L'odore del cambiamento

Rubrica: Finanza comportamentale, Neuroeconomia, Neuromarketing

Titolo o argomento: L’odore del cambiamento attira le prede, avvantaggia chi lo fa e spaventa chi lo subisce
Un giudizio sul tuo lavoro: Se te la prendi perdi un’occasione

La gente è permalosa, specie sul proprio lavoro. Il più delle volte non tollera che qualcuno possa esprimere la propria opinione su un lavoro o un’attività imprenditoriale guardando con occhi esterni. Talvolta si tratta effettivamente di opinioni ingenue che non tengono conto del “dietro le quinte”, è vero, altre volte però offrono spunti a dir poco preziosi che non andrebbero mai presi con leggerezza. E’ sufficiente ascoltare (facile a dirsi ma quasi impossibile a farsi) ed avere l’umiltà di accettare una critica che assumerà una veste di utile spunto, se mossa da persone preparate, o di momento di garbata ilarità, se mossa da persone che non hanno i mezzi per inquadrare realmente ciò di cui stanno parlando.

Perchè chiudere l’attività quando è sufficiente cambiare per continuare?

Nella mia città hanno chiuso moltissimi negozi. “La crisi!” Mi direte… sì ma questa volta non desidero soffermarmi sulle attività che hanno chiuso per via della crisi (a tal proposito stiamo preparando uno spieciale che avrà il suo spazio) ma sulle attività che potevano tranquillamente continuare e invece hanno “perso” perchè incapaci di affrontare quella temibile tappa che si chiama “cambiamento” (arriva per tutto e per tutti prima o poi e nelle logiche più svariate, non ci si può preparare prima al cambiamento ed è molto difficile prevederlo, ci si può solo allenare ad aprire la mente nel miglior modo possibile per diventare sempre più aderenti alla realtà. In tal modo si cambierà con i tempi che cambiano e lo sforzo richiesto, nella continuità del quotidiano, sarà distribuito meglio e non inferirà brutti segni da urto. Il problema è che essere aderenti alla realtà è compito assai arduo in una società che, per la maggior parte, crede ancora alle favole o a quello che ama sentirsi dire…).

Competere con l’irrazionalità

Così, per tornare a noi, ho visto tra i tanti anche negozi di giocattoli cessare la loro attività e questo seppure i bambini non abbiano mai smesso (per fortuna) di sognare. Ma c’è un dettaglio apparentemente assurdo, infatti io mi chiedo: “Come è possibile che un negozio di giocattoli chiuda, anche se fornito, lamentando che “non si lavora” e un altro apra e sia scenario di un via vai di clienti? Non ha senso. La crisi c’entra o no?”. In realtà c’entra un sottoprodotto della crisi: l’irrazionalità. Come vedremo nell’apposita rubrica di Finanza comportamentale, Neuroeconomia, Neuromarketing e Neuroscienze, alla quale stiamo lavorando, ciò che convince la gente a spendere denaro (e lo stesso “neuroscientificamente” parlando vale anche, e prima ancora, per il cibo), sono le emozioni, la cultura, lo stile di vita, le esperienze quotidiane, impulsi genetici, stimoli sensoriali e le influenze.

Le debolezze in corso

Il motivo per cui un negozio di giocattoli chiude senza lavoro e un altro apre poco dopo con una non trascurabile affluenza di clienti risiede nella capacità di aver organizzato l’attività, il negozio, l’esposizione, la tipologia di prodotti ed i servizi… affinché questi stimolino le debolezze attuali. Le debolezze in corso, oserei dire. Le debolezze cambiano con le “influenze” (vedi in basso gli articoli correlati). I giocattoli possono essere sempre gli stessi ma il modo di esporli, come vengono categorizzati e cosa viene accostato al loro fianco come alternativa di scelta, genera delle emozioni nel cliente che arriva a provare vero e proprio piacere nel suo cervello (grazie alle endorfine prodotte dal cervello nel lobo anteriore dell’ipofisi). Il problema però si pone anche per il nuovo negozio, infatti saprà esso adeguarsi a quelli che saranno gli stimoli irrazionali più diffusi tra qualche anno o persino tra pochi mesi? Uhmmm, personalmente la vedo dura ed il problema principale è che questo non riguarda solo il negozio di giocattoli dell’esempio ma tutte le attività commerciali, artigianali, imprenditoriali…

Il cervello ha sete di novità

L’odore del cambiamento, nonostante spaventi imprenditori di ogni levatura e persino i grandi colossi, richiama notevolmente le prede (i consumatori) che ne sono irresistibilmente attratte (il cervello per sua natura è attratto dalle novità) anche quando la sostanza non cambia ma viene semplicemente presentata in un altro modo (il più delle volte non vi è nemmeno consapevolezza alcuna delle evidenze). Per questa ragione proprio i grandi colossi cercano con ogni strumento di pilotare i cambiamenti stessi affinché siano aderenti alle proprie necessità di crescita e capacità di offerta. Essi fanno largo uso di Neuroscienze, Neuromarketing, Neuroeconomia, Economia Comportamentale, influenze, suggestioni e pratiche subliminali di vario genere.

Sintonizza la tua idea

Per questa ragione se avete avuto un’idea imprenditoriale geniale (o riconosciuta tale da persone di affermata intelligenza) ma non state riscontrando successo alcuno, molto probabilmente non vi trovate sulla frequenza imposta dai grandi colossi. Capire in che direzione si muovono i dinosauri (compito oltremodo arduo) può farvi capire se sarà proficuo investire sulla vostra idea. Se questa sarà realmente innovativa e geniale ma su una frequenza interferente con la tendenza attuale, non otterrete il favore della massa in quanto essa continuerà ad osservare, “indotta”, altre attrazioni magari perfettamente inutili oltre che fidelizzanti per i loro portafogli. In tal caso non prendetevela e non perdete energia a combattere contro i mulini a vento, non vi ascolteranno; cercate invece di seguire il ritmo, andare a tempo ed individuare il momento giusto per “entrare” con la vostra idea. Noterete come con molta, ma molta, meno fatica le cose andranno sorprendentemente e semplicemente da sé. Vi sembrerà assurdo ed inconcepibile ma tanto la massa non vi darà retta fino a che qualcuno non dirà loro di darvi retta, cosa che tra l’altro potrebbe non accadere mai a meno che non siate così bravi da apprendere e saper sfruttare le metodiche con le quali si influenzano gli altri.

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Bellissimo negozio di giocattoli

La LEGO rappresenta per me il migliore marchio al mondo di costruzioni per grandi e bambini,
ha attraversato mercati e momenti di tutti i tipi arrivando ad offrire persino strumenti tecnici,
informatici e di meccatronica che hanno aperto a tutti le porte di materie riservate prima solo
a pochi. Quello che è ancor più incredibile però non ha nulla a che fare con la LEGO ma con i
fenomeni che hanno luogo nella nostra testa. E’ infatti incredibile osservare come ordinari negozi
di giocattoli (che fornivano quindi anche le costruzioni) siano stati snobbati dalla gente fino a chiudere,
sostituiti poi da negozi, con afflusso costante di clienti, che semplicemente hanno dato uno spazio dedicato,
più studiato e meglio accostato degli stessi medesimi prodotti. Questo significa che la massa sta perdendo
capacità di osservazione, di immaginazione e che la funzione del negozio sta diventando quella di
effettuare questo lavoro al posto della mente delle persone.
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La continua lotta contro il sistema Italia: La legislazione – Parte 4

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli

Questo articolo segue da:
Vedi i “link correlati” riportati in basso.

Il complicato blocco dei servizi non richiesti sul cellulare
(ed il semplicissimo blocco senza preavviso della SIM)

Quando il telefono rappresenta una reale utilità

Mio padre è una persona parecchio desiderata dai suoi clienti, ha una gran passione per il suo lavoro e questi se ne accorgono e gli chiedono consigli e info tecniche su numerosi prodotti e servizi che fornisce. In soldoni, sebbene utilizzi il telefono cellulare, lo usa praticamente sempre per ricevere. Così un giorno si accorge che è passato un anno dall’ultima ricarica perché il suo numero è entrato in blocco (senza nemmeno alcun messaggio di preavviso quando, per le cose non richieste, gli sms invece fioccano). Non poteva né chiamare, né tantomeno ricevere chiamate. Contattando il numero di assistenza del suo operatore ha chiesto la riattivazione a fronte del pagamento di una nuova ricarica. L’operazione, che teoricamente immagino esser fattibile con un click, gli è stata negata (motivo per cui continuerà a non ricaricare) ed è dovuto ricorrere all’attivazione di una nuova scheda apposita per questi casi, una SIM vergine impostabile sullo specifico numero desiderato.

La scheda della soluzione

Nella nostra città nessun venditore di telefonia ha voluto fornirci la suddetta scheda (ne ignoro il motivo). I venditori di telefonia ufficiali del nostro operatore davano la colpa ad un non precisato disservizio a carico dell’operatore stesso e, chiamando il relativo call center, la colpa veniva rimbalzata ai suddetti negozi. Nel pieno di un limbo ho risolto ignorando sia i negozianti, che mi proponevano di attendere un paio di settimane per poter ricevere (forse) la tale scheda vergine, sia l’operatore che non voleva saperne di collaborare ed ho trovato ciò che cercavo in una città limitrofa alla mia. Tempo di risoluzione, circa 4 ore contro le due settimane (almeno) ipotizzate dall’operatore telefonico. Il motivo di un tale disservizio, non essendo fornito, lascia presagire che si vogliano creare problemi a quelli che non spendono in ricariche onde invitarli a farlo più spesso.

Dalla gioia di uno stra-record alle perplessità di una dinamica insana

Risolto il tutto a tempo di stra-record entro la giornata (con un giro interminabile di telefonate verso il servizio clienti ed i punti vendita di zona) emerge una dinamica insana. Ogni qualvolta si rimuove la SIM da un telefono cellulare (anche se questa non è scaduta) si azzerano le preferenze del cliente (a saperlo…) nei confronti dei servizi offerti dal prorpio operatore (richiesti o meno). Possono così verificarsi fatti spiacevoli come la totale perdita dell’importo ricaricato (sia esso di pochi Euro o di molte decine di Euro). Più precisamente ad ogni rimozione della SIM è necessario chiamare il servizio clienti del proprio operatore per poter richiedere:

Blocco del traffico dati.
Qualora si utilizzi il telefono solo per telefonare e mandare sms (informazione che interesserà perlopiù, in maniera crescente, persone tra i 35 ed i 100+ anni), il blocco del traffico dati evita che la pressione accidentale di un tasto attivi internet facendo scalare l’intero credito in pochi minuti/ore. Con il blocco del traffico dati il telefono non può andare su internet (a pagamento) in alcun modo, anche se premete i relativi tasti accidentalmente (potrete comunque andarci gratuitamente con il wi-fi). La cosa più spiacevole che può capitarvi è che si avvii internet con standard di terza generazione su un vecchio telefono di alcuni anni fa, che a malapena poteva inviare mms. In questo caso, conoscendo il fornitore del vostro servizio da quale telefono sta operando la vostra SIM, è evidente l’opportunismo.

Barring SMS.
Richiedere al vostro operatore il Barring SMS permette di evitare che vi arrivino, specie senza preavviso, messaggi di servizi a pagamento non richiesti e forniti da società terze (cose strane tipo previsioni sentimentali, numeri fortunati e quant’altro).

Negazione al consenso…
…di invio materiale (sms, mms, email, telefonate ecc.) con finalità promozionali di marketing da parte di società terze in qualche modo collegate al vostro operatore o che da esso hanno ricevuto, tramite un elenco di contatti appositamente redatto e “venduto”, il vostro numero.

Negazione al consenso…
…di invio materiale (sms, mms, email, telefonate, ecc.) con finalità promozionali di marketing da parte “anche” del vostro stesso operatore (non parliamo quindi di terzi) che può incaricare uffici appositi, dislocati sull’intera penisola, di contattarvi per vendervi “pacchetti” di offerte.

Blocco di servizi accessori…
…quali ad esempio quelli che, dietro pagamento, notificano tentativi di chiamata mentre il cellulare era spento o irraggiungibile. Io sono solito spegnere il telefono quando sto guidando, quando pratico gli sport che amo e, in particolar modo, quando sono preso dai miei impegni, specie se mi apassionano. In sostanza significa che ignoro il telefono per la quasi totalità della giornata, spesso lo lascio in macchina; so che per molti risulta impossibile, ma se sapeste che goduria essere liberi… Quindi perchè mai dovrei pagare per sapere chi ha tentato di disturbarmi? Con quest’ultimo interrogativo burbero alla Walter Matthau è ovvio che sto in realtà scherzando. Ammetto però che quando si tratta di cellulari divento uno scorbutico giovane vecchietto che borbotta, blatera e contesta i lavori davanti ad un cantiere (il cantiere che contesto però è un parco servizi telefonici non richiesti). Meno male che me ne rendo conto da solo!

Per questo contrattempo ho perso quattro ore “intense” (pur di non sprecare nemmeno un’alba in più in simili scempiaggini) tra ripetute telefonate al servizio clienti del mio operatore, telefonate ai vari punti vendita, più un extra misurato volto alla ricerca di fonti utili a capire come mai il nuovo credito nel telefono di mio padre si è esaurito dopo poche ore dalla riattivazione.

Un falso diritto di prelazione (da bloccare)

Un pivello da quattro soldi

Un pivello da quattro soldi (perdonate la durezza ma non ho trovato altri termini per una tale figura dalle sembianze vagamente umane) impiegato presso una società di servizi postali italiani è il soggetto di questo paragrafo che può destare curiosità non tanto per il soggetto stesso bensì per il metodo di risoluzione del problema che ha creato. Tale soggetto è la persona che ho trovato dentro un ufficio informazioni cui mi ero recato per avere una pura e semplice idea di massima circa la fornitura di un servizio certificato. Avete presente quei giri che si fanno a solo scopo informativo per mettere a confronto le caratteristiche di più prodotti e cercare di capire quale fa al caso vostro? Bene.

Tattiche da corso di addestramento scialbo

Terminato di “non” spiegarmi quello che io in realtà, dietro appuntamento, ero andato a chiedere (quindi anticipando abbondantemente le mie necessità), e che simpaticamente eludeva non sapendo rispondere ad una domanda che fosse una, mi propina subito una serie di “altri” servizi che, garantisce lui, potrebbero fare al caso di mio padre ma che, garantisco io, mio padre voleva chiedere ad altri. A nulla è servito spiegargli che mio padre sa bene quello che vuole e che quando dice no è no alla prima volta* (e non tanto per dire). Il soggetto è andato avanti imperterrito per più di un’ora senza sapere che non me ne sono andato via nauseato non per perbenismo ma per la mia insana curiosità di vedere dove volesse andare a parare. Tra le sue tattiche, probabilmente apprese in un corso seguito con una folta combriccola di spiantati, vi era il finto nutrito interesse verso i miei interessi e verso le mie passioni a cui tentava di arrivare ostinatamente con domande mirate elargendo al contempo sorrisi gratuiti e svendendo segreti su presunti trabocchetti nei quali sarei potuto inutilmente cadere se egli non fosse stato così delicato da dirmi la verità contro i suoi interessi.

*Mi chiedo retoricamente da chi avrò preso…

Me misero me… tapino tapino tapino (diceva lo Zio Paperone in simili casi)

Ma qui viene il bello, nonostante fosse palese la sua falsità io sono caduto comunque in errore. Tanto per esser spiccioli, sono stato un vero idiota. Dopo chiacchiere su chiacchiere ho provato pena per questa persona, pena e tristezza. Mi rendevo conto che “questo” stava lì a freghicchiare il prossimo, non ho accettato alcun contratto propinatomi, gli ho detto chiaramente che anche mio padre non avrebbe accettato nulla di quanto da lui proposto ma, quando mi ha chiesto almeno di firmare un foglio al “solo” scopo di informare i suoi superiori che aveva impiegato il suo tempo per offrirmi la sua prestazione professionale informativa, ho accettato perchè sono stato un’idiota (uhm…), perchè non sono stato sufficientemente “cattivo”** (male), perché mi faceva pena e perché mi sono fidato (malissimo) della società che egli rappresenta. Sul foglio non c’era scritto molto ma era scritto evidentemente in modo equivoco ed interpretabile, sembrava in effetti quello che non era, credo che persino i miei avvocati avrebbero dovuto concentrarsi un attimo per trovare l’inganno tra le righe. Oppure, semplicemente, si è giocato sulla mia fiducia per farmi firmare il primo foglio in un modo e poi il successivo, spacciato per copia, contenente invece un “falso diritto di prelazione”.

**Dove per cattiveria non si intende commettere azioni disgraziate ed illegali ma estremamente severe, rigide e volte alla disciplina. Non fraintendete questa definizione perchè, specie di questi tempi, quando si dice “bisogna essere cattivi” si equivoca molto su cosa sia realmente neccessario fare per esserlo e su cosa non si debba mai fare per sembrarlo e magari finire col violare la legge.

Un falso diritto di prelazione

Tramite il diritto di prelazione questo vile voleva vincolarmi (anzi l’intenzione era quella di vincolare mio padre) a poter acquistare determinati servizi di spedizioni solo dalla sua società e non più, ad esempio, da altre società collegate. Questo significa che quando mio padre è andato a chiedere i medesimi preventivi per le spedizioni da concorrenti collegati (tante società le conosciamo singolarmente ma non sappiamo che fanno capo al medesimo proprietario), gli è stato poi risposto che risultava attiva una clausula (contenente una forma di diritto di prelazione) che impediva a costoro di vendere alcunché a mio padre il quale si poteva ora rivolgere solo ed esclusivamente al tal vile.

Azione rapida e decisa

Capito il mio grande errore, capito che oggi non c’è più spazio alcuno per la cordialità (né tantomeno per la pena) ed avendo messo mio padre in difficoltà, ho deciso di operare a modo mio e risolvere rapidamente anche a costo di smontare psicologicamente quel ragazzo al punto da palesarne la banalità. L’operazione è durata solo poche ore e si è basata sul fatto che la legge non ammette ignoranza… né la mia che sono stato un’idiota, né tantomeno la sua che è stato un turpe malcreato. Ho preso l’incartamento, ho preso conoscenza delle leggi gravitanti attorno alla documentazione in causa, ho operato una ricostruzione logico matematica*** e, una volta dimostrato che i documenti erano nulli, ho bloccato tutti, ho contattato l’azienda che non voleva fornire il servizio a mio padre per via del presunto diritto di prelazione, ho trovato e contattato i superiori del tal vile ed ho minacciato una rigorosa azione legale dimostrando che potevo farlo realmente. Nel giro di poche ore ho ottenuto quanto richiesto più una reazione a dir poco iraconda del tal vile che ha “letteralmente sclerato” (effetto dell’abbattimento psicologico di cui sopra) insultando tutti coloro che gli hanno fatto presente che legalmente avevo ragione io e che il documento era nullo. Ma come facevo ad avere ragione? Semplice, ho scoperto che il documento, per esser valido, doveva esser firmato da mio padre e non da me in quanto io non rappresento in alcun modo l’attività di mio padre né tantomeno il volere di mio padre. Di fronte a questo nessuno ha potuto far nulla né obiettare ed un responsabile della tale società di servizi postali ci ha contattati dicendosi sorpreso per l’atteggiamento del tal vile e scusandosi a nome dell’azienda rappresentata per il suo ingiustificabile comportamento.

***Spiegherò meglio a cosa mi riferisco nell’ultimo articolo di questa rubrica (vedi in basso i link correlati).

Non dovreste mai… (un modesto ma dettagliato consiglio)

Nonostante questo piccolo grande successo personale e nonostante la sorprendente rapidità con cui sono riuscito ad ottenere il risultato (una vera rarità nella mia vita… ed in questo paese credo), sempre e comunque un’idiota sono stato. Non dovreste mai firmare nulla che non sia esplicitamente richiesto da voi. Quando qualcuno, chiunque, vi chiede una firma per qualcosa che non vi siete alzati a fare voi stessi la mattina, la risposta dovrebbe essere sempre no. Vi fa pena? La risposta è no. Vi infonde fiducia? La risposta è no. Vi fidate dell’azienda che rappresenta (o che dice di rappresentare)? La risposta è no. Gli serve per lavorare? La risposta è no. Senza di voi non saprebbe come fare con il capo? La risposta è no. In qualunque caso non abbiate chiesto voi qualcosa che sia necessario firmare, la risposta è no. Se in più i fogli da firmare sono in più copie ed avete letto solo il primo (come nel mio caso) non fidatevi di firmare gli altri. Non fidatevi di chi vi copre parte del foglio fingendo un gesto naturale, non fidatevi di chi lo fa con la scusa della scrivania piccola e delle troppe carte che occludono la vista, non fidatevi di chi muove troppo velocemente i fogli, non fidatevi di chi, con giochi da prestigiatore, vi mette il foglio sotto il naso per poi distrarvi con battute, complimenti, gentilezze di qualsivoglia forma e, persino offrendovi cioccolatini e caramelle nel frangente in cui dovreste dedicare la massima attenzione a ciò che c’è da leggere e da controllare. Insomma, se non l’avete chiesto voi, non firmate mai… è più sicuro. Se poi chi avete davanti cercherà di dare la colpa a voi dei problemi che, sostiene, avrà a lavoro senza quella firma, allora state pur certi che vi sta ingannando in qualche modo e che cerca di mettervi sensi di colpa per raggiungere il suo scopo.

Mi ricordo il Teatro di Eduardo

In una nota commedia teatrale di Eduardo De Filippo dal titolo “Non ti pago” diceva l’Avvocato Strumillo (il principe del foro) alla richiesta di Ferdinando Quaiuolo di rappresentarlo in una controversia legale: “Ma io non so scrivere!”. Questo per intendere che non poteva firmare e controfirmare carte che avanzavano richieste assurde. Ebbene anche voi, se apprezzate il consiglio, potreste “non saper scrivere” in certi casi.

Quando un essere spregevole conferma sé stesso

Una breve nota, nel frangente tra la chiacchierata con il vile e la nuova richiesta di preventivo avanzata da mio padre all’altra azienda che ci ha informati del “blocco”, il tal vile è andato a trovare mio padre per cercare di convincerlo a firmare quanto io non avevo firmato in agenzia. A mio padre avevo già comunicato che il tale non mi “quadrava” ma non è stato questo il problema; il problema è stato che quel giorno i miei genitori dovevano correre in ospedale da un nostro caro che stava seriamente male ed il vile continuava a fregarsene usando modi insistenti ed aggressivi tipici di chi vuol concludere a tutti i costi anche se questo richiede il tentativo di incutere un qualche timore. E’ stato pregato più volte di lasciare la sede di mio padre perchè ci si doveva recare in ospedale urgentemente e lui ha perseverato sgarbatamente. Il nostro caro è passato poi a miglior vita ed io, il pivello da quattro soldi, l’avrei volentieri licenziato, se avessi potuto, anche se è giovane, anche se ha famiglia. Mi immagino che bell’esempio sia per i suoi figli.

Un falso contratto elettrico a tariffa FLAT (anzi due…)

Una volta non si tollera, pensa due…

Ci è successo per ben due volte, sia a casa che al lavoro di mio padre. Qualcuno che non abbiamo mai visto in faccia ha aperto lo sportello del contatore per raccogliere dati, ne ha presi altri sulla bolletta elettrica illegalmente estratta dalla cassetta postale ed ha riportato una firma falsa (uno scarabocchio spacciato per la firma di mio padre) su un contratto per l’energia elettrica di tipo a tariffa fissa o flat. Quel genere di contratti che ti offrono un pagamento fisso sempre della stessa cifra entro un limite di consumo elettrico. Il problema per questo furbetto è stato il nostro non trascurabile livello tecnologico. Generalmente chi opera queste truffe lo fa per chiudere più contratti che può e ci marcia convinto che l’utente non se ne accorgerà in quanto andrà a spendere, generalmente, una cifra pressappoco analoga alla precedente (magari superiore solo di pochi Euro a bolletta). Nel nostro caso invece è stato diverso in quanto avendo noi a casa particolari impianti ed elettrodomestici, grazie alle conoscenze sul tema maturate sia da mio padre che da me, abbiamo consumi talmente bassi che sono paragonabili a quelli di un piccolo monolocale usato di tanto in tanto nonostante l’abitazione sia egregiamente accogliente e dotata di tutti i comfort. Questo significa che quando ci è arrivata una bolletta, molto più alta del solito, ci siamo accorti subito che, osservandola meglio, questa era persino leggermente diversa* nella veste grafica e nei contenuti. Aveva una striscia colorata in maniera differente, un logo leggermente differente e una tariffa “totalmente” differente.

*Attenzione però perchè mi giunge voce che ora le grafiche siano state uniformate e sia più complicato accorgersi di un cambiamento non richiesto. Verificate voi se è realmente così.

Totalmente ignorati

Chiedendo spiegazioni al fornitore dell’energia elettrica ci viene risposto che mio padra ha firmato un foglio per cui… In breve mio padre chiede di vedere il foglio e avvisa subito che quella non è la sua firma. Chiediamo di esser riportati subito al precedente contratto, chiediamo l’annullamento del falso contratto, chiediamo i danni ma… nulla. Non otteniamo nulla di nulla. Passano i giorni, le settimane, i mesi. Continuano ad arrivare le nuove bollette più care senza alcuna remora, imperterrite, puntuali. I miei genitori indispettiti non le pagano e gli avvocati della società elettrica non tardano a farsi sentire. Spieghiamo loro la situazione ma nulla, con una certa arroganza ci invitano a pagare punto e basta.

Totalmente ignorati… ancora una volta

A questo punto consiglio ai miei genitori di rivolgersi alle società dei consumatori convinto che loro sapranno sicuramente suggerirci delle tutele. La risposta è, con nostra totale sorpresa, oltraggiosamente menefreghista. Ci viene detto addirittura che tanto contro i grandi non vinceremo mai quindi meglio lasciar correre e pagare la bolletta così com’è. Cioè… ma vi rendete conto!!

I risolutori

Presi dallo sconforto per l’assurdo di questo paese decidiamo all’unanimità in famiglia di rivolgerci all’Arma dei Carabinieri ed effettuiamo una denuncia contro l’agente, della tale società elettrica, che ha effettuato la firma falsa (l’operatore per render valido il suo falso contratto non ha potuto non mettere anche il suo nome… Scemo!! Sceeemo!! Sceeeeemo!!). Attenzione, piccolo ma fondamentale dettaglio, la denuncia non è stata inoltrata contro la società elettrica stessa; grazie ad amici e conoscienti preparati in materia abbiamo saputo infatti che se avessimo denunciato la società elettrica per la firma falsa questa avrebbe potuto rivalersi su di noi perchè effettivamente non è stata la società a fare la firma falsa ma un suo operatore (sbagliando la parte da chiamare in causa avremmo potuto persino far peggio nonostante le nostre ragioni). Capite come è sottile il confine tra il fare bene ed il fare male? E’ per questo che tante cose le faccio bene e tante altre ne sbaglio, è pressoché impensabile riuscire a cogliere sempre le giuste sfumature.

Un sentito ringraziamento

Ad ogni modo l’Arma dei Carabinieri ha saputo come muoversi alla grande, lo ha fatto bene e lo ha fatto persino rapidamente. Nel giro di pochissimo tempo siamo stati rimborsati, abbiamo riottenuto il precedente contratto e siamo stati contattati dall’avvocato della società elettrica che ci ha avanzato le scuse della società stessa (addirittura!). Quindi la società dei consumatori a cui ci siamo rivolti non è stata in grado di fare il suo dovere tutelando i consumatori ma si è comportata come si è comportata, mentre l’Arma dei Carabinieri, che ringrazio vivamente e che mi dispiace persino di aver disturbato per queste quisquilie, è stata al fianco del cittadino “Magistralmente” risolvendo la situazione in men che si dica ponendo così fine all’operazione illecita. Un sentito ringraziamento.

Continua…

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Capra

La legge è uguale per tutti ma allo stesso tempo la legge non ammette ignoranza, trattasi di due
condizioni che coesistono e di fatto la legge diventa effettivamente uguale per tutti quando è
soddisfatta la seconda condizione di non ammissibilità dell’ignoranza.
Image’s copyright: Wikipedia.org

Chi fa il mercato? – Parte 3: Ci vuole un pozzo

Rubrica: Mandare l’acqua all’insù
Titolo o argomento: Quando la microeconomia è connessa con la psicologia, le neuroscienze, la strategia…
Questo articolo segue da:
Vedi i “link correlati” riportati in basso.
I contenuti del pozzo

Ci vuole un pozzo vicino per rendere competitivo il bilancio di un’azienda agricola che lavora molto con l’acqua. Negli altri lavori è lo stesso, ci vuole un pozzo vicino. Un pozzo diverso ma pur sempre un pozzo. Si tratta dei canali giusti, delle persone giuste, di sapere le notizie in tempo cogliendole con un certo anticipo rispetto agli altri (che se in borsa, giustamente, è ritenuto illegale, e si chiama Market Abuse o Abuso di Informazioni Privilegiate, in Ingegneria e nel mondo delle Tecnologie, si chiama semplicemente Preparazione, Competitività, Avanguardia… e trattasi di un comportamento più che legale se a fini di pura “manifestazione” di abilità ad esempio nell’innovare e/o nell’ottimizzare e render fruibili a tutti nuove utilità, strumenti, mezzi, vantaggi). Non nascondo che, anche se può sembrare irrazionale, in qualche modo ci vuole pure fortuna. Si vede che ci sono persone che si alzano la mattina nel verso giusto, hanno buone intuizioni al momento giusto, sensazioni fertili, condizioni e situazioni vantaggiose nel momento giusto* e, quando le sfruttano magistralmente, ecco che nascono aziende che crescono e diventano colossi (ognuno nel suo genere, anche una catena di tre gelaterie nella città giusta può essere considerata un colosso nel rapporto tra le preoccupazioni che dà, i rischi che implica e la resa che offre).

*Concomitanza di fattori che sovente chiamiamo fortuna ma che, chi effettua il calcolo delle probabilità definirà più razionalmente (anche se l’esistenza non è fatta di sola razionalità, così come i numeri non sono tutti solo ed esclusivamente Reali ma possono esser ad esempio anche Complessi).

Crescere in direzione “coppia massima”

Ora mi direte: “Ma come, la crescita non era fittizia?”. La crescita continua e costante anno dopo anno sì, è fittizia. La crescita da neoazienda, che deve rifarsi degli investimenti e sperare di chiudere in pari entro i primi anni di vita, ad azienda che va a regime, quindi al suo massimo, no, non è affatto impossibile, anzi, deve avvenire altrimenti saranno sicuramente dolori. Ci vuole la bravura, la caparbietà, sapere un sacco di cose sul proprio mestiere, sapere persino cose che altri non sanno e che si sono imparate facendo la differenza (ad esempio, come nel mio caso, stando intere domeniche e festività a studiare ancora e ancora e ancora, a passare dallo studio al laboratorio, all’officina, ad una passeggiata in bici o con il cane per distrarsi per poi tornare sul proprio progetto rinunciando a tante cose ritenute immancabili in una vita “normale”). Ci vuole una gran voglia di fare, un’inarrestabile voglia di fare, una persistente voglia di fare, una ossessiva voglia di fare, ossigeno acqua pane e voglia di fare. Ci vuole il desiderio per il risultato, sognarselo la notte, idealizzarlo, aggiornarlo, correggerlo, modificarlo, evolverlo, riprocessarlo, risognarlo, concretizzarlo e rifare tutto da capo. Rinunce e ancora rinunce. In poche parole, come ho scritto in uno dei miei libri preferiti, semplicemente “I risultati allogiano nella perseveranza”.

Inutile ostacolarsi

Come in un bilancio, anche nel vostro progetto ci sono delle voci precedute dal segno positivo ed altre dal segno negativo. Riguardo le seconde è importante tener conto che dovete assolutamente evitare condizioni nelle quali coesistono nella vostra realtà persone che vi remano contro. Senza andare a navigare in complicati complottismi, è sufficiente pensare ad un genitore o ad un fratello o ad un socio che non capiscono il vostro progetto (o ne hanno una paura magari fondata, magari no) e vi trattano come bambini anche se siete adulti (attenti però a non usare questo come una scusa, ci sono infatti genitori con la maturità e l’esperienza giusta che semplicemente cercano di evitarvi di cadere facili prede di sogni di guadagni illusori e magari vogliono evitare che un rischio non ponderato trascini tutti in pessime acque**), lo dovete sapere voi (e dovreste “dimostrarlo” agli altri) se siete davvero preparati o se state brancolando nelle speranze; la matematica infatti non contempla le speranze, lo fa un pochino il calcolo delle probabilità ma è una brutta bestia, che lo fa in modo beffardo, attenzione… i risultati non sono frutto del caso.

**Ricordate inoltre che un progetto, se è buono, è semplice da attuare, si basa sulla genialità e costa (in proporzione al campo di applicazione), poco. Se state trattando impegni arzigogolati con strane andate e ritorni che prevedono il mantenimento di parole di “terzi”, favori, speranze… state rischiando grosso e, molto probabilmente, nel vostro progetto ci sono diverse cose da rivedere. In questo caso più che il denaro occorre la maturità di ascoltare. Non si parla di rinunciare ma di ascoltare, imparare e rifar meglio.

Le leggi bene le Leggi?

Attenti poi alle leggi, dovete infatti conoscere il terreno sul quale vi muovete o, peggio, sul quale vi scontrate. Conoscere le leggi può sembrare noioso e dare l’impressione di aver poco, se non nulla a che fare, con la vostra specializzazione tecnologica. E invece, vi accorgerete… andarsi a studiare le leggi può persino risultare inaspettatamente affascinante, specie quando otterrete la ragione grazie ad una mossa strategica lecita che vi ha premiato. Del resto la legge non ammette ignoranza e, non dicono mai, premia chi non la repelle. Attenti anche alle strade di finanziamento, come amo ripetere, se al primo colpo state cercando strade di finanziamento particolarmente cospicue è molto probabile che stiate sbagliando perchè se un progetto è davvero “buono” richiede risorse minime (ma questo è più facile capirlo dopo aver fallito più e più volte, cosa che potrebbe risultare piuttosto positiva per i vostri successi futuri… specie se non avete ipotecato casa e, tantomeno al primo progetto). Mi chiedo come mai i talkshow non parlino mai (e sottolineo mai) di tutti quei giovani imprenditori che hanno perso la casa dei genitori (o la propria) al primo tentativo di impresa (o ai primi). Forse perché costoro citerebbero poi chi li ha instradati in questo pericolosissimo percorso.

Rapidissima conclusione

Esattamente come in una demolizione programmata di un edificio che avviene inserendo le cariche esplosive nei giusti nodi strutturali, se manca anche una sola delle condizioni trattate in questa serie di articoli ecco che un progetto, che con una virgola in più sarebbe stato oltremodo “solido”, viene a crollare su sé stesso.

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Chi fa il mercato? – Parte 1: Le influenze
Chi fa il mercato? – Parte 2: Anticipo di cambiamento
Chi fa il mercato? – Parte 3: Ci vuole un pozzo

Pozzo

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Chi fa il mercato? – Parte 2: Anticipo di cambiamento

Rubrica: Mandare l’acqua all’insù
Titolo o argomento: Quando la microeconomia è connessa con la psicologia, le neuroscienze, la strategia…
Questo articolo segue da:
Vedi i “link correlati” riportati in basso.
Intervenire sul mercato, è possibile?

Possiamo fare qualcosa per cambiare il mercato? In casi limite (che verranno trattati in appositi articoli dedicati) sì, ma solo per piccolissime e, oserei dire, trascurabili porzioni di mercato che fanno riferimento a prodotti di nicchia magari troppo costosi o comunque costruiti in serie piuttosto limitate; per quanto riguarda invece i prodotti del mercato globale la risposta è (perdonate la mia arrogante schiettezza): No.

Un lavoro mastodontico ma fattibile

Come ci convivo con questa realtà? Se il prodotto che realizzo piace (e piaceva) molto alla gente, come la richiamo da me? Trattasi di un lavoro a dir poco mastodontico e i miei limiti mi portano a dire che non è affatto facile trovare un modo che, a fronte di una spesa proporzionale ed equilibrata di energia (intesa come impegno), offra un risultato consistente, duraturo, tangibile. Non è comunque impossibile, c’è chi è stato abile nel trovare un target di clienti ben preciso e di questi si accontenta (tanto la crescita, prima o poi lo si dovrà capire, è fittizia) mantenendo limitate le sue prospettive ma assicurandosi di centrare ogni singolo obiettivo prederminato.

Trova il tuo mercato

Oppure c’è chi si crea il suo piccolo grande mondo di artigianato e si concentra sull’esportazione dei suoi prodotti in luoghi dove ha riscosso un incisivo livello di gradimento. Per certi versi potrei esporre anche una mia teoria per riuscire in questo clima, in queste condizioni, in questo versante del globo, ma preferisco portare a termine questo studio riuscendoci prima e fornendo poi l’ennesimo esempio concreto come ci si aspetta dalla razionalità e dagli articoli di questo Blog (che, come molti lettori oramai sanno, sono frutto di esperienze realmente vissute e non di insinuazioni*).

*Le insinuazioni non sono utili a nessuno ed inquinano il web così come la letteratura e l’informazione in generale. E’ opportuno saper provare quanto si sostiene al fine di essere attendibili ed evitare inutili rumori stancanti e distruttivi che aiutano solo a smettere di credere in sé per esaurimento di energie e depressione.

Anticipo di cambiamento

Ma nell’immediato c’è qualcosa che posso fare per competere con il “mercato influenzato”? Sì, esiste un parametro che io ho chiamato “Anticipo di cambiamento” e che definisco come segue: Se sono opportunamente preparato ed ho le fonti ed i contatti giusti posso conoscere con un certo anticipo le direzioni verso le quali protende il mondo prevalentemente nel breve periodo. Se a questa condizione sussiste anche la mia “praticità” ed “elasticità”, quindi una notevole capacità di adattamento e di “aderenza”, e se sono circondato dai collaboratori giusti (parliamo già di condizioni assai rare quindi), potrò orientare di volta in volta i miei business verso le tendenze che più sono compatibili con il mio livello di istruzione e con le mie reali capacità di concretizzare un progetto imprenditoriale.

Fragola o cioccolato all’arancia?

Pertanto se conosco con un certo anticipo che la prossima estate il gelato alla fragola sarà in voga a differenza del precedente anno in cui sembrava prendere il sopravvento il cioccolato all’arancia, potrò imbastire un cambio di produzione volto ovviamente a massimizzare i profitti in questa nuova direzione al fine, tra l’altro, di tenermi sempre più a lungo presente tra coloro che sono competitivi. Si tratta però di un insieme di condizioni che di certo non risiedono nella realtà della massa, per questo motivo le aziende che emergono si contano sulla punta delle dita (anche per casi fortuiti come il trovarsi al posto giusto nel momento giusto ma trattasi di situazioni non contemplate in questi articoli perchè non razionalizzabili).

Area di stress

Ad ogni modo, poco prima ci sono comunque vaste zone da conquistare che permettono pur sempre di dire la propria. Attenti però, dei tanti imprenditori che ho conosciuto in quest’area, moltissimi non hanno “santi in paradiso” e, statisticamente, sono maggiormente diffusi problemi cardiaci, ischemie, ictus anche in età nell’intorno dei 40-50 anni. Sapete perchè? Per un tasso di stress fenomenale. Valutate voi stessi quanto certi sacrifici vi convengano realmente (o imparate a prendere le situazioni con filosofia), tanto tra un secolo l’azienda verrà comunque assorbita dalle sabbie mobili e nella storia resteranno ben pochi. Io stimo che persino la Ferrari potrebbe finire nel dimenticatoio nel giro di 200, 300 anni. Ma quest’ultima è solo una ipotesi molto personale le cui fondamenta vi racconterò in un articolo dedicato.

Insiemi matematici

Se poi un cambiamento di tendenza, invece di puntare un elemento di un dato insieme (ad esempio l’insieme dei gusti del gelato), punta ad elementi di insiemi diversi (ad esempio dalla tendenza del gusto gelato cioccolato all’arancia alla conveniente produzione di ombrelli per l’aumento delle pioggie), ecco che riuscire a diventare “aderenti al mercato” ed abili a trarre dei profitti, diventa iperbolicamente più complesso e quasi impossibile da apprendere, se non per un numero limitatissimo di persone al mondo che dispongono di straordinarie capacità di variegare e articolare in più dimensioni l’assieme delle loro attività.

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Chi fa il mercato? – Parte 1: Le influenze
Chi fa il mercato? – Parte 2: Anticipo di cambiamento
Chi fa il mercato? – Parte 3: Ci vuole un pozzo

Anticipo di cambiamento nuovo mercatoAnticipare serve ad esser pronti nel momento esatto in cui si rende necessaria una precisa
azione. Azione che se venisse iniziata nel momento effettivo in cui occorre, andrebbe a
totale compimento con quel tanto di ritardo che basta per renderla inutile o non correttamente
funzionale. Anche se il bivio si trova geometricamente in un preciso punto, non possiamo
girare in quel preciso punto, ma ci dobbiamo preparare prima… con un certo anticipo.

Chi fa il mercato? – Parte 1: Le influenze

Rubrica: Mandare l’acqua all’insù
Titolo o argomento: Quando la microeconomia è connessa con la psicologia, le neuroscienze, la strategia…

L’articolo che segue è più lungo del solito, appartiene a quella tipologia di articoli che preferisco non frazionare troppo altrimenti il lettore può perdersi e non trovarsi più. Ovviamente un articolo come quello che segue è destinato a lettori che amano prevalentemente i libri (e, per l’appunto, da uno dei miei libri è tratto e messo a disposizione gratuitamente), gli approfondimenti, le spiegazioni chiare ed esaustive. Tra i vari paragrafi che seguono, di questo articolo (e dei prossimi due) ci sono delle perle nascoste, delle finezze che sono rivolte ai più attenti, curiosi e meritevoli. Buona lettura.

La microeconomia dice…

Secondo i libri di economia e microeconomia il mercato è “fatto” dai consumatori, dalle loro volontà, dalle loro tendenze, dalle loro preferenze, dalle loro convenienze e, perchè no, anche dalle loro esigenze. Ma è realmente così? O, quantomeno, è esclusivamente così? La mia modesta opinione, da voi giustamente confutabile, è: No.

Non esiste una formula unica

Negli ultimi tempi sono aumentati coloro che mi hanno cercato nella speranza di poter avere degli spunti utili ad aiutare le loro aziende a sollevarsi dalle macerie di una crisi che oramai non c’è più (il programma, a mio modesto parere calcolato, è stato completato) ma i cui effetti permangono con persistenza.

Tangibili a chiunque sono le enormi voragini lasciate, come tutto quello che è stato perso (vedi le piccole e medie imprese uccise, il denaro fuggito all’estero con le importazioni sregolate orientali, gli imprenditori che sono scomparsi o che non hanno più modo di esercitare per le mancate tutele…), i grandi timori (paura di rischiare ancora, di creare qualcosa di nuovo, di fare salti nel buio con una proposta stravolgente), i grandi traumi (complessi che tutto sia un complotto, paure a 360 gradi che come al solito danneggiano prima chi queste paure non ha contribuito a diffonderle, vedi commercianti, artigiani, tecnici, operai…) e le grandi mancanze (una perdita immane di risorse cedute a realtà straniere, di ricchezze svendute sotto il reale valore a personaggi che occupavano posizioni di comodo, di capitali che si potevano investire meglio, di opere che dovevano essere compiute e, invece, hanno rappresentato le ennesime ulteriori perdite atte a burlarsi, in un modo o nell’altro, di chi le ha pagate realmente. Di fatto, il fatto che cambino le teste ma la condotta sia sempre la medesima, è già sufficiente a mostrare che qualcuno, dietro le figure che rappresentano la gestione di un paese, tenga il comando dei fili delle marionette).

Ma il problema è che io non posso, a rigor di logica, conoscere i segreti di tutti i mestieri né tantomeno fornire una formula unica (come molti altri invece cercano di diffondere senza rendersi conto del danno che fanno) che porti un ben preciso risultato a tutti indistintamente*.

*Certo ci sono delle linee generali che è bene tener presente ma guai a non renderle aderenti alla propria realtà in maniera estremamente intelligente, personalizzata e “calibrata”. Ricordate infatti che “copiare” chi certe cose le ha “già” fatte, significa raccogliere sempre e solo gli “scarti” e mere soddisfazioni (se va bene).

Potenziale crisi da formula unica

Se così fosse esisterebbe una crisi ancor maggiore che ora si potrebbe far fatica a comprendere ma che, con un piccolo sforzo, si può arrivare ad immaginare. Se tutti infatti avesero la formula per vincere, e nessuno perdesse, non vi sarebbe modo alcuno (matematico) di crescere e si collasserebbe per “svalutazione del tutto” a meno che all’unisono non si stia operando (dal fornaio al costruttore di automobili) per esportare ciò che si produce. In tal caso cospicui flussi di denaro giungerebbero dall’estero verso il nostro paese.

Viceversa la circolazione del medesimo denaro sempre all’interno dello stesso paese deve necessariamente portare qualcuno a vincere e qualcuno a perdere; questo è matematico e non c’è modo di far crescere la piantina se qualcosa non entra dall’esterno (luce, acqua, concime, nutrienti, ecc.). Gira e rigira la terra nel vaso stesso e nulla accadrà. Diventerà più morbida, più facile da arare, più predisposta a diventare fertile ma senza un apporto dall’esterno, oppure con il riutilizzo ciclico della stessa acqua e degli stessi semi, è destinata a finir lì.

Manodopera e virtù da salvare

Mi sono accorto come molte delle aziende che mi cercano coltivino in realtà manodopera preziosa e virtù impareggibili. Mi riferisco principalmente all’esperienza che hanno maturato in decenni di attività (che, temo per loro e per me, nessuno raccoglierà per proseguirne la tradizione e la divulgazione) ed a conoscenze tecniche senza eguali che stanno oramai da anni andando a scomparire a favore di logiche più industriali e globali.

Muoiono le piccole e medie aziende in grado di fare la differenza e di tramandare il “come si fa”, il “come si migliora”, il “come funziona”, il “come si progetta”, il “come si risolve”, …, a favore di colossi privi di anima, privi di affetti, privi di calore, privi di contatto, privi di comunicazione, privi di accoglienza e coinvolgimento, privi di tutto, che però offrono presunte agevolazioni di prezzo e di distribuzione che stimolano puramente ed unicamente l’avidità umana e possono tutt’al più offrire qualche emozione a tempo determinato (quel tanto che l’obsolescenza programmata lascia che ci sia concesso).

Allo stesso tempo ho osservato che quando mostro alcune brevi introduzioni su come si fanno certi prodotti d’artigianato, la gente rimane piacevolmente sopresa e si appassiona. Quando mostro loro ad esempio come si lavora il legno in maniera magistrale al fine di avere un pezzo di arredamento unico, loro rimangono senza fiato, affascinati, e questo “contatto” che hanno con me non lo trovano su un sito web, non lo respirano, non lo percepiscono (e non lo percepiranno mai) a pieno con tutti i loro sensi in altre dimensioni del mercato.

Cervelli sovrastimolati

A questo punto mi chiedo e potreste chiedervi: “Se la gente è affascinata da ciò che gli mostro perchè poi la massa sceglie altro?”. Perchè la mente della massa è stata allenata a “dimenticare presto” mentre quelli che ti hanno scelto, in realtà, avevano già scelto in partenza il tuo prodotto, non era necessario convincerli, dovevano solo trovarti. Ma come accade che la massa dimentichi presto? Le Neuroscienze cognitive spiegano egregiamente i fenomeni che avvengono nel cervello umano (verificate voi stessi consultando dei validi testi) quando questo è sottoposto ad un particolare fenomeno che potremmo definire sovrastimolazione o iperstimolazione. Di fatto il cervello sovrastimolato smette di apprendere e smette di ricordare. Per ogni stimolo che gli giunge, non fa in tempo a vivere un’esperienza completa che stimoli la sua interezza sensoriale e percettiva in maniera tale da formare un ricordo completo, logico, richiamabile all’occorrenza e collegabile con altri stimoli (connessioni). Ecco spiegato in due tanto semplici quanto sconvolgenti frasi il perchè si incentivino molto i bombardamenti mediatici e perchè quelli che non li subiscono (perchè vivono facendo a meno dei tradizionali mezzi di informazione) conservino un gran potere avendo la mente sgombra e obiettiva.

Il problema poi, se siete dotati di cervello spazioso, panoramico, con ampie vedute, zone ricreative, logica autonoma e posto auto** è che la gente che ti ascolta fatica ad ascoltarti. Offrire durante un dialogo una nuova informazione interessante ad ogni frase, invece di essere petulanti e ripetitivi, è prolifico solo se il dialogo ha luogo con altre menti allenate. Gli iperstimolati si perdono e devìano in un mondo loro perchè non riescono più a seguire. Questo è tristissimo, alcuni addirittura si mortificano o si abbattano se glie lo fai notare. Altri pensano a me come ad un genio per la complessità dei temi trattati, per il grado di approfondimento e per i risultati che ottengo. Ma io non sono un genio, son loro che non sfruttano più da troppo tempo le loro reali potenzialità e non sanno come farlo, così come non sanno cosa si stanno perdendo.

**C’è sempre bisogno di un posto auto : – )

The Matrix (una similitudine con)

Non riuscendo poi ad osservarsi dall’esterno non percepiscono più la realtà e sostengono che in fondo tutto va bene così com’è e/o che non possono farci più niente. Molti sembrano in letargo, una sorta di Matrix (con riferimento al film The Matrix, Lana e Andy Wachowski, Stati Uniti d’America, Australia, 1999) trasposta alla nostra realtà dove le persone credono di fare quello che loro piace e invece sono addormentate da gadget elettronici, iperstimolazione mediatica, istruzione errata, male orientata e incompleta. Non c’è un mostro che succhia loro energia ma ce n’è uno analogo che succhia loro risorse (economiche). Vivono tutta la vita con l’illusione che “dai, ancora un po’, adesso vedrai che cambia, adesso intanto trarrò piacere dal telefono nuovo, dalla macchina nuova, dal prestito ottenuto…” e si ritrovano in realtà ad aver lavorato una vita per fornire le loro ricchezze (anche vere e proprie in denaro, stiamo quindi sempre sul concreto) a terzi che mai vedranno e mai incontreranno nella vita perchè tali terzi schierano i loro fanti e i loro re a combattere le loro battaglie e non si schierano mai per primi avanti a tutti nella zona di maggior rischio dove invece noi viviamo quotidianamente.

Quindi chi fa il mercato?

Quindi, tornando al principio, chi fa il mercato? Se non sono i consumatori a fare la prima mossa nel mercato, quale fenomeno tangibile, concreto e dimostrabile ne sarebbe artefice? … Sono le “Influenze” che fanno il mercato. Ti piace il mobile d’artigianato? Ti piace l’auto che possedevi dieci anni fa? Ti piace quel vecchio paio di scarpe robuste e comode a pennello che ora non trovi più? Ricordi a malapena quella maglietta intima in 100% cotone che nessun lavaggio riusciva a consumare?

Ma hai rinunciato al mobile d’artigianato perchè ti hanno convinto che il falegname è “roba da benestanti”, costa troppo, mentre una grande superficie (detto di centri commerciali, anche dedicati ad un particolare settore) può venire in contro alle tue esigenze (e non sai quali speciali occasioni ti stai perdendo ogni giorno abituato a credere che tutto ciò che era in passato in un modo, ad esempio costoso, lo sia anche oggi). I falegnami ad esempio costano molto ma molto “meno” ed in molte occasioni realizzre mobili di qualità su misura costa molto meno di un appariscente prodotto in cartone pressato (che magari richiede un finanziamento).

Hai rinunciato alla macchina che avevi 10 anni fa, che ti piaceva, che guidavi bene, che ti soddisfaceva perchè temi quelle persone, magari quelle ragazze, che ti fanno notare che stai guidando un’auto vecchia o temi di “sembrare povero” agli occhi di chi ti osserva…

Non vai nemmeno più a cercare i vecchi calzolai di una volta che oggi addirittura ti fanno le scarpe su misura per il tuo piede, in materiali che sceglierete insieme e che calzeranno come un fresco prato di rugiada pagando un prezzo tutto sommato di poco superiore a quello della scarpa della grande superficie (del resto se spendi quasi mille euro per uno o due telefoni, vorresti dirmi che non puoi affrontare l’acquisto di una scarpa che ti durerà almeno 10 anni spendendo 200-300 Euro?).

Ed hai dimenticato quasi del tutto i capi di abbigliamento robusti, duraturi, dall’aspetto immutabile per anni, che potevi acquistare anche solo fino a 10-15 anni fa (e pensare che le nuove generazioni non li hanno mai visti e probabilmente mai li vedranno dato che, cercando persino i fornitori delle materie prime per farli da me, tramite amiche abili nel cucire e fare cartamodelli, non risultano più acquistabili in ogni dove).

Come ci sono riusciti?

Iniziando a mostrarti prodotti rassomiglianti a quelli dell’artigiano ma a prezzi golosamente più bassi. Solo in un secondo momento ti sei accorta/o che non era legno, era cartone pressato, non era pelle, era plastica (detta poi in seguito, strategicamente, ecopelle…), non era una vettura d’alta gamma in offerta ma un groviglio di derivati siderurgici per i quali non sono previsti in Italia pezzi di ricambio (e per una valvola da 15 Euro devi sostituire un intero motore e spenderne migliaia), non era cotone elasticizzato ma un tessuto che ti ha portata/o dritto al cortisone, non era un elettrodomestico duraturo ed eventualmente riparabile ma un trabiccolo con x ore di vita da buttare e sostituire con uno nuovo (e poi ci lamentiamo delle discariche colme e dell’aumento delle relative tasse) e così via.

Quindi in realtà non è che una cosa la vuoi o non la vuoi come sostiene ad esempio il buon vecchio libro di microeconomia. Il fatto è che ti portano a non cercarla più una cosa perchè ce n’è un’altra “troppo bella che sembra vera”. Magari fosse la volta buona che facciamo l’affare, magari poterci sentire una volta tanto anche noi degli affaristi riusciti (li critichiamo ma sotto sotto li ammiriamo) e, conoscendo solo le quattro operazioni di base (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione) più quella con il livello di difficoltà aumentato (la percentuale), operare una grande strategia di risparmio (ohibò… perdonate la mia severità ma quando ci vuole, ci vuole).

E così si pensa d’aver preso di proprio pugno una strada diversa e invece si è stati guidati il più delle volte sulla base di strategici richiami di debolezze veniali. Altre volte si dà la colpa agli altri, imputati di non comprendere un valido prodotto, e invece tali altri non hanno nemmeno mai saputo che esiste (perchè non correttamente informati, istruiti, formati, vedi ad esempio le nuove generazioni). Altre volte ancora ci attribuiscono scelte che, assurdo ma l’ho vissuta in prima linea, non abbiamo mai fatto in quanto, se interrogati, avremmo detto di “no”. Un altro esempio concreto? Ho interrogato migliaia di persone circa il gradimento dell’IoT negli elettrodomestici (Internet of Things), non ricordo nemmeno una sola persona che abbia gradito che un elettrodomestico possa chiamare l’assistenza da solo tramite la rete internet; eppure alle conferenze di settore se riporto i dati mi tappano cordialmente la bocca (mi tolgono il microfono) e proseguono tutti dritti per la loro strada. In soldoni lo avremo presto nelle case anche se la gente non lo vuole, ma tutti poi ne faranno uso appena “ce l’avrà l’altro…”.

Controcorrente

Il fatto è che terzi hanno scelto per noi e, influenzando la società, la spingono verso la direzione desiderata. C’è poi chi ci cade inerme (la massa) e chi, vuoi per la predisposizione genetica, vuoi per la condotta di vita, per le esperienze maturate, per il tipo di lavoro che fa (magari di settore), per il livello culturale e di formazione extra (altra rarità), non ci cade nemmeno un po’ (la minoranza, quella che solitamente ha una voce troppo piccola e vanta modi garbati, razionali e nobili che al giorno d’oggi attirano meno attenzioni di un rutto caricato sul “tubo”***). I più deboli poi, nella loro insicurezza, si aggregano alla massa con il costante timore di “apparir diversi”.

***Soprannome del più diffuso servizio di videosharing.

Un pacco di suggestioni senza bolla d’accompagnamento

Allora se io non posso importi qualcosa perchè altrimenti, è risaputo, otterrei effetti contrari (tutti o quasi diventiamo bastian contrari davanti alle imposizioni) ti guido, suggestione dopo suggestione, verso la mia buca che tra i verdi fili d’erba accoglie ingannevolmente anche una gabbia nella quale chi prima chi dopo resta chiuso. Così se negli anni ’80 la tua compagna aveva maggior stima di te se invece di comprare l’auto nuova più in voga eri bravo a metter su famiglia e comprare casa, oggi rischi che una ragazza esca con te e, una volta salita in auto ti dica: “Ma questa macchina è vecchia…”, “E quindi? A me piace e poi va alla grande ed è tenuta perfetta…”, “Sì è vero però così vecchia chissà quanto consuma!”, “Ohi ma non è una biga eh, è un top di gamma di 16 anni fa con un ottimo motore elastico ed affidabile 2.0 Turbo 16 Valvole, comoda, salubre (senza formaldeide), piena di accessori utili, perfettamente in ordine che non mi sembra affatto sfiguri, avrà sì e no due graffi in tutto”, “Ah si si, non te la prendere!”, che tradotto significa: pensa quello che vuoi tanto è vecchia e tanto conviene farla nuova con una che inquina e consuma meno****.

****La tipa, realmente salita sull’auto di famiglia che sto utilizzando per il mio record del milione di chilometri, si illudeva di conoscere la realtà su motore, consumi e livello di inquinanti (argomento che racchiude un mondo di tecnica che però non avrebbe mai avuto la pazienza di ascoltare nemmeno a mò di tutorial semplificato) avendo visto solo qualche pubblicità ed avendo spulciato qualche titolo su internet ma, peggio che andar di notte, pensava di saperne di più di un motorista accreditato.
Divagazione: Va buò se mi tira fuori anche i consigli della madre la scarico in autostrada e passo a prendere Maggie, una cagnolona paffuta che Eli ed io prendemmo diversi anni fa in un allevamento che sembrava più un’esposizione di soggiorni tanto erano belli, morbidi e paffuti quei cuccioli di SharPei. Maggie adora fare i giri in auto, qualunque sia l’auto si gusta semplicemente il viaggio (oddio forse su un vero bidone non salirebbe, devo provare…) e gli amici.

Siamo tutti imitatori

Se io influenzo i comportamenti della società, se diffondo usi e costumi virali, “aizzo” il desiderio dei consumatori di “imitare” il tale atteggiamento al fine di “cercare” di essere come il riferimento carismatico impiegato per divulgare il comportamento/desiderio stesso. Questo accade perchè almeno nel quotidiano***** ognuno cerca il suo momento in cui è importante, è osservato, riceve attenzioni, e si circonda di scelte e di oggetti che possono portarlo anche temporaneamente in questa condizione: quando appoggio il telefono di un certo calibro sul tavolo in riunione, quando dò il comando vocale alla mia automobile davanti agli amici o alla ragazza, quando viaggio in determinati luoghi senza nemmeno conoscere un solo motivo per cui ci vado ma “Vuoi mettere? Viaggiare ‘fa figo’ a prescindere…”, quando si cerca di mostrare la propria vita “risaltata” sui social network e, grazie ad una App che elabora le foto rendendo i colori più spettrali, surreali, fumettistici, si cerca di ricondurre il pensiero dell’osservatore ad un tramonto caraibico che, vogliamo far credere, andremo a condividere con Shakira in un ballo tribale attorno al fuoco… e magari ci troviamo in realtà su un pulmino per Ladispoli che sta accostando perchè ha forato e, con l’aria condizionata spenta, iniziamo a puzzare tutti come carogne. Potrei continuare la lista per pagine e pagine ma ho già fornito numerosi altri spunti in altri articoli (vedi ad esempio “Le regole che non esistono”, link correlati in basso).

*****Se non posso nella vita.

Link correlati
Chi fa il mercato? – Parte 1: Le influenze
Chi fa il mercato? – Parte 2: Anticipo di cambiamento
Chi fa il mercato? – Parte 3: Ci vuole un pozzo
Le regole che non esistono

Influenze

Image’s copyright: Igor Kislev (close-up.biz)

La continua lotta contro il sistema Italia: La legislazione – Parte 3

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli

Questo articolo segue da:
Vedi i “link correlati” riportati in basso.

La consegna della targa di una moto d’epoca ringiovanita
(la potremmo definire la moto di Benjamin Button)

La Gloria è motorizzata 2 tempi

Mi hanno regalato alcuni anni fa una vecchia moto italiana 2 Tempi da restaurare da capo a piedi. Inizialmente, viste le pessime condizioni, non sapevo che farmene. Poi mi sono accorto che si trattava del mezzo giusto per effettuare alcuni studi di meccanica che descriverò in un articolo dedicato. Il punto è un altro, quando questa moto mi è stata regalata aveva 22 anni di anzianità e con le precedenti leggi era considerata d’epoca. Questo significa che godeva di alcune agevolazioni, una delle quali prevedeva il pagamento del bollo (agevolato) solo in caso di circolazione su strada. Trattasi di una situazione perfetta specie se un appassionato conserva un cimerio di passione solo per esporlo in taverna, addirittura in sala o, perchè no, come nel mio folle caso, arriva a tenere la Replica di una Moto da Gran Premio accanto al letto dove dorme*.

Niente più agevolazioni per i veicoli d’epoca

Con la moto che mi è stata regalata è successo qualcosa di simile, infatti non circola su strada né va a raduni. E’ stata smontata pezzo pezzo in laboratorio per effettuare degli studi di carattere tecnico che altrimenti non avrei potuto condurre su mezzi di maggior valore o su mezzi completamente funzionali ed utilizzabili su strada o su pista. Passa qualche tempo ed esce nel Gennaio del 2015 una feconda** legge che sposta le agevolazioni per i mezzi d’epoca dai 20 ai 30 anni, quindi di fatto nell’età da mezzo storico (per chi non lo sapesse, prima della data citata, a 20 anni un mezzo era considerato d’epoca e, a 30 anni, era considerato storico; ovviamente solo se dotato di particolari caratteristiche di valore tecnico e/o storico***).

La consegna della targa

Non dovendo più il mezzo circolare su strada mi sono quindi informato per la consegna della targa e son venute fuori pagine web (che poi si sono rivelate non aggiornate) che illustravano la procedura prevista dal PRA (Pubblico Registro Automobilistico) per consegnare la targa della moto ed allo stesso tempo conservare il veicolo per motivi collezionistici, affettivi, o di pura e semplice libertà di possedere ciò che ci appartiene, quello che si è acquistato in pieno diritto.

La distruzione obbligatoria del motociclo

Guarda caso la procedura di consegna targhe è stata abolita ed ora è possibile consegnare la targa solo se il mezzo viene venduto all’estero oppure se lo si distrugge (in particolar modo è obbligatorio distruggere il telaio). Perchè mai? Con quale diritto una simile violenza alle cose altrui? Non sono libero di possedere ciò che è già mio e di farne ciò che voglio? Se un veicolo non è più un veicolo ma un soprammobile di valore affettivo, perchè mai devo essere obbligato a distruggerlo per non considerarlo più circolante? Cosa ha a che fare tutto questo con il concetto di libertà e democrazia? Posso (in parte) capire se il mezzo circola su strada e si reintroduce un bollo a prezzo pieno perchè con il ricavato un paese intende compensare dei buchi; ma obbligare il pagamento di un bollo anche su un soprammobile mi pare davvero eccessivo, fuori luogo e mal promettente.

Esempi di risposte logiche

Un cambio radicale

La mia risposta a questa situazione è stata definitiva, onestamente complicata da replicare ma sicuramente concreta. Ho deciso che non acquisterò più una moto o un’auto di particolare interesse sportivo/agonistico, o comunque collezionistico, in quanto, avendo quasi definitivamente completato tutti i miei studi inerenti la costruzione di telai, sospensioni e motori, da qualche tempo ho iniziato a progettare e realizzare personalmente i miei veicoli di culto (o parte di essi – breve nota: verranno esposti alla pagina DESIGN la quale verrà aperta al pubblico una volta pronti) che userò solo in pista senza necessità alcuna, né obbligo, di pagamento di “spese impertinenti”. Alcuni di essi saranno addirittura omologabili su strada e, solo allora, in tale caso limite, chiamati giustamente a pagar per i servizi di cui usufruiscono su strada. Tutto questo solo per poter possedere liberamente una particolare soluzione tecnica apprezzata (un particolare tipo di telaio, una geometria di sospensione, uno schema di motore) senza aver gattini affamati intorno che non si son fatti vedere tutto il giorno e poi, appena hanno fame, iniziano a fare MAO (non Miao che, ancora ancora, ci sta… ma proprio quel MAO snervante traducibile dialettalmente, in qualunque lingua, con l’equivalente di: “Me dai da magnà, me dai da magnà, non smetto finchè non me dai da magnà!”).

Trasferimento di conseguenze

Il problema a questo punto si trasferisce perchè va a colpire una filiera di aziende, professionisti, artigiani e appassionati che nulla hanno fatto per giungere ad una simile situazione. Ed anche se in fondo in Italia le persone che hanno modo di costruir da sé un intero veicolo, continuando quindi a poter perseguire la propria passione indistrubati, si contano sulla punta delle dita, il colpo per l’intera filiera è stato consistente. In men che si dica molti italiani hanno preferito disfarsi del loro mezzo pur di non pagare l’eccesso. E se anche questi italiani hanno vinto la loro causa economica, hanno dovuto rinunciare ad una scintilla che gli faceva brillare gli occhi almeno una volta alla settimana quando, il sabato o la domenica mattina, alzavano quel telo, accendevano il loro pezzo di cuore ronfante e scorazzavano tra le strade sulle quali sono cresciuti. Ma come si fa a distruggere simili cose proprio in un paese come il nostro…

Il tempo? No questa volta pesa più il dispiacere

Per questo contrattempo, per documentarmi, per arrivare a prendere una decisione, ho perso diverse settimane tra motorizzazione, PRA, club automobilistici e motociclistici. In questo caso però, più che il tempo, il vero disagio è stato il dispiacere di non potersi sentire libero in un paese considerato sviluppato. Quanto emerso dalle mie visite a diversi club di veicoli di interesse storico l’ho raccolto in un articolo che verrà pubblicato prossimamente e di cui troverete in seguito il collegamento in basso tra i Lnk correlati.

*Ovviamente senza alcun lubrificante né carburante né altro… per la salubrità dell’aria.

**L’ammontare in denaro ricavato dal sistema Italia, con la reintroduzione del pagamento del bollo sui veicoli d’epoca, non raggiunge i 50 milioni di Euro, il che, come capacità di spesa, equivale ad una signora anziana che si è dimenticata il borsellino a casa e non ha l’Euro per il biglietto dell’autobus. Questa è la proporzione dell’ordine di grandezza.

***Le persone che si fregiavano di tali agevolazioni per mezzi normali erano le classe furbette all’italiana e non sono contemplate in questo articolo.

L’immatricolazione di un mio prototipo di eBike
(pena multe severissime più sequestro ed esproprio del mezzo)

Perchè no?

Dopo aver messo a punto finemente diversi prototipi di eBike egregiamente funzionanti e largamente sfiziosi per i miei gusti, ho pensato di utilizzarne almeno un paio per la circolazione su strada. Così mi sono informato circa i requisiti da soddisfare per poter circolare su strada anche con biciclette elettriche che superano i 25 km/h e che sono dotate di acceleratore come una moto (pur essendo provviste di pedali e perfettamente utilizzabili con la forza muscolare).

Equipaggiamento ad alta burocrazia

Il casco integrale omologato non è risultato essere un problema (lo indosso comunque anche in aree private, anche nei test in pista o in montagna o sui miei prototipi a pedalata assistita a norma di legge), l’aggiunta di luci e di un segnalatore acustico è risultata essere di facile integrazione, il pagamento di un’assicurazione l’ho ritenuto logico non sapendo come altrimenti procedere in caso di collisioni con altri veicoli, l’installazione di una targa già mi sembra eccessiva su una bici ma quello che realmente non comprendo è che, in caso si venga colti a circolare con una bici dotata di acceleratore e capace di superare i 25 km/h, la multa possa superare addirittura i 9000 Euro (come ho letto di recente su alcuni giornali nazionali) più il sequestro e l’esproprio del mezzo.

Le reali sanzioni
(Attenzione, gli importi variano da Comune a Comune)

In realtà possiamo tirare un sospiro di sollievo perchè quanto ho letto sui giornali in questione non corrispondeva al vero, o meglio, corrispondeva ad una trasmutazione del vero per ingigantire la vicenda. La multa di oltre 9000 Euro, che tanto ha risuonato nel web questa estate, non è stata fatta per via della bici elettrica dotata di acceleratore, bensì perchè il conducente non era in possesso di alcuna patente e quindi diventava pericoloso per il traffico nel momento in cui non conosceva le norme che lo regolano e lo rendono sicuro. Le sanzioni “minime” reali sono le seguenti:

Per la mancanza certificato di circolazione ed immatricolazione:
sequestro con confisca del veicolo e sanzione di Euro 154.

Per la mancata copertura assicurativa:
sequestro con confisca del veicolo e sanzione Euro 84.

Per la mancanza di targa:
fermo del veicolo per 30 giorni e sanzione Euro 84.

Per la mancanza di casco:
fermo amministrativo del veicolo per giorni 60 e sanzione di Euro 80.

Per la mancanza patente:
denuncia penale, sequestro per confisca, ammenda da Euro 2.257 a 9.032.

Nei primi due casi e nel quinto, però, si osserva la confisca della bicicletta (non la si riceve più indietro). Mi chiedo come mai una bici elettrica comporti simili severe pene mentre se si va pericolosamente in autostrada in automobile a 200 km/h la contravvenzione è decisamente più abbordabile e si possono persino mantenere i punti della patente pagando una differenza. Perchè mai una bici che si muove in elettrico attira tutto questo interesse? Nei casi di malafede si potrebbe ipotizzare: “Sai, siccome non usi carburanti fossili e sei esente da tasse…”. Mentre nei migliori casi di buona fede: “Sai, non controllando più il mezzo con la sola forza muscolare, in caso di incidente è necessario prendersi grosse responsabilità in mancanza di un adeguamento”. Premesso che in più di un caso ho sentito dire che “a pensar male non si sbaglia mai”, qualche idea mia me la son fatta, anche se in effetti non esistono solo le idee, esistono anche le responsabilità.

L’approccio legale rende liberi e sereni

Non ho ancora calcolato quanto tempo, quante pratiche e quanti giri richiederà l’immatricolazione del mio personale progetto di eBike, ma appena ultimato tutto (non ci penso nemmeno a violare norme, regole e leggi in quanto la soddisfazione più grande per un cittadino ritengo sia riuscire ad evolversi rispettando le regole del gioco e non affidandosi a scuse, plausibili o meno, per infrangerle; andare avanti nella “interezza” della ragione non ha prezzo, è più impegnativo, ma rende liberi con un gusto più che unico) pubblicherò volentieri un aggiornamento completo della prassi seguita. Ad ogni modo il sequestro del mezzo con tanto di esproprio, se ad esempio si vien colti a girare senza pedalare a 45 km/h, mi pare un eccesso ancor maggiore di quello superato dall’ipotetico ciclista ibrido. Tra parentesi i ciclisti da strada professionisti in volata raggiungono i 70 km/h (anche se in regime di traffico controllato, ma nessuno vieta loro di rifarlo negli allenamenti). Io stesso che ho fatto l’agonista nella categoria Cross Country delle MTB (Mountain Bike) ve ne potrei raccontare di limiti “regolarmente” superati con la forza muscolare…

Esempi di risposte logiche

Pazienza e caparbietà

Posso omologare tranquillamente ed in poco tempo i miei prototipi presso le motorizzazioni di ben 3 stati della Comunità Europea che mi hanno fornito la loro collaborazione ma, per una volta almeno, desidero provare come si ottenga un’omologazione in Italia, con quali costi ed in quanto tempo. La motorizzazione della mia provincia ha trovato alcune difficoltà nel capire la mia richiesta ma con una buona dose di pazienza ho spiegato loro che una bici dotata di acceleratore e capace di superare i 25 km/h non è “svincolata” dalle norme del codice stradale previste per i ciclomotori come invece mi stavano comunicando e che, in caso contrario si rischia di incorrere in spiacevoli conseguenze.

Dall’Ing. della Motorizzazione al Ministero dei Trasporti

Una volta assimilato che la bici in questione non si vende nei negozi e non è quindi dotata di libretto di circolazione fornito di fabbrica, mi è stato comunicato che dovrò mettermi in contatto con l’Ingegnere della motorizzazione responsabile delle omologazioni in prototipo unico o per la produzione in serie. Questa figura professionale mi chiederà i disegni tecnici della mia eBike e tutti gli schemi elettrici. Tali schemi verranno valutati e sottoposti ad eventuali note e correzioni per ottenere l’omologazione. La procedura verrà effettuata dal Ministero dei Trasporti Italiano ma la Motorizzazione non mi sa dire in quanto tempo. Una volta ottenuto il primo responso, se tutto va bene, si potrà procedere con l’ottenimento della carta di circolazione e, successivamente, della targa per ciclomotore, quindi dell’assicurazione. In caso contrario sarà necessario correggere il progetto e ricominciare la pratica da capo. Ad ogni modo anche a seguito dell’approvazione dei progetti da parte del Ministero dei Trasporti, dovrò portare il prototipo in Motorizzazione per i controlli definitivi (verranno verificati vari parametri quali ad esempio la frenata nonché la piena dotazione e funzionalità degli impianti). Seguiranno maggiori dettagli in un apposito articolo una volta definita e completata la pratica.

Attenzione al segreto industriale

Per svolgere tali pratiche in tutta sicurezza sarà necessario non dotare il prototipo che verrà analizzato di segreti industriali. Dovrà quindi essere smontata l’elettronica sofisticata per essere sostituita da un’elettronica basilare, stesso dicasi per il motore ed il pacco batterie, nonchè eventuali particolari sensori. L’importante è che le caratteristiche fisiche dei pezzi sostitutivi siano le medesime a livello di potenza erogata, di velocità raggiungibile, correnti in gioco, tensioni e dispositivi di sicurezza. Fornire il modello reale equivale a darsi la zappa sui piedi in quanto tutti cercherebbero di capire come si ottiene un particolare risultato e quali accorgimenti sembrano meritare maggiori attenzioni. Anche se in realtà non è così, meglio non correre rischi inutili (se guardi una Moto da GP senza le carene poi la sai rifare?). Una volta su strada con la propria patente (del ciclomotore, dell’auto e/o della moto), Carta di Circolazione fresca di stampa, Targa per ciclomotori e Assicurazione, si indossa il Casco, l’abbigliamento e le protezioni di Sicurezza, si accendono le Luci e si è pronti per “scorazzare” senza che nessuno multi o peggio sequestri un mezzo così speciale ed importante per la vera crescita di un paese. Se ciò dovesse trovare degli impedimenti ecco che le motorizzazioni dei 3 stati contattati con successo effettueranno la procedura in pochi giorni obbligando l’Italia ad accettarla facendo essa parte della Comunità Europea.

Continua…

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La continua lotta contro il sistema Italia: Conclusioni – Parte 4

Coppia motore - Momento torcente

Il ragazzo sullo scooterone guarda incredulo lo specchietto. Un oggetto non bene identificato,
assimilabile ad una comune bicicletta, lo sta sorpassando con una elasticità disarmante, a nulla
servirà la sua azione sul gas. L’accelerazione è mastodontica, la coppia arriva subito ed è corposa,
un mare in piena fino al regime massimo senza la minima incertezza. La torsione si scarica a terra
addomesticata dalla sofisticata elettronica. Un setup frutto di anni di esperienza nel Motorsport
rende la bici estremamente stabile, sicura, performante e aderente al suolo senza la minima sbavatura.
La costruzione di telai specifici, di impianti, ruote e raggi ad hoc è stata imperativa per impedire il
collasso strutturale e raggiungere la massima affidabilità. Gli attuali 2.0 Turbodiesel circolanti su
strada restano decine di metri indietro ai semafori. Una tonnellata e mezzo contro una manciata di
chili esprimono entrambi pressappoco la stessa coppia (con specifiche tecniche nettamente
più interessanti a favore della bicicletta).
Da diversi anni ormai ho allargato le mie competenze nel Motorsport anche con le
alternative elettriche ed ibride. Ho cominciato a costruire diverse bici elettriche molto prima
che iniziassero ad andare di moda e mi sono tolto la soddisfazione di utilizzarle di tanto in tanto
anche su strada, prima che ne venisse normalizzata la circolazione con la pedalata assistita. Poi
l’attività di ricerca si è spostata definitivamente su pista ed in montagna. Dei veri e propri UFO
per la gente che osserva spiazzata. Pubblicheremo affascinanti video sul nostro canale YouTube
appena avremo completato i modelli attualmente in studio.

La continua lotta contro il sistema Italia: La legislazione – Parte 2

Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli

Questo articolo segue da:
Vedi i “link correlati” riportati in basso.

La Firma digitale
(e la comunicazione della PEC al Registro delle Imprese)

La Firma Digitale l’abbiamo ottenuta semplicemente senza alcun problema, l’abbiamo attivata con una semplice procedura fornitaci con il PIN a corredo, ci siamo dotati dei software necessari agevolmente scaricati online sui siti web ufficiali e l’abbiamo usata. Quindi? Quindi vorrei scrivere due righe su qualcos’altro che ha visto la Firma Digitale al centro della mia attenzione. Come espresso nel primo paragrafo del precedente articolo, dal 1 Luglio 2013 è diventata obbligatoria per le imprese la Posta Elettronica Certificata; ottenerla è necessario ma non sufficiente. E’ indispensabile infatti comunicarla agli uffici competenti affinché questi poi la possano utilizzare per le comunicazioni “Pubblica Amministrazione – Impresa”.

Per tale comunicazione ipotizzavo fosse sufficiente recarsi con un documento presso gli uffici competenti ed aggiornare i dati relativi alla propria Partita Iva. Così non è stato e così non è ora (al momento in cui scrivo). In Italia, anche per comunicare l’indirizzo di posta elettronica, ci vuole una procedura che probabilmente nel 2050 scopriremo essere in qualche modo anch’essa collegata al disastro del Vajont. Così arrivato con mio padre allo sportello dedicato, pronto per comunicare orgoglioso il suo agognato indirizzo PEC (dopo i famosi circa 40 giorni), la signorina ci comunica che non è possibile comunicarlo di persona, nemmeno con tutta la documentazione del caso. Come fare quindi?

«Mi dispiace si deve rivolgere ad un professionista.».
«Cioè?».
«Ad un commercialista… deve pagare un commercialista che ce la comunicherà.».
«Vale a dire che devo pagare una persona alla quale io comunico verbalmente la mia PEC e che poi la dà a voi?».
«Sì!»
«Che bello!».

Costo dell’operazione propinatoci circa un centinaio d’Euro. Per comunicare un indirizzo di posta elettronica?!?! Tornato allo stato di quiete mentale mi rimetto all’opera e dopo varie “suppliche” rivolte a persone competenti scopro che si può comunicare “da soli” il proprio indirizzo di Posta Elettronica Certificata e lo si può fare gratuitamente; come? Con la Firma Digitale. Fiuuu, meno male. Anche questa è finita bene, ma che difficoltà e poi… perchè non mi è stato detto subito?

Per questa vicenda ridendo e scherzando è passata un’altra settimana tra il momento in cui abbiamo iniziato il tentativo di comunicare la PEC al Registro delle Imprese di persona e quando ci siamo riusciti realmente tramite il Web mediante l’ausilio della Firma Digitale.

La richiesta di una semplice Visura
(e la Sicurezza Web della carta prepagata ricaricabile)

Un giorno mi sono recato in Camera di Commercio per richiedere una Visura Camerale. Distrattamente l’ho ritirata senza pensare si trattasse di una versione cartacea che non potevo inviare al mio destinatario tramite posta elettronica. L’indomani mi sono informato sulle modalità per averla in formato digitale pdf ed ho scoperto che posso acquistarla sul relativo sito web. Vado per effettuare l’acquisto online e, al momento del pagamento mi viene notificato che la mia carta prepagata ricaricabile non è idonea per completare l’acquisto.

Sicuro che non poteva andare tutto liscio, oramai tranquillo (ma non rassegnato), contatto il fornitore della mia carta prepagata ricaricabile (una carta di pagamento di debito, la versione alternativa della carta di credito) per avere delucidazioni in merito. Dopo un paio di attese di circa un quarto d’ora l’una (tutto sommato ordinarie in Italia) vengo a sapere dall’operatore che, per ragioni di sicurezza (ad esempio in caso di furto o di clonazione) ora è necessario comunicare il proprio numero di cellulare al fornitore della carta prepagata ricaricabile. In tal modo quando si compie un acquisto online viene inviato un messaggio sul telefono cellulare contenente un codice da inserire in schermata nella fase conclusiva della procedura d’acquisto. Così, se si ha solo la carta, la procedura non può essere completata.

Tra la comunicazione del mio numero di cellulare e la riabilitazione della carta prepagata ad effettuare acquisti online sono passate altre 24 ore. Ad ogni modo apprezzo questa maggiore sicurezza ma le cose non credo stiano realmente così. Se ad esempio la carta è abbinata ad una società che offre servizi di pagamento digitale (vedi ad esempio PayPal) e si effettua un pagamento tramite quest’ultima, il denaro verrà scalato dalla carta prepagata abbinata senza che sia necessario l’inserimento di alcun codice di sblocco (correggetemi pure se sbaglio). Io personalmente avrei piacere che mi venisse fornito e poi richiesto sempre, ad ogni tipo di utilizzo della carta.

In questo modo diventano due i rari motivi per i quali utilizzo un telefono cellulare*, il primo se rimango in panne con un veicolo, il secondo se devo confermare un acquisto con la mia carta ricaricabile 🙂

Ad ogni modo altri 3 giorni passati prima di ottenere la documentazione necessaria, altri 3 giorni di impegni rimandati, di viaggi avanti e indietro per uffici, di telefonate, di attesa di risultati e conferme. Ce n’è sempre una…

*Chi mi conosce, di persona o perchè ha letto diversi miei articoli, sa che io ed il telefono cellulare proprio non ci intendiamo… Se lo gradite potete leggere articoli come “Istruzioni per diventare scemi oggi” e “Le regole che non esistono” (terzo capoverso), i cui link sono riportati in basso  tra i Link Correlati.

Continua…

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Istruzioni per diventare scemi oggi
Le regole che non esistono. + VIGNETTA

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La continua lotta contro il sistema Italia: La legislazione – Parte 1

Rubrica: Così è la vita

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Posta Elettronica Certificata

Dal 1 Luglio 2013 la Posta Elettronica Certificata diventa obbligatoria per le comunicazioni tra imprese e pubblica amministrazione. Il valore legale diviene a tutti gli effetti quello di una Raccomandata con Ricevuta di Ritorno. Questa forma di informatizzazione rappresenta un metodo più agevole di comunicazione, un metodo più rapido (consegna istantanea), evita le code agli uffici postali nonché le spese per le Raccomandate, l’uso di un veicolo una volta di più, le relative spese per il carburante, il parcheggio, lo stress nel traffico… insomma, sinceramente, ha molti lati positivi*.

Così mi è stato chiesto dai miei familiari di cercare un servizio di Posta Elettronica Certificata piuttosto semplice, a buon mercato e che fosse riconosciuto tra i servizi autorizzati, quindi ritenuti validi a norma di legge. Al momento della mia ricerca si spaziava addirittura da servizi ipersofisticati del costo di circa 30 Euro al mese fino ai più modesti, ma comunque validi e a norma, servizi forniti per 5 Euro all’anno. Dov’è allora il problema?

Ho scelto la Posta Elettronica Certificata di una veterana azienda italiana, il prodotto è valido, autorizzato, ha un prezzo adeguato al servizio offerto e non sembra dare alcun problema. Tutto bene se non fosse che per ottenerlo a momenti devo ricorrere ad un’intelligenza superiore, magari aliena. Ci sono voluti oltre 40 giorni per tentare di ottenere il prodotto, numerose telefonate, giri per uffici, appuntamenti telefonici non rispettati, fax, ricerche. Una immane logorante perdita di tempo. Persino chiamando l’apposito numero verde, gli operatori che rispondono non sanno offrire una soluzione alle mie semplici domande e, di conseguenza, indicarmi il servizio più adatto. Quando affermo “Persino chiamando l’apposito numero verde…” intendo dire che negli uffici competenti accadeva la medesima cosa per cui cercavo di rivolgermi, per un confronto, agli assistenti online.

Da un semplice ufficio venivo “spedito” in un ufficio dotato di “commerciale” nel quale la mia richiesta era ritenuta, a dir poco, di ridotto interesse. Invece di soddisfare la mia richiesta, gli agenti mi invitavano in men che si dica ad accomodarmi per sentire quali altre numerose offerte potevano in realtà fare al caso mio (ovviamente nessuna delle quali di mia necessità). Nessuno sembrava mostrare interesse per le mie reali esigenze, nessuno risultava debitamente informato e preparato in materia. C’era chi sosteneva che dovessi per forza aprire 5 caselle di Posta Elettronica Certificata (chissà poi per quali ragioni) e chi non sapeva se dovessi aprire una casella per “privati” o per le “imprese”, c’era poi chi sosteneva che il tipo di PEC da me scelto avrebbe comportato per forza un indirizzo lunghissimo dopo la chiocciola (@ – at) perchè la tale offerta restituiva come svantaggio un nome più scomodo. Insomma ho sentito le cose più strampalate, nessuna delle quali è poi risultata essere vera.

Il risultato è stato che per ottenere “solamente” quel che chiedevo, al prezzo corretto, ho dovuto imparare da solo tutta la procedura interna della tale azienda per aprire “autonomamente” una casella di Posta Elettronica Certificata, quali uffici centrali contattare, i relativi numeri di FAX, quali documentazioni fornirgli, come i responsabili degli uffici commerciali formulavano (o avrebbero dovuto formulare) la richiesta, quali step seguire fino all’ottenimento del prodotto. Insomma bypassare il blocco. In circa “2 giorni” ho ottenuto quello che in oltre “40 giorni” non sono riuscito ad ottenere dagli uffici competenti ed ho imparato numerose cose sulla burocrazia italiana che non avevo altrimenti modo nemmeno di ipotizzare.

Il bello è stato che la procedura l’ho eseguita in modo talmente corretto che nessuno mi ha chiesto come mai la stessi inviando io autonomamente; semplicemente mi è stato fornito il servizio richiesto. Semplicemente come doveva essere senza che perdessi un mese e mezzo nel demandare a terzi.

Siamo solo al primo passo della mia carrellata e già potete notare cosa, per circa un mese e mezzo degli ultimi due anni, sia stato immeritatamente al centro dell’attenzione in casa mia quando le priorità erano ben altre.

*Puoi leggere un’interessante lista di Pro e Contro su Wikipedia copiando e incollando il seguente link: https://it.wikipedia.org/wiki/Posta_elettronica_certificata

Adeguamento della Policy sui Cookie

Diventa obbligatoria su ogni sito web dal 2 Giugno 2015. Prima di questa data è inutile descrivere il fermento ed i timori maturati come la gramigna sul web. Nessuno sembra realmente capirne a fondo qualcosa. Si temono multe di migliaia d’Euro non perchè non ci si vuol mettere in regola ma perchè non si comprende come si fa. Tutti cercano di copiare gli altri o chi ritengono sia più affidabile, diversi ricorrono a professionisti legali i quali, spesso, ammetono di non aver ben chiaro nemmeno loro come si scriva una Cookie Policy perfettamente corretta. Molti si chiedono perchè non sia stato fornito un testo di esempio per ogni casistica, ogni tipologia di cookie (tecnici, di profilazione, di terze parti). Alla fine ognuno si butta, come ad un esame al quale ci si presenta titubanti, spuntando l’opzione “Come la va, la va… speriamo bene”.

La soluzione per me è stata l’andarmi a studiare le tipologie di Cookie riportate su autorevoli fonti legali, inserirle complete di descrizione sul sito nell’apposita sezione e informare i lettori circa quali tipologie usiamo e quali no. Non c’è molto altro da dire se non che, nell’ansia, sono state spese circa altre 2 settimane degli ultimi 2 anni (può sembrar poco ma parliamo comunque di mezzo mese e, fidatevi, quando siete abituati a farne tante dalla mattina alla sera, impegnarsi solo per un cavillo per 2 settimane è estenuante). Rimangono comunque numerose incertezze sul tema se non che essendo il più sinceri possibile con i lettori e informandoli adeguatamente su ogni minimo dettaglio e facendo in modo che il tutto sia facilmente visibile, probabilmente sarete del tutto a posto o correrete il rischio minore.

Pagamenti elettronici

Sono obbligatori? Non sono obbligatori? Per quale motivo (reale) obbligarli? Ed è giusto obbligarli? E’ tutto realmente come sembra? Dal 1 Gennaio 2014 il POS diventa obbligatorio per tutti o, meglio, questo è quello che sembra ad una prima occhiata leggendo quello che si trova “in giro”. La realtà (ma verificate voi stessi perchè potrei sbagliare) è che il nostro paese non ha obbligato direttamente nessuno. Leggendo bene la legge in presenza di legali preparati (trovate le fonti sui siti web ufficiali dei relativi Ministeri e sulla Gazzetta Ufficiale) si evince infatti che nessun commerciante o professionista può esser multato se trovato sprovvisto di un sistema di pagamento elettronico ma, se un cliente dovesse lamentarsi dell’assenza di questa modalità di pagamento, potrà denunciarvi alle autorità competenti che si occuperanno di multarvi secondo le disposizioni vigenti**. Arzigogolato ma ormai routine per noi italiani che, del resto, siamo tra le persone più intelligenti ed in gamba al mondo anche perchè allenati a confrontarci tutti i giorni con difficoltà multidimensionali di questo tipo.

Per affrontare la situazione nel migliore dei modi mi sono rivolto sia in banca sia ai miei amici semplicemente laureati in legge o esercitanti in quanto iscritti all’albo. Ne sono venute fuori di tutti i colori al punto da ispirare la scrittura di un articolo (che verrà presto inserito tra i link correlati in basso) completamente dedicato alle informazioni raccolte ed alle assurde vicende occorse in particolar modo in banca. Luogo dove la direttrice con cui ho parlato, vedendo il mio grado di comprensione, si è inacidita permettendosi addirittura di esternare un insulto diffamatorio con una stupefacente bassezza da tifoseria ubriaca in preda al testosterone. Sconcertante esternazione di cattivo gusto, perfettamente evitabile e da persona gravemente ignorante in materia, nonché da licenziamento in tronco per diffamazione verso un cliente. Con quale diritto infatti la direttrice avanza una grave offesa? La risposta, di carattere psicologico, è che costei si è alterata ed ha virato sull’acidità quando si è vista rifiutare, grazie alle valide alternative da me trovate, un preventivo di spesa di circa 5000 Euro (in 5-6 anni) qualora avessi accettato il suo specifico sistema di pagamento elettronico. Allo stesso tempo ha visto che conoscevo sia quanto realmente richiesto dalla legge sia i metodi di pagamento elettronici alternativi forniti a prezzi decisamente più vantaggiosi (facilmente collegabili ad un notebook, un tablet, uno smartphone) e si è sentita con le spalle al muro nel non poter “obbligare” la sua soluzione. E’ così andata su tutte le furie ed a stento si è controllata (anche se credo si sia pentita già un instante dopo l’esternazione).

Una curiosità. Poco prima, quando la conversazione era ancora cordiale, stavamo parlando del mio particolare prototipo di bici elettrica con cui mi ero recato in banca (si era accorta del mio inusuale casco) ed aveva già manifestato il suo dissenso verso il prodotto affermando che se tutti avessimo una bici simile chi acquisterebbe più la benzina? Al di là del fatto che la bici è una bici e l’automobile è un’automobile e non servono ulteriori spiegazioni sulle loro differenze ed utilità (e che quindi la Direttrice ignora che nella società di oggi si utilizza inutilmente il SUV anche per coprire 500 metri tra casa e la tabaccheria o l’ufficio postale o l’alimentari), ebbene, a parte questo, da cosa deriva tutto questo astio verso un mondo che inevitabilmente cambia? Il mondo attuale le ha mandato storto qualche piano? Pretende tutto rimanga congelato per sempre nel periodo storico che più le è garbato?

Per fortuna, ci tengo a precisarlo, trattasi di una Direttrice di passaggio, oltre che un caso raro, nella tale filiale e che con le sue colleghe precedenti c’è sempre stato un vivo rapporto di cordialità e apprezzamento reciproco per tantissimi anni ed, anzi, han sempre ammirato le mie tecnologie. Quindi questo paragrafo non vuole assolutamente influenzarvi a pensare che oggi le Direttrici (o i Direttori) siano così ma, più semplicemente, che mi è capitata una cosa tanto assurda quanto rara (per fortuna) per il semplice motivo di disporre di “un’alternativa”.

Anche per questa vicenda sono passati altri due mesi (e oltre) degli ultimi due anni. Le varie vicende sono state affrontate quasi tutte una alla volta, quindi i tempi si son cumulati e non accavallati. Questo per far capire quanto petulante possa esser stato dare inizio ad un normalissimo upgrade.

**Chiedete sempre conferma al vostro legale, quanto scritto qui non ha assolutamente alcun valore in relazione ai vostri doveri e diritti legali.

Continua…

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Scartoffie, incombenze, adeguamenti, obblighi, burocrazia e complicazioni

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Rubrica: Così è la vita

Titolo o argomento: Risolvere i problemi dell’Italia da soli

Questo articolo segue da:
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Negli ultimi due anni, per chi ha un’attività in Italia, si sono intensificati gli “aggiornamenti obbligatori diretti” cui adeguarsi, nonché una serie di “aggiornamenti indirettamente obbligatori” ai quali adeguarsi se si desidera rispettare i primi. La differenza tra le due tipologie di aggiornamenti che ho classificato risiede nel fatto che i primi sono realmente obbligatori per legge, i secondi no ma possono essere necessari per soddisfare i primi; quindi anche se non sono obbligatori lo saranno in qualche modo. Chiaro no? L’ho scritto proprio nel modo contorto con cui sono concepiti, così non vi estraniate sulle coordinate di un mondo fantastico dove quello che è obbligatorio è obbligatorio e quello che non lo è… non lo è. Ad ogni modo, in qualche modo, anche gli aggiornamenti non obbligatori comporteranno in realtà noie, spese (magari piccole ma continue e costanti, penetranti come le gocce d’acqua in capo delle torture cinesi) e, cosa più preziosa di tutte, una enorme, mastodontica, inevitabile perdita di tempo* con la conseguente impossibilità di cogliere importanti occasioni qualora siate costantemente indaffarati.
Certo diversi aggiornamenti sono preziosi per semplificarci l’esistenza, sono quindi realmente utili, tuttavia si vede che nascono da un paese che ha amato molto complicarsi la vita. Molte semplificazioni sono notevolmente articolate e richiedono di avere uno “scienziato” in casa per farle da soli o, altrimenti, si sarà costretti a pagare terzi persino per banalità come la comunicazione di una pura e semplice casella di Posta Elettronica Certificata al registro delle imprese (come vedremo più avanti).
Se a tutto questo poi sommiamo che, da un altro versante, sorgono (o persistono) una serie di problemi per i quali invece è lampante la mancanza di opportuni aggiornamenti che offrano “tutele”, ecco che all’improvviso la vita diventa tutto fuorché monotona.

*Certo, qualcuno può operare questi aggiornamenti per conto vostro ma le spese lievitano ulteriormente ed essendo tante e diversificate si cumulano come a riempire il deposito dello Zio Paperone e ad alleggerire le vostre opportunità. E’ inevitabile.

A cosa mi riferisco? Una rapida carrellata di alcuni tra i principali eventi che hanno condizionato inevitabilmente gli ultimi due anni della mia vita (ma immagino di essere in larga compagnia): Posta Elettronica Certificata, adeguamento dell’Informativa sui Cookie dei propri siti web, i pagamenti elettronici (POS – Point Of Sale), la Firma Digitale, la comunicazione della PEC al Registro delle Imprese, la richiesta di una semplice Visura, la Sicurezza Web della carta prepagata ricaricabile (carta di pagamento di debito, ricaricabile), il blocco di numerosi servizi non richiesti sul telefono cellulare, la Consegna della Targa di una moto d’epoca (ora non più d’epoca, la potremmo definire la moto di Benjamin Button), il rinnovo dell’iscrizione al Registro delle Opposizioni, l’Immatricolazione del mio prototipo di eBike (pena 5000 Euro di multa più il sequestro di un bene di ricerca tecnico e tecnologico di valore per me inestimabile, nonché la conseguente violazione del segreto industriale), l’Attestato di Prestazione Energetica per un immobile usato in vendita (in un contesto in cui risulta quasi del tutto inutile viste le numerose certificazioni fasulle che vengono vendute addirittura sul web e visti gli aggiornamenti legislativi che permettono di raggiungere classi elevate pur non inserendo tutta la dovuta tecnologia necessaria, ecc.), l’adeguamento o la sostituzione del computer per la sola e semplice dichiarazione dei redditi ed infine un po’ di opportunismo per il quale a stento si riesce ad avere la tutela necessaria in qualità di consumatori. Mi riferisco alla conclusione di una spiacevole vicenda occorsami a causa di un agente di una società elettrica che ha fatto una nostra firma falsa pur di concludere un contratto non richiesto, alle molestie da promozioni via telefono, al falso Diritto di Prelazione, da bloccare, avanzato da un’opportunista di una nota azienda di spedizioni, al’attivazione senza autorizzazione di servizi sul telefono cellulare…
Iniziamo? Vi va, siete curiosi? Bene, sotto allora… io dalla mia cercherò di essere breve, chiaro e piacevole. Quanto segue può esser letto anche con ordine sparso e potrebbe risultar utile per la risoluzione di qualche bega, Buona Lettura.

Continua…

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Stress da aggiornamenti e intoppi evolutivi

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