanno fatto crollare il valore del nostro lavoro, della nostra casa, della nostra vita, oppure l’hanno reso troppo costoso al momento sbagliato?

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Giocare con i figli

Si lasciano troppo spesso con i nonni, con una babysitter, o davanti una console di gioco… poi la società cambia e non capiamo perché. Basta dedicargli del tempo per cambiare il mondo, sono le figure di domani, i professionisti, i medici, gli ingegneri, i tecnici, gli artisti, gli atleti, i “gestori del potere”… in un modo o nell’altro avranno la loro influenza sul futuro.
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